31 ottobre 2011

GIUNTA PISAPIA: GOVERNARE AI TEMPI DELLA CRISI


La sinistra è condannata a governare con la crisi, è il suo karma: la crisi rende manifeste le sue ragioni e sfida la sua capacità di governo.

1) In tempi ordinari, il ciclo economico macina sviluppo e profitti, alimentando un parallelo processo di redistribuzione diffuso. L’assetto sociale “appare” soddisfacente, e la sinistra non raccoglie sufficiente consenso. Quando irrompe la crisi, si apre la “finestra” del cambiamento politico: verso sinistra salgono crescenti aspettative insoddisfatte e la necessità dell’innovazione politica, culturale e sociale. Dal ’45 ad oggi, la strategia riformatrice si è fondata sulla spesa pubblica: il deficit spending amplia la “domanda aggregata”, ridà fiato all’economia e promuove la coesione sociale. Il patto socialdemocratico, in tutte le sue varianti, si fonda, si fondava, su questo paradigma, non importa se declinato come “restituzione del maltolto” o “gesto caritatevole”.

2) Quel Paradigma si è rotto: qui stanno la particolare gravità e la gravità particolare della crisi odierna che, iniziata nel 2008, transita ora dalla finanza privata ai bilanci pubblici, minandone la solidità e inibendo la strategia storicamente elaborata dalla sinistra. “Bambole non c’è una lira”, lo dice Tremonti, ma anche Tabacci e con lui Pisapia. La sinistra allora è sotto scacco? Resta paralizzata tra bisogni in cerca di rappresentanza e scarsità delle risorse?

3) Il prossimo mese, la Giunta Pisapia varerà la spending review: quali logiche, quali effetti e quale il nostro contributo? Certo, ci sarà lotta allo spreco e ottimizzazione della finanza: il bilancio comunale si rivolterà le tasche come fanno imprese e famiglie. Tutto giusto, ma la diligenza del buon padre di famiglia non basterà: si chiede una diversa visione dei bisogni, delle strategie e della società. Non è una soluzione, ma solo parte di essa, un atto dovuto.

4) Alla fine, la domanda vera è come sostenere con risorse scarse i molteplici bisogni che si affacciano all’uscio di Giuliano Pisapia? Quanti no dolorosi dovranno essere pronunciati ad anziani e poveri, a persone con disabilità e donne in difficoltà, alle associazioni e agli operatori economici? Con quali effetti sul consenso? Rimandare, ridurre, tagliare, sarebbe il riflesso condizionato di una visione ragionieristica e Pisapia non vorrà essere ricordato come l’esecutore testamentario del lascito morattiano. Ma come?

5) Questo è il punto. Per pensare a un nuovo paradigma dobbiamo riconoscere la crisi del vecchio e individuare le risorse del nuovo. E capire che la crisi non è solo vincolo, ma sfida, opportunità, stimolo a rivedere i punti di vista, cambiare angolazione, ridefinire prospettiva: in una parola fare innovazione. Se al taglio dei budget pubblici la sinistra risponderà solo come un severo amministratore, deluderà le attese che l’hanno portata a palazzo Marino. Si affaccia inquietante uno scenario in cui la differenza tra destra e sinistra al governo sarà solo il differente grado di onestà (speriamo) e di vicinanza emotiva alle vittime della macelleria sociale?

6) Occorre un Nuovo Paradigma. Se le politiche di lotta all’evasione e riequilibrio dei redditi potranno ricostituire a lungo termine le basi per l’equilibrio di bilancio, le risposte ai bisogni vanno date adesso: non si può attendere passivi mentre sale la domanda insoddisfatta. E vi è di più: la crisi odierna offre paradossalmente lo scenario “obbligato” in cui collocare una “desiderabile” revisione del paradigma interpretativo e d’azione della sinistra. Il Welfare State come gigantesca macchina burocratica di servizi era già in crisi alla fine degli anni ’80 e, se la risposta liberista era tanto radicale quanto errata, alcune ragioni erano fondate: il modello fordista applicato al benessere sociale mostrava le sue crepe, tra sprechi e difficoltà di centrare i suoi processi sulla persona.

7) Lo sviluppo tumultuoso del terzo settore ha sperimentato modelli, coniugando centralità della persona sulla domanda e un nuovo protagonismo sociale sull’offerta, intrecciando, molto meneghinamente, logica del Dono e imprenditorialità. La Sussidiarietà è stata variamente declinata: e se quella verticale, che finanzia e mercatizza l’offerta, è essa stessa in crisi fondata com’è sullo Stato Pantalone, nel tempo della crisi resta sul campo quella orizzontale: la Rete.

8.) A Milano il tessuto di associazioni, volontariato, disponibilità collettive e individuali, è estesissimo e pervasivo: un enorme giacimento di risorse per lo sviluppo delle politiche sociali. Usiamolo, fondiamo su di esso il Nuovo Paradigma dei Servizi. Stride il contrasto tra un’amministrazione priva di risorse e una città piena di beni sterminati, finanziari, culturali e sociali. Pensiamo alla cultura, dobbiamo davvero credere che questa città, che con i soldi propri ha fatto il Duomo, la città delle tante università, delle decine di Teatri e di enti Musicali, di gallerie e professioni creative, “chieda” i soldi al pubblico per fare cultura? E’ questa davvero l’attesa, o sono presenti anche altre aspettative, altre disponibilità, altre risorse?

9) Quale Visione della relazione pubblico – privato può sciogliere allora l’incantesimo dei bilanci blindati, mobilitando le risorse imponenti che la città genera ma che giacciono spesso passive, sconnesse, improduttive, nella loro “solitudine” autoreferenziale? Si pone il tema della valorizzazione del protagonismo sociale come risorsa chiave nel nuovo contesto della Crisi, per leggere e selezionare i bisogni, riorientare i servizi, aggregare le risorse materiali e immateriali delle Fondazioni, del Pubblico, del capitale umano diffuso

Quanti saperi ed energie, collettive e individuali, restano ai margini? Quanti spazi pubblici giacciono negletti? Quanti contributi vengono allocati senza strategie? Quante iniziative soggiacciono all’autoreferenzialità, sovrapponendosi l’una all’altra? Possiamo immaginare un quadro innovativo fondato sulla valorizzazione di una Participation Community, che ponga al centro del sistema non la macchina pubblica ma il suo intreccio dinamico con il protagonismo sociale? Un protagonismo che cerca strade per manifestarsi, senza chiedere necessariamente soldi ma piuttosto quadri di riferimento, attivazioni di reti, concorso di risorse preziose ancorché gratuite, in cui potersi valorizzare.

10) Il tema vero appare l’attivazione di circuiti relazionali, reti di risorse, condi-visione di prospettive, in cui non solo chiedere ma anche dare e soprattutto condividere, ri-costruendo luoghi centripeti d’identità a cui ancorare i flussi del cambiamento. Cambiare prospettiva, innovare il senso dell’azione pubblica, pensare a nuovi modelli di governance, trasformare le aspettative degli attori del territorio, economici, sociali, culturali, individuali e collettivi, mobilitare le energie del capitale umano cittadino.

11) Scola e Tettamanzi ci ricordano la gratuità del Dono come dimensione essenziale dell’identità culturale, come nuovo ma antico fondamento etico di un rinnovamento profondo delle logiche sociali. Si chiede alle imprese una visione più matura della relazione che le connette al territorio: la loro pratica produttiva non solo consuma beni comuni, ma li rielabora come valori distintivi nella produzione di “senso” e di identità dei luoghi. Si chiede alle persone, all’intelligenza collettiva diffusa, di rendere disponibili le risorse tempo, conoscenza e “amore”, declinando la “partecipazione” politica nella partecipazione alla produzione e diffusione dei beni comuni. Si chiede alle mille e una aggregazioni sociali che animano il tessuto associativo di allargare la visione, di fare rete, di condividere risorse, lasciando alle spalle gelosie e solipsismi.

12) Si chiede soprattutto alla pubblica amministrazione di reimmaginare il proprio ruolo, di oltrepassare le funzioni tradizionali di distributore di contributi e/o di erogatore in prima persona di servizi, su cui finora ha fondato materialmente la sua primazìa, per proiettarsi verso il profilo alto di regista di politiche costruite connettendo risorse, aprendo spazi fisici e d’azione al protagonismo sociale, indicando temi e creando opportunità di cooperazione.

È una riforma a costo zero, generosa e ambiziosa: un Nuovo Paradigma che potrebbe riconnettere, nella logica del Dono, della Partecipazione e della Responsabilità, i bisogni sociali con le enormi risorse della città.

 

Pier Vito Antoniazzi e Giuseppe Ucciero

 

 



Condividi

Iscriviti alla newsletter!

Per ricevere in anteprima sulla tua e-mail gli articoli di ArcipelagoMilano





Confermo di aver letto la Privacy Policy e acconsento al trattamento dei miei dati personali




Ultimi commenti