31 ottobre 2011

LA MOBILITÀ A MILANO: NON SI VOLTA A SINISTRA


Il recente dibattito sull'”ecopass / congestion charge” sembra aver ignorato completamente una alternativa tecnica più equa, accettabile e “civile”, ignorata a suo tempo anche dalla giunta Moratti, e per ben solidi motivi. C’era ragione di sperare che questi motivi fossero venuti meno, con la nuova giunta. L’alternativa è far rispettare le regole sulla sosta “all’americana”, invece di inasprire l'”ecopass”.

Vediamo i difetti dell'”ecopass”, che non sono pochi. Innanzitutto tutela da congestione e inquinamento soprattutto l’area centrale, e assai meno le aree periferiche. Cittadini di serie A e di serie B? In secondo luogo crea una barriera un po’ medioevale. E’ una “tassa di luogo”, mentre congestione e inquinamento colpiscono tutti; se la pratica si estendesse, avremmo una Lombardia a “pelle di leopardo”, mentre le congestionatissime strade extraurbane e autostrade ne sarebbero esenti, con un effetto complessivo assai discutibile sul piano dell’efficienza e dell’equità (e dell’assetto del territorio, nel medio periodo, ma qui non possiamo dilungarci).

Se poi diventa una “congestion charge”, vuol dire che per gli aspetti ambientali ci si affida giustamente alle tasse sui carburanti, come raccomanda la Commissione Europea. Benissimo, ma allora sorge un problema di equità ben noto a chi si occupa di queste cose: i congestionatori sono i primi danneggiati dalla congestione (è una “esternalità di club”, per il qual concetto è stato dato anche un premio Nobel), al contrario di quanto avviene per l’inquinamento, che danneggia tutti. E’ certo efficiente diminuire la congestione con una tassa, ma è ingiusto non restituirne i benefici a chi ha pagato (in Svezia han fatto così, in molti casi), migliorando le strade.

L’alternativa, abbiamo detto, è banale: invece di inasprire la “tassa per il centro”, è meglio far rispettare (e pagare) la sosta, senza deroghe e senza pietà. Molti sarebbero scoraggiati a usare la macchina, se non trovassero posto o lo dovessero pagare caro. Tutta la città ne beneficerebbe, non solo il centro. Sarebbe un messaggio di civiltà, cioè che le regole non valgono solo per i fessi. E’ anche tecnicamente semplice da realizzare, ma forse meno in Italia, dove il consenso si costruisce facendo le norme e non facendole rispettare. Non piace ai commercianti, né ai vigili (ne soffrirebbe la loro popolarità, e speriamo solo quella… .qualcuno si ricorda forse l’inizio del film “Serpico”?). Non piaceva ovviamente alla giunta Moratti (c’è stato un goffo tentativo senza seguito del vicesindaco De Corato). Non abbiamo una destra che ama la legalità.

All’interno di questa banale politica può anche trovare soluzione il problema, rilevantissimo, dello spazio occupato dai veicoli in sosta: perché una Smart deve pagare come un SUV di 5 metri? Lo strumento è poi facilmente modulabile con lo strumento del prezzo per la sosta a pagamento, ma anche con la disponibilità assoluta di spazi di parcheggio, che sono riducibili o aumentabili in funzione degli obiettivi e dei risultati raggiunti. L’accettabilità sociale sarebbe comunque più alta della “congestion charge”: siamo abituati a pagare per sostare (anche se forse non i 10 dollari alla mezz’ora come a Manhattan).

Ora, i 100 giorni della “luna di miele” della nuova giunta sono passati, e basta andare in giro (non in centro, certo) per verificare un’indisciplina perdurante della sosta (e del resto), con conseguenze micidiali anche per la fluidità del traffico. Lasciare la macchina in sosta vietata continua a convenire, come aveva molti anni fa dimostrato una ricerca dell’ACI: il “costo statistico” (valore della multa diviso il rischio percentuale di prenderla) è minore del prezzo di un caffè. Speriamo di non rivedere Milano citata dall’Economist come la capitale mondiale della sosta in doppia fila.

Non ritorno invece sulla penosa iniziativa delle domeniche senz’auto “a prescindere dall’inquinamento” (e dai costi sociali agli automobilisti, mai misurati). Che siano inutili per l’ambiente mi sembra provato dai numeri dell’ARPA (non quelli di un solo anno…); forse ci potrebbero essere diffidenze politiche, data la fonte. Ma se anche il professor Veronesi dice che i danni alla salute dell’inquinamento atmosferico sono ridicoli rispetto a quelli legati all’alimentazione o al fumo, forse c’è davvero da avere atteggiamenti meno illiberali e ideologici.

 

Marco Ponti



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