25 ottobre 2011

GUARDARE AL PGT SENZA COLLATERALISMI


Diciamocela tutta: finché c’era la vecchia Amministrazione veniva facile sparare a zero sulle scelte della giunta Moratti e sulle cose (non) fatte. Io stesso ho scritto in modo anche molto critico sul PGT (benché abbia sempre sostenuto e continui a farlo che il peggior PGT sarebbe stato meglio dell’incertezza attuale). Ora che la nuova Amministrazione è in teoria sulla stessa lunghezza d’onda di ArcipelagoMilano, non si pensi che si sono indossati comodi paraocchi (e paraorecchie, visto l’irrigidirsi delle temperature e certe improvvide dichiarazioni) e si farà semplicemente da cassa di risonanza per la giunta Pisapia. Credo che basti leggere i numeri scorsi per rendersene conto.

In attesa di ragionare sui fatti (il restauro del PGT, se mi passate la metafora) ci permettiamo di esprimere un giudizio a “caldo” sul documento intitolato, con stile un po’ burocratico e sovietico, “Documento politico di indirizzo per il governo del territorio”. Si tratta di una relazione di quindici pagine divisa in sei punti, uno di introduzione e cinque di sostanza, datata 13 ottobre 2011. A una prima lettura del documento non emergono particolari questioni, né viene da gridare all’allarme temendo che Milano possa diventare rossa (dovrei dire arancione?) e che noi moriremo tutti comunisti. È anche vero che si tratta di un documento strategico, incentrato più sul “cosa” che sul “come”, come è giusto che sia.

Mi permetto però alcune considerazioni e intendo esplicitarle seguendo la traccia del documento stesso.

Nell’introduzione si richiama l’idea di “cittadinanza attiva”, rispolverando l’idea anche giusta, ma non molto originale – e non sempre riuscita- della partecipazione. Certo di urbanistica partecipata se ne parla fino dagli anni ’70. Magari è la volta buona…

Il primo punto tratta della nuova questione urbana, cioè di come governare il cambiamento che è già in atto (le trasformazione nelle città, come è noto, se ne fregano dei tempi e dei rituali della politica, ma ne riparleremo), individuando alcuni temi in agenda. Nello specifico si parla di ambiente, che si porta dietro la mobilità, di servizi e della città metropolitana. Si affronta poi il tema della crisi globale e di come questa si rifletta sulle dinamiche sociali cittadine, sulla crisi immobiliare (e qui si potrebbe discuterne) e si propone un tavolo con gli operatori (che sicuramente vi si siederanno, ma forse preferiscono notizie dai vari decreti sviluppo). Fin qui niente da dire. Però quando a pagina 3 si scrive che la “nuova Amministrazione milanese ha piena coscienza che una parte consistente delle ragioni della sua affermazione politico/elettorale si radica in una domanda diffusa di risarcimento sociale e spaziale.”, forse si corre il rischio di rivestire la vittoria elettorale di troppi significati. A mio parere Pisapia ha vinto perché i milanesi hanno votato prima di tutto contro la Moratti e contro Berlusconi. Quindi sarebbe più prudente investire il mandato ricevuto per fare buona amministrazione, senza cadere nel tranello di ideologizzare ogni cosa.

Nel secondo punto si spiegano i motivi della revoca del PGT. A prescindere dal merito sulla scelta (decisione più da azzeccagarbugli che da urbanisti, ma, presumo, legittima), sono alcuni dei motivi addotti che mi lasciano perplesso, almeno in parte. Riesaminare le osservazioni può andare bene, ma ricordiamoci che in teoria possono essere ammesse solo quelle che non stravolgano il piano. Corretto appare considerare i referendum cittadini e le istanze degli enti, ma valgono le considerazioni fatte sopra: per cambiare il PGT nella sostanza, bisogna rifarlo. E il tempo non c’è. Più risibile l’ultimo motivo: adeguarsi al Decreto Sviluppo. Ammiro la capacità predittiva di questa giunta che revoca il PGT prima della promulgazione del decreto stesso.

Ma vediamo nel merito quali sono le cose da cambiare. Rimettere mano al Piano dei Servizi: doveroso, perché è la parte peggiore di tutto il PGT. Rivedere gli standard nelle ATU (Ambiti di Trasformazione Urbana): nel PGT attuale si prevede già la cessione del 50% della superficie a standard. Chiedere di più potrebbe pregiudicare la fattibilità economica delle trasformazioni. Meglio puntare sulla qualità di servizi. Housing sociale (provincialissima anglofilia…chiamarla edilizia sociale, no?): è legata agli indici delle ATU, quindi bisogna stare attenti a modificarne il meccanismo. In un mio precedente articolo avevo suggerito come intervenire.

Giusto rivedere gli indici edificatori nel Parco Sud, pericoloso giocare, come già detto, con le ATU, che si vogliono in alcuni casi ridimensionare o ridurre. Sacrosanto ragionare sulla potenzialità edificatoria nella città consolidata, ma più che sugli indici, non così alti, lavorerei sulle modalità operative, che sono da mani nei capelli. Non pasticcerei con l’indifferenziazione funzionale (va già bene così e non c’è tempo rivedere tutto il piano).

Il terzo punto indaga il cambiamento continuo della città reale. Si dice che “l’innovazione e la crescita milanese sono state, dunque, una innovazione e una crescita senza governo“. Si sottintende che la crescita è avvenuta nonostante la mancanza di una politica e di una urbanistica. Io comincio a pensare e mi permetto provocatoriamente di sostenere che le città crescono meglio quando non sono frenate e avviluppate da politiche troppo presuntuose. Ma è un tema su cui mi riprometto di tornare in un futuro articolo. In questo capitolo noto alcune contraddizioni. Si afferma che “Milano, oggi, è una città che ha definitivamente compiuto la “transizione terziaria” maturata negli anni ottanta del secolo scorso“, salvo poi richiamarne più volte la natura produttiva (per es. a pag. 12). Si dice che bisogna riqualificare gli scali ferroviari dimenticandosi (!) che sono tutti compresi nelle ATU, che si vogliono ridimensionare o eliminare. Il capitolo meno riuscito, a mio modo di vedere.

Il quarto punto è quello della Milano del futuro, che si auspica ospitale e aperta al mondo. Al fine di perseguire questo obbiettivo si ritengono giustamente strategici alcuni elementi. L’Expo 2015, di cui si dice poco (per ovvi motivi), se non che – e questo è ragionevole – Expo e Parco Sud devono lavorare in sinergia. Sul tema della casa e dell’edilizia sociale si dicono cose di buon senso, ma ricordo che la maggior parte di quest’ultima deriva dall’attuazione delle ATU. Parlando di mobilità e di sosta si introduce il tema dell’inquinamento. Però non si parla di riscaldamento e di caldaie vecchie e inefficienti, sia nel pubblico che nell’edilizia privata. Troppo facile prendersela solo con le auto. Su reti e paesaggio non ho nulla da eccepire. Sulla Milano “produttiva” ho i miei dubbi e sul concetto di cittadinanza attiva mi sono già espresso.

Il quinto punto tratta della città metropolitana e del modo in cui si debba governare un territorio che va oltre i confini comunali. Il metodo è quello di una “governance multiscalare e multilivello” e qui mi inchino all’estensore del testo. Comunque al di là delle scelte lessicali si sostengono cose tutto sommato di buon senso e che potevano essere spiegate con più chiarezza. Traduco per chi come me non è avvezzo al “tecnocratese”. Si dice che per governare il territorio del milanese bisogna lavorare a vari livelli amministrativi, cercando di coordinare e di far cooperare soggetti diversi che vanno dal Comune all’Europa, dallo Stato ai Consigli di Zona. Molto ambizioso. E giusto. Però poco si scrive sul come realizzare questa magica concertazione.

D’altra parte questo è un documento politico e, come tale, va considerato. Voglio pensare che gli errori e le contraddizioni siano dettate da un eccesso di entusiasmo, anche comprensibile. Però la traduzione di queste buone intenzioni (perché di questo si tratta) in fatti e il passaggio dalla strategia all’azione urbanistica è ancora tutto da costruire.

 

Pietro Cafiero



Condividi

Iscriviti alla newsletter!

Per ricevere in anteprima sulla tua e-mail gli articoli di ArcipelagoMilano





Confermo di aver letto la Privacy Policy e acconsento al trattamento dei miei dati personali




Ultimi commenti