31 ottobre 2011

LA ROMA CRIMINALE CHE FA GOLA ALLA MALA


Criminale o no, la questione delle infiltrazioni malavitose nel tessuto sociale ed economico di Roma sembra davvero un “romanzo”. Da un lato le rassicurazioni del sindaco Alemanno e del sottosegretario agli Interni Mantovano, che non vogliono parlare di emergenza criminalità. Dall’altro gli omicidi irrisolti degli ultimi mesi e l’appello dello stesso primo cittadino al ministro Maroni: “Nella Capitale servono più poliziotti e carabinieri”. Nel mezzo, la realtà di 26 morti da gennaio a oggi, le sparatorie in strada, le migliaia di imprenditori strozzati dall’usura o dal racket. E soprattutto la consapevolezza che la criminalità a Roma non è più un fenomeno delle periferie ma ha invaso anche i quartieri centrali, quelli tradizionalmente più tranquilli. Uno su tutti, Prati: a meno di due mesi dall’uccisione in strada di Flavio Simmi, una giovane donna viene scippata in pieno giorno e finisce in coma.

La Roma criminale è un’invenzione letteraria, l’evocazione di un passato diventato storia. “Ma non si può negare – sottolinea Claudio Giardullo, segretario generale della Silp Cgil – che la città eterna è anche un mercato da spartire, una torta che può far gola a molti”. E infatti oggi il sindaco incontrerà il ministro Maroni, grande assente alla riunione del comitato provinciale del 31 agosto, nell’ennesimo vertice sul tema sicurezza.

Gli affari, a Roma, si fanno con la droga o con infiltrazioni nel tessuto imprenditoriale usando denaro illecito. “Due fenomeni separati – spiega il presidente dell’associazione antiracket e antiusura di Confesercenti, Lino Busà – che si muovono seguendo logiche ben distinte: gli episodi di violenza sono legati a regolamenti di conti tra spacciatori, mentre chi vuole riciclare soldi sporchi attraverso attività commerciali ha interesse a una città non militarizzata e dunque meno pericolosa”.

Le estorsioni? A Roma e in generale nel Lazio sono poco frequenti. “C’è bisogno di un controllo del territorio e di una capacità di intimidazione che i clan attivi nella Capitale non hanno”, aggiunge Busà. L’usura, invece, “viaggia alla grande, gestita da cravattari classici, da professionisti in giacca e cravatta, da ciò che rimane della banda della Magliana e da alcune famiglie di nomadi”. Un giro d’affari che in tutto in Lazio, tra capitali prestati e interessi restituiti, viaggia sui tre miliardi di euro.

Secondo Alemanno e Mantovano Roma non è nel mezzo di una guerra tra bande criminali. I 26 omicidi, cifra record con cui la Capitale supera città notoriamente più violente come Napoli e Palermo? Un dato in linea con quello degli anni precedenti. E la facilità con cui i giovani prendono in mano pistole e coltelli? Una degenerazione dei fenomeni di bullismo, da tenere sott’occhio ma non ascrivibile alla mala organizzata. La vera emergenza di Roma sarebbero le manifestazioni in programma per il prossimo autunno. Una visione paradossale perché, come sottolinea Giardullo, “minimizzare i fatti di cronaca non serve, anzi è pericoloso. La presenza mafiosa a Roma è in aumento, mentre i tagli del governo hanno ridotto sia il personale che gli strumenti di lavoro”.

Per ripulire la Capitale, insomma, bisogna rivedere le priorità. Cominciare a capire se dalle ceneri dell’ “operazione Colosseo”, che nel 1993 tagliò la testa alla banda della Magliana, sta rinascendo come una fenice un’altra holding criminale, e se le gambizzazioni e gli omicidi degli ultimi mesi sono sintomi di una nuova guerra tra bande per la spartizione del territorio. “In una parola – conclude Giardullo – si deve cambiare l’obiettivo strategico e unire alla lotta all’immigrazione clandestina e alla prostituzione quella alla criminalità”. Sminuire la recrudescenza degli episodi delittuosi rischia invece di tenere nascosta una realtà che proprio sul sommerso fonda le proprie basi. E che di “romanzesco” ha assai poco.

 

Federica Ionta

 

da Roma CAPITALE del 2 settembre 2011



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