18 ottobre 2011

CONGRESSO PD A MILANO: SE NON ORA QUANDO?


Chi ha qualche “anta” sulle spalle, ricorda con un sorriso malinconico quando si gridava nelle piazze “Fuoco sul Quartier Generale”. Non capivamo bene cosa, e solo dopo avremmo saputo degli orrori che accompagnarono in Cina il grido maoista, ma ci bruciava dentro il sogno di lasciarci alle spalle una visione del socialismo burocratica, irreggimentata e gretta, riconsegnandola a una più autentica e libera emancipazione sociale. Oggi la diremmo partecipazione, ma aldilà dei nomi, il tema era il medesimo di oggi e anche in definitiva il bersaglio. Anche per questo, l’annuncio lanciato su Facebook da Stefano Boeri ci è sembrato vicino a certe antiche suggestioni e speranze, pur in condizioni e prospettive ben diverse.

Per il trionfatore delle elezioni di maggio, il PD a Milano non è all’altezza del momento, il suo tessuto organizzativo è debole e con le canne otturate verso la società civile, il suo gruppo dirigente è complessivamente inadeguato nel cogliere le istanze innovative, facendole vivere nella proposta e nell’azione del PD.

Per questo, e ammetterete che è un bel paradosso, Boeri chiede, invoca, il popolo democratico a non lasciare il Pd nelle sole mani dei dirigenti e dei suoi stessi iscritti e a iscriversi in massa: Fuoco sul Quartier Generale!!! C’è troppa distanza, dice Boeri, tra il sentire, le competenze, e la disponibilità diffusa, di simpatizzanti ed elettori, e la struttura organizzativa, la cultura politica, che oggi si dà il nome di Partito Democratico. Che il problema esista è del resto ampiamente ma riservatamente ammesso dagli stessi dirigenti, quando lamentano “intra moenia” la scarsa consistenza dei circoli e l’inefficacia della loro relazione con il territorio.

I lavori preparatori milanesi della Conferenza Organizzativa Nazionale, lanciata da un preoccupato Bersani, hanno ulteriormente confermato problemi irrisolti e gravi inadeguatezze. Certo vi è stata qualche proposta, qualche spunto coraggioso, ma che tutto si sia concluso a “coda di topo” è fin troppo ben testimoniato dal fallimento della partecipazione di dirigenti e iscritti all’Assemblea Provinciale di sabato scorso: su quasi 600 aventi a vario titolo diritto, ce n’erano allo Smeraldo sabato mattina a far tanto non più di 150 e nel momento più alto.

Perché? Questo ce lo chiediamo e ne chiediamo conto prima di tutto a un gruppo dirigente che l’ha gestito più preoccupato di non farne derivare effetti sulla propria legittimazione che per le sue effettive finalità: quando Ezio Casati, a fine Assemblea, dichiara, rivolto alle spalle dei delegati ormai sciamanti verso l’uscita, che si dà per “assunta” il documento del Segretario Cornelli, senza metterlo ai voti, si illude poveretto di regalargli una legittimazione in più, ma in realtà gli assesta una botta mortale, una dimostrazione inequivoca di quanto poco conti per questo gruppo dirigente l’effettiva manifestazione della volontà politica del’Assemblea.

Boeri incita a riprendere in mano, con urgenza e passione, i punti del programma elettorale, agitandoli per smuovere le acque troppo ferme dell’azione del Pd in giunta, e per mobilitare attorno a esse un rinnovato meccanismo partecipativo. Ha chiamato questo processo di elaborazione a 360° “Congresso”, e la cosa ovviamente ha scosso di brividi la già tremolante nomenclatura cittadina e provinciale, che, non sapendo bene che fare, prima ha dato la più classica delle risposte: “Vai a lavorare”. Poi riconsiderando i frenetici ritmi di lavoro dell’Assessore alla Cultura, ha incalzato con un “Non dividiamoci in pubblico”, infine ha controproposto di integrare la Conferenza Organizzativa con una Conferenza Programmatica, ma a febbraio.

Ora chiunque sappia l’abc della politica partitica, sa bene che Organizzazione e Programma assieme hanno un nome solo: Congresso. Ma il Congresso fa paura, perché obbliga a una indesiderabile conseguenza: ri-fondare i nuovi organi di direzione sulla proposta politica, rilegittimarli con una effettiva partecipazione dal basso, lasciandosi alle spalle organismi di nominati e una segreteria debole, perché ostaggio dell’accordo tra correnti. Si dice, in estremo tentativo di mediazione, che il Congresso potrebbe essere anche utile, ma in astratto, non ora, non in questa emergenza, non sotto i bagliori rossastri del tramonto berlusconiano, non sotto il fuoco nemico, perbacco.

Ma noi, al contrario, gridiamo “Se non ora, quando?” Quando se non sotto la spinta di una rigenerazione politica ed etica imposta dalla cronaca? Quando se non nel momento in cui ancora ardono energie e fuochi di partecipazione preziosi? Quando se non nel momento in cui siamo ancora in tempo a dare di barra al timone della Giunta Pisapia? Qualche voce del PD milanese, anche autorevole, si è alzata per sostenere almeno alcune delle ragioni e delle prospettive indicate da Boeri. Nei prossimi giorni, vedremo le mosse e le contromosse, e se si potrà trovare un punto di mediazione sufficientemente accettabile per tutti. Qualche dubbio l’abbiamo, ma stiamo a vedere, anche alla luce dei movimenti su scala nazionale.

Solo una considerazione finale: se, indipendentemente dalle conclusioni che ne traggono, Boeri e Cornelli condividono la crisi dei Circoli nel rapporto con la società milanese, su entrambi cade, sia pure nelle diverse prospettive, l’onere di proporre le soluzioni. Questo era a ben vedere il tema della Conferenza Organizzativa nazionale, e questo oggi resta un quesito politico del tutto inevaso.

Se progetto e organizzazione, come ha ben sintetizzato l’ottimo Gabriele Rabaiotti sabato nel suo efficacissimo intervento di 1 minuto, si tengono stretti, quali sono i luoghi e i processi lungo e secondo i quali il popolo democratico può riprendere in mano i destini del Partito Democratico? Come affianchiamo i Circoli ad ambiti di raccolta e sviluppo delle energie della società civile?

Se i Circoli non le attraggono, dove e come le possiamo accogliere e valorizzare? O ancora meglio e di più, se la forma partito non è più adeguata a esprimere in toto la politica, quali altre forme non partitiche, ma pur sempre politiche, possono integrarne efficacemente strategie e visione?

Mentre il PD, “elabora la vittoria” con la medesima difficoltà con cui un pitone digerisce un antilope con le corna aguzze, e mentre Boeri incita chiede il Congresso, il buon Limonta, zitto zitto, procede nel suo lavoro di costruzione di un nuovo soggetto politico fondato sui Comitati Pisapia. Vuoi vedere che alla fine, sarà lui a spiegare con i fatti quello che il PD avrebbe dovuto fare ma che non sa, non vuole o non può fare?

 

Giuseppe Ucciero

 

 



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