25 ottobre 2011

IL PUNTO SUL CASO DELLE FIRME DI FORMIGONI


Due le recenti novità sul caso Formigoni, o meglio Firmigoni come continua a chiamarlo il consigliere comunale radicale Marco Cappato protagonista della vicenda: 1) la Corte Costituzionale ha deciso che la falsità delle firme che inquinano le operazioni elettorali può essere accertata solo dal giudice civile nonostante la sua notoria lentezza; 2) la Procura della Repubblica di Milano ha concluso le sue indagini e ha accertato la falsità di più di 600 delle circa 3.800 firme che erano state presentate per la presentazione della lista “per la Lombardia” (cui si aggiunge la falsità di ulteriori circa 300 firme apposte per la lista della circoscrizione provinciale milanese del PDL). Saranno dunque probabilmente rinviate a giudizio una quindicina di persone facenti capo al PDL, la più parte delle quali ricoprono ruoli istituzionali essendo consiglieri provinciali, sindaci e assessori comunali, per aver organizzato la truffa elettorale.

Possiamo dunque riassumere così, provando a semplificare, la intricata situazione giudiziaria: i radicali hanno denunciato la truffa a tutte le magistrature possibili: civile, penale e amministrativa. Alla magistratura amministrativa sono state prodotte delle perizie commissionate a una grafologa esperta iscritta nelle liste dei periti di fiducia del Tribunale (la dottoressa Laura Guizzardi) che ha accertato la falsità di più di 500 firme sulle 3.800 depositate (va ricordato che il numero minimo necessario per la presentazione delle liste è di 3.500 firme). Solo in appello – trascorsi ben 15 mesi dalle prime azioni giudiziarie – sono state riconosciute le loro ragioni ma affinché le elezioni possano essere invalidate o rettificate è necessario che il giudice civile disponga a propria volta una perizia.

La magistratura penale – dopo 15 mesi dalla prima denuncia ricevuta – ha raccolto le testimonianze di 618 cittadini elettori che hanno disconosciuto la sottoscrizione apposta a loro insaputa su moduli elettorali che non avevano mai visto. La magistratura civile interpellata fin da novembre dello scorso anno celebrerà la prima udienza il 24 novembre prossimo, trascorsi cioè 12 mesi dalla citazione. Il giudizio dovrebbe accertare per la terza volta la falsità – ormai conclamata – delle firme.

Un caso davvero ‘tutto italiano’ dove l’inverosimile lentezza degli apparati giudiziari unitamente all’assurdo e inefficiente riparto di competenze tra magistrature (incomprensibilmente confermato dalla Corte Costituzionale) rischia di impedire che in Italia sia materialmente assicurato il rispetto di valori fondanti della società, quali lo svolgimento democratico delle competizioni elettorali nel rispetto delle regole formali sostanziali.

Formigoni ha una strategia di difesa semplice e diabolica al tempo stesso: punta sull’inefficienza del sistema giustizia – sollevando cavilli ed eccezioni, proponendo appelli e chiedendo rinvii – in modo che la decisione definitiva giunga a babbo morto, quando cioè ormai il mandato elettorale sarà scaduto o, almeno, quando le primarie del PDL si saranno celebrate. La partita che si sta giocando non è tuttavia solo una ‘bagatella’ giudiziaria (come gli avvocati difensori della Lega l’hanno apostrofata) ma è una vera e propria battaglia civile e democratica.

La caparbia pretesa dei radicali che siano rispettate le regole elettorali – e la correlata pretesa che la loro violazione abbia le concrete conseguenze che la legge prevede, come l’annullamento delle elezioni – reca con sé una scommessa che l’Italia non può e non deve perdere: dimostrare all’elettorato che siamo un paese autenticamente democratico, capace di perseguire fino in fondo anche l’arroganza dei potenti, che l’impunità non è assicurata a nessuno, che tutti sono uguali davanti alla Legge e, infine, che chi chiede giustizia può davvero sperare di ottenerla.

La vera tragedia politico – istituzionale che l’Italia sta vivendo risiede proprio nel fatto che la nostra rappresentanza politica è invece assolutamente convinta del contrario e che, giorno dopo giorno, ha assuefatto il Paese a crederlo a propria volta, così inoculando il più velenoso dei sieri antidemocratici: la mancanza di fiducia e di rispetto per le istituzioni. La battaglia giudiziaria di Marco Cappato consente ai cittadini di continuare a credere nella nostra democrazia. La battaglia giudiziaria di Roberto Formigoni è volta invece a soffocare questa speranza. Niente male per un aspirante premier che tutti i giorni dichiara che occorre voltare pagina.

 

Simona Viola



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