4 ottobre 2011

WIFI A MILANO: SCOPRIRSI IGNORANTI


I “Pirati”, forse uno dei gruppi più interessanti tra i numerosi movimenti politici che si sono affacciati alla ribalta negli ultimi anni, hanno vinto l’8.9% dei voti nelle elezioni di Berlino, che, ricordiamolo, è una città stato con un suo parlamento e, con Amburgo e Brema, fa parte dei sedici Länder della Repubblica Federale. Così li descrive il New York Times durante la cerimonia di insediamento. “Con i portatili aperti come scudi contro il cameramen invadente, i giovani uomini sembravano più i Bambini Sperduti della favola di Peter Pan che non i bucanieri di Capitan Uncino, quando lunedì sono stati presentati come i nuovi legislatori di Berlino: sono i rappresentanti del Partito dei Pirati..”. Ma aggiunge subito dopo il cronista, citando un docente di Scienza politica di Essen, non sono affatto da prendere sottogamba: sono un partito serio. E certamente non sono l’ultimo dei movimenti che si organizzeranno attorno ai temi delle Rete.

Da tempo gli studiosi di Società dell’Informazione (o della Conoscenza che dir si voglia) hanno cominciato a ragionare sulle nuove forme di organizzazione sociale che si sviluppano attorno alle tecnologie dell’informazione e della comunicazione. Diciamo subito che il campo è minato: non solo perché parliamo di una tecnologia in piena e rapida evoluzione, ma anche perché è la prima tecnologia che investe in modo totale non solo il lavoro degli intellettuali, ma anche il lavoro intellettuale in sé. Questo fa sì che tutta il grande potere feticistico degli intellettuali (in tutte le sue forme) si scarichi sulla simbologia della rete; così che ogni ragionamento deve muoversi con fatica nelle sabbie mobili di quella che gli anglosassoni chiamano hype (per iperbole).

Iperbole positiva largamente foraggiata dai produttori della tecnologia, o negativa sopratutto da parte di un establishment culturale, soprattutto tra i (cattivi) letterati che nel nostro paese sono fortemente antitecnologici. Basti pensare alle sciocchezze dette a proposito del cosiddetto “telefonino” nei primi tempi della diffusione quando un vescovo di non so più quale città lo chiamò uno strumento del diavolo, mentre oggi, oltre a essere diventato una quasi protesi della persona, soprattutto se importante, è entrato prepotentemente nei rapporti familiari. Non appena nella carlinga di un qualsiasi volo di linea interno si apre la possibilità di collegarsi la frase più frequente che si ascolta è “Ciao mamma, siamo appena atterrati…”. Quando non è visibilmente la mamma che chiama Felice o Giannina o il genitore. Di una cosa però nel nostro paese, dobbiamo convincerci, il cellulare è diventato uno strumento irrinunciabile di connettività con il proprio mondo e con il mondo in generale, ma il livello di sofisticazione di questa connettività è molto basso rispetto a quello di altro paesi.

Grazie all’allora ministro Gasparri il digitale terrestre che serviva gli interessi dell’impresa Berlusconi ha sottratto le risorse necessarie per la diffusione della banda larga, basta spostarsi di qualche chilometro al di fuori delle grandi dorsali per toccare con mano le carenze del sistema. Ma aggiungo un aneddoto significativo. Per anni nelle mie presentazioni c’è una slide che ho sempre ritenuto particolarmente significativa: mostro prima il logo di Amazon.com, la quintessenza del mondo virtuale e poi faccio entrare la foto di un camion marrone UPS, per illustrare la circostanza che senza un sistema di consegne efficiente, il sistema online non può funzionare. E infatti. Solo l’anno sorso in una delle mie ultime lezioni a un gruppo di studenti della specialistica, mi è venuto un sospetto: “Chi di voi usa Amazon.com”? Per i miei studenti americani, sarebbe stata domanda oziosa. Il 100% era assicurato. In Italia la risposta è stata “zero”. Forse oggi con Amazon.it le cose cambieranno, confermando quel che volevo dire a lezione, ma per me fu una sorpresa. Incuriosito ho ripetuto la domanda a un pubblico colto a Valencia. Risultato più o meno lo stesso, la risposta è stata zero. Non voglio generalizzare, ma Amazon.com è un pezzo importante della vita online.

Le hype dell’informatica sono molte: si è a lungo parlato di eGovernment ed eGovernance, di portali di WIFI alla cittadinanza: secondo me il livello di interattività, che oggi è ciò che conta, è rimasto molto basso. I portali delle amministrazioni locali sono spesso dei portoni su masse di informazioni non sempre tra le più utili, molto spesso difficili da esplorare, quasi mai dirette a veri sistemi interattivi. In questo quadro si inserisce la diffusione del WIFI, che oggi è diventato uno strumento essenziale per le nuove generazioni informatizzate che, come fanno “I pirati” richiedono WIFI gratis come domanda politica di base praticamente irrinunciabile.

Le valutazioni sulla effettiva utilità e positività di un accesso generalizzato sono molto divergenti, non vorrei ricitare il trito “apocalittici e integrati”, ma siamo più o meno qui tra chi vede la diffusione della connettività in Rete come il primo passo verso un nuovo totalitarismo e che invece identifica la Rete con rivoluzione e libertà E’ un dibattito che supera gli angusti limiti di un breve intervento, noto soltanto che gli utilizzatori stanno in genere quasi tutti nel secondo gruppo. La domanda importante però è a cosa serve e a chi serve il WIFI. Nella mitologia accademica milanese è registrato un incontro tra il responsabile scientifico della precedente giunta e i rettori delle università milanesi durante il quale venne comunicato ai rettori che la rete era pronta, ma che non era chiaro cosa avrebbe dovuto convogliare e il Comune pensava di distribuire intanto il catalogo della famosa Grande biblioteca. Non aggiungo commenti.

Oggi gli hotspots si stanno diffondendo, ma da quel che si può capire dal sito del Comune si parte dalla zona centro. Posso capire le ragioni tecnologiche e anche di city marketing che portano a favorire il centro, ma credo che una scelta di questo genere non corrisponderebbe all’idea di ridisegnare la città che sembrava essere una linea portante di questa giunta. L’accessibilità in rete è un forte mezzo di integrazione e dovrebbe essere offerta innanzitutto alle aree in cui i giovani sono meno integrati: non solo le periferie comunali, ma soprattutto le aree dell’hinterland periurbano dove risiedono molti giovani che non riescono ad abitare in città. Sarebbe un bel progresso verso una eGovernance veramente metropolitana e risponderebbe al criterio progressista adottato a suo tempo da Bilanci Sociali di Area di dare di più alle aree che hanno meno.

 

Guido Martinotti



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