11 ottobre 2011

IL QUARTO STATO E LE NUOVE LETTURE


Non voglio entrare nella polemica suscitata sul Quarto Stato di Pelizza da Volpedo per la sua attuale collocazione né in quello delle varie interpretazioni ispirate da una opera nel contesto culturale di oggi né sulle sue possibili diverse collocazioni che sembra possano accendere nuovi significati. Andiamo con ordine: un’opera da sola nel contesto di un museo in cui è stata collocata rappresenta un dettaglio non trascurabile. Vorrei dire che può equivalere a un braccio, una gamba, un occhio di una figura umana, importantissimi organi per i ruoli che svolgono e che assumono nella complessità del funzionamento del corpo umano. Il corpo per vivere ha bisogno di esprimere pensieri di agire comunicando con tutte le sue risorse utilizzando ogni goccia del suo sangue.

Ho sempre pensato che il museo fosse assimilabile a un corpo umano che vive nel suo tempo e agisce utilizzando le sue risorse secondo un progetto che appartiene al contesto con le sue logiche, alla cultura che ha scelto di attivare. Le strategie espositive servono ad aiutare l’utenza, a orientarsi, offrendo un filo d’Arianna, un profilo, giusto o sbagliato che sia, capace di comunicare attraverso le immagini i contenuti che esse esprimono. Se in qualche modo accettiamo la metafora proposta, a nessuno verrebbe in mente di spostare un occhio o una gamba nella figura che ha di fronte. Può cambiare il vestito, se crede, ma ciò che appartiene alla struttura di un museo appena costruito mi pare da escludere. Forse è più immediato pensare quanto possa essere nefasta la sostituzione di una parola in una poesia cui nessuno oserebbe porre mano. La difesa dell’unitarietà e intoccabilità di un progetto prescinde dal mio giudizio critico sulla validità del progetto. La difesa sottintende un principio che rafforza la responsabilità totale di chi fa un progetto museologico e di chi fa un progetto museografico. Il rispetto è dovuto senza deroghe a entrambi.

Un secondo elemento cui vorrei porre l’attenzione è l’imperfezione. Come ogni figura umana presenta imperfezioni che la smania di bellezza non vuole riconoscere ma correggere secondo i canoni e gli strumenti del proprio tempo; anche nei musei pretendiamo la perfezione. La perfezione non può e non deve esistere perché i tempi della giovinezza, dell’età matura e della vecchiaia attuano da soli quei mutamenti dovuti al variare della struttura generale di un ordinamento che nel tempo si modifica per le infinite ragioni che lo rendono vivo o lo fanno morire. La conoscenza dei contenuti di un museo, il valore transeunte della critica mettono in seria difficoltà gli utenti del museo che vorrebbero affrontare solo le certezze mentre noi vorremmo accettassero il dubbio e l’imperfezione. Nessuno vuole invecchiare, nessuno vorrebbe accettare le rughe del proprio volto o i dolori della propria spina dorsale, fingendo di non sapere che la verità sta sotto gli occhi di ciascuno imperfetta e meravigliosa.

Per concludere penso che il Quarto Stato non debba essere rimosso dalla sua collocazione attuale perché fa parte di un dettaglio di questo nuovo museo che ha scelto La Fiumana per introdurre i suoi contenuti. A nessuno verrebbe in mente di spostare da Ca Rezzonico il Mondo Novo di Giovanbattista Tiepolo che alla fine del settecento aveva dipinto di schiena una moltitudine di popolo rivolto verso il mondo nuovo che non conosceva. Apriamo le braccia alle fiumane di oggi che esprimono disagi ansie e speranze e il cui numero dei partecipanti al raduno di Madrid appartiene al nostro tempo e alle nostre responsabilità. Spostiamo gli occhi verso ciò che contiene l’ansia di capire e di trovare il senso e il valore della coesione camminando tra ostilità e differenze.

 

Antonio Piva



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