8 novembre 2011

teatro


 

456

scritto e diretto da Mattia Torre

con Carlo De Ruggeri, Massimo De Lorenzo, Cristina Pellegrino e Franco Ravera.

Per scrivere Boris bisogna essere geniali e allo stesso tempo “scemi” – nell’accezione migliore del termine – e cioè in grado di distillare, una dopo l’altra, “scemenze” che facciano ridere e aprano allo stesso tempo una voragine di profondità sulla realtà che si sta descrivendo. Mattia Torre – uno dei tre autori della serie tv Boris – dimostra con 456 di essere in grado di farlo anche a teatro.

Protagonista dello spettacolo è una famiglia meridionale – di un meridione non precisato che, con un dialetto inventato contenente termini presi da tutti i dialetti del sud, aspira a una dimensione che sia la più simbolica e trans-regionale possibile. Madre, padre e figlio vivono in un salotto in cui, da quattro anni, continua a bollire il sugo della nonna morta: il “sugo perpetuo” che, come tutto il resto – e come gli stessi personaggi – da parecchio tempo non ha nessuna evoluzione.

Il figlio vorrebbe andare a Roma per realizzare se stesso, ma non ha il coraggio di decidere davvero di farlo. Si limita a una speranza vaga e vana che, come quella delle tre sorelle di Cechov per Mosca, è allo stesso tempo straziante, perché non si concretizza mai, e consolatoria, perché viene continuamente reiterata. La madre, una bravissima Cristina Pellegrino, prova senza troppa convinzione a essere il tramite fra i due uomini della famiglia e vive nella speranza che le sia riportata la teglia prestata molto tempo prima. Il padre sembra essere l’unico ad avere un reale obiettivo e a essere seriamente intenzionato a realizzarlo.

Tutto lo spettacolo, infatti, ruota attorno alla visita di un uomo che dovrà aiutarlo a concludere un “certo affare”. Per questo viene preparato un pranzo con diciotto portate e viene allestita un’esilarante messa in scena atta a convincere l’ospite. Peccato che il “certo affare” consista nell’acquisto da parte della famiglia – con tutto il gruzzoletto risparmiato negli anni – di tre loculi nel nuovo cimitero del paese, i loculi numero quattro, cinque e sei. Così il figlio non ha i soldi per andare a Roma e sarà costretto a restare ancora in quella casa, lanciando noci contro un cucù rotto e facendo roteare l’insaccato legato con un filo al soffitto.

Una situazione stantia, priva di prospettive che non siano la morte e la “degna sepoltura”, che emerge nella sua pienezza solo nel tragico finale, ma che è stata preparata sapientemente durante tutto lo spettacolo dosando realismo e ironia. Una regia al servizio delle parole – vere protagoniste nell’affascinante linguaggio inventato – e degli attori, decisamente ottimi nell’essere sempre sopra le righe e allo stesso tempo sempre veri; un dramma così grottescamente reale che riderci, con la giusta amarezza, non può che essere salutare e liberatorio.

dal 12 Ottobre al 6 Novembre al Teatro Franco Parenti.

 

In scena

Al Teatro Grassi torna in scena, fino al 20 Novembre, lo storico Arlecchino con la regia di Giorgio Strehler.

Al Teatro Strehler fino al 27 novembre Itis Galileo di Marco Paolini.

Dall’8 novembre al Teatro Manzoni Stanno suonando la nostra canzone, di Neil Simon con Gianpiero Ingrassia e Simona Samarelli.

Continuano all’Elfo Puccini Racconto d’inverno, fino al 13 novembre, e The History Boys, fino al 20 novembre.

Al Teatro Libero dal 10 al 19 novembre La confessione, messa in scena del capitolo censurato da I demoni di Dostoevskij.

Fino al 13 novembre al Teatro Arsenale Un ora con Dante: in paradiso, a cura di Marina Spreafico.

Fino al 27 novembre al Teatro Litta Non si sa come di Luigi Pirandello, regia di Pasquale Marrazzo.

Dal 9 al 27 novembre al Teatro I Prima della pensione di Thomas Bernhard, regia di Renzo Martinelli.

 

 questa rubrica è a cura di Emanuele Aldrovandi

rubriche@arcipelagomilano.org

 

 



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