27 settembre 2011

MILANO. CONSUMO DI SUOLO: ECCO I NUMERI


Non si può che concordare con quanto si afferma tra l’altro al punto 1.6 del Documento di Piano dell’emanando Piano di Governo del Territorio, PGT: “Milano è una città, pertanto, che non si può permettere di consumare ancora suolo….” e di seguito: “Il suolo è una risorsa limitata e per questo preziosissima”. Ogni giorno ci si imbatte in articoli di giornali, trasmissioni televisive, manifestazioni di cittadini, che avvertono della necessità di preservare il suolo, bene non riproducibile, mentre viceversa prosegue il suo consumo dall’abbattimento delle foreste tropicali all’incessante dilatarsi delle metropoli e si ha l’impressione che le amministrazioni pubbliche sfuggano al tema e alle implicazioni di questo problema vitale.

Pochi dati spiegano la dimensione di questo fenomeno: in Italia si consumano all’anno 500 Km2 di suolo e in Lombardia 13 ettari al giorno che ne fanno la Regione più antropizzata. Negli ultimi dieci anni Milano ha fatto la sua parte aggredendo numerose aree a prato, nude, vergini, procedendo e giustificando la concessione dei permessi di costruire con varie argomentazioni: il vincolo a standard decaduto, compresi i campi gioco degli oratori, lo scopo sociale con il piano casa comunale sulle aree a servizi per 1.673.000 mq, le innumerevoli varianti su aree a verde pubblico e verde agricolo che non vengono più calcolate ex suolo libero. Alcuni esempi specifici: un milione di mq delle aree Expo, un milione di mq le aree di Cascina Merlata, un milione di mq dei PII Bisceglie, centomila mq per il PL di Cascina Gobba, 250.000 mq all’Isola, Garibaldi/Repubblica più la sede della Regione sul vivaio di Gioia, 35.000 mq le aree del Tiro a Segno per il Consolato Americano.

Tutto legittimo, tutto approvato secondo le regole, un insieme di interventi che hanno consumato suolo libero per circa 10 milioni di mq convertendo aree inedificate che sono o verranno coperte da nuove costruzioni con conseguenze sull’impermeabilizzazione del suolo stante peraltro un indice esiguo del rapporto di copertura. Una cifra importante sui 182 ml di mq della città e che è molto di più del totale delle aree che hanno riguardato la trasformazione delle aree industriali dismesse, circa 7,5 milioni di mq. E nel nuovo PGT sono state messe a disposizione altre aree libere per nuove realizzazioni come ad esempio: 750.000 mq della Piazza d’Armi, un milione di mq a Porto di Mare, 300.000 mq al Forlanini, 250.000 mq a Monluè, 300.000 a Cascina Basmetto/Chiesa Rossa, 130.000 mq per l’area del Trotto.

I proclami contro la distruzione della natura devono trovare concrete risposte. Ovvio che nessuno si sogna di impedire che venga completato un dente mancante o ricomposta una linea sfrangiata. E’ necessario però rifare i conti perché non è chiaro come con queste previsioni di espansione possa aumentare il rapporto mq di verde per abitante come asserisce il PGT con la strana idea che i nuovi piani di intervento su aree libere restituiscono standard vero mentre prima il verde previsto era cartaceo. In verità il risultato è quello di ritrovarsi con meno suolo libero e più verde condominiale.

Una intrapresa coraggiosa potrebbe indurre a spostare il Consolato in qualche Caserma e a salvare le aree del Tiro a Segno, aree peraltro decentrate e raggiungibili per lo più in macchina, oppure almeno a classificare le aree del Trotto come quelle dell’Ippodromo. Occorre uscire dalla contraddizione del sistema che da una parte reclama la necessità di frenare il consumo di suolo e dall’altra esorta la disponibilità di nuove aree edificabili per lo sviluppo; in quest’ultimo caso spesso si tratta di aree abbandonate di nessun valore che si trasformano in oro.

I costruttori si lamentano da sempre, è noto, ma l’amministrazione deve essere garante dei bisogni collettivi e se ne è rimasto libero uno un paletto va messo per frenare il consumo di suolo. E’ sconcertante che non cresca più il verde neppure sui campi di calcio e si debba ricorrere al sintetico. Milano è una città piccola come territorio e quasi interamente costruita a fronte di un abnorme consumo di suolo, impoverimento di risorse, pressione ambientale ai limiti. Il territorio è divenuto il luogo di creazione della catena del valore ma per la sostenibilità sociale il sistema delle regole, pur nella flessibilità, deve mostrare la consapevolezza che la terra è all’origine di ogni risorsa naturale e umana ai fini della riproduzione della vita.

 

Emilio Vimercati

 



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