27 settembre 2011

ANGELO SCOLA CL E LA SFIDA MILANESE


L’arrivo del Card. Angelo Scola a Milano suscita qualche ansia nel cosiddetto “popolo di sinistra”, quello che ha votato massicciamente per Pisapia. Meno, mi pare, nei gruppi dirigenti della sinistra. La ragione della diffidenza risiede nel legame molto stretto che Angelo Scola ha costruito fin dagli anni dell’Università Cattolica prima con Gioventù Studentesca – il movimento promosso da don Luigi Giussani dagli anni ’50 nelle scuole milanesi – e poi con Comunione e Liberazione, nata nel 1969 sulle ceneri della vecchia Gioventù Studentesca, che era passata almeno per i due terzi ai movimenti del ’68 – cui fornì quadri intellettuali – sotto la guida di un prete di GS, don Vanni Padovani. Altrettante e ancor più preoccupanti liasons dangereuses coltiva il Nostro con Joseph Ratzinger, alias Benedetto XVI. Pare insomma incominciare a realizzarsi quella previsione, che a Milano vede Angelo Scola studiare da Papa e Roberto Formigoni da presidente del Consiglio.

La Milano laica nelle mani di un movimento integrista e settario, politicamente legato a Berlusconi? Donde le diffidenze, per usare un eufemismo. Ma proprio uno sguardo laico, che la sinistra rivendica quale proprio carattere distintivo, richiede un vaglio non pigro e pregiudiziale delle storie intellettuali delle persone. Angelo Scola ha fatto parte del “cerchio magico” – si direbbe oggi – di Don Giussani nei primi anni ’70, insieme a Rocco Buttiglione, a Sante Bagnoli – fondatore con altri della Jaca Book – a Robi Ronza e altri…. Si trattava di un gruppo di intellettuali, che attraverso l’Istituto di Studi per la Transizione (ISTRA) – diretto da Angelo Scola – si sforzava di elaborare una sorta di “terza via” tra il movimento del ’68, ormai frammentato in gruppi extraparlamentari, tra cui anche le sigle del nascente partito armato, e il pensiero liberal-borghese e democristiano.

La transizione era, obbiettivamente, una categoria più vicino alla sinistra. In quegli anni la Jaca Book pubblicava testi rivoluzionari, comprese le opere dell’indimenticato Grande Leader Kim Il Sung, fondatore del feroce comunismo coreano. Questo gruppo di intellettuali sarà spazzato via da don Giussani stesso, che temeva la costituzione di un gruppo dirigente di “avanguardie illuminate” e una deriva politico-rivoluzionaria del suo movimento carismatico. Nel 1975 sarà fondato Movimento Popolare, che otterrà immediatamente cinque eletti al Comune di Milano e che diventerà quasi subito una corrente filo-andreottiana nella DC. Come spesso accade nella storia delle organizzazioni carismatiche, il Capo ogni tanto rovescia il tavolo per preservare la purezza del movimento. Vennero pertanto avanti nuovi uomini, quelli che adesso dirigono CL, la Compagnia delle Opere e la rappresentanza politica nel PDL.

A quel punto Angelo Scola, traumaticamente ripudiato dal “padre”, avviò un sofferente e solitario percorso personale all’interno delle istituzioni ecclesiastiche fino all’ultimo traguardo della Diocesi di Milano. Alle tappe di questo lungo itinerario appartiene anche la partecipazione nel 1972 alla fondazione della Rivista Communio, di cui cervelli teologici erano Henri de Lubac, Hans Urs von Balthasar, Joseph Ratzinger e altri. Dopo il Concilio Vaticano II la riflessione teologica si era divisa secondo linee non semplicisticamente riconducibili a “conservatori” e “progressisti” quanto piuttosto a “radicali” – la rivista Concilium, in cui campeggiavano Hans Kueng e vari teologi della liberazione – e “moderati”. Tra i quali però si contavano De Lubac e Daniélou, leader intellettuali certamente non moderati della Nouvelle teologie, e lo stesso Ratzinger, consulente di quel Cardinale Frings, che aveva guidato l’ala più innovatrice del Concilio Vaticano II.

In questi anni Angelo Scola ha scritto, elaborato, parlato molto. La Rivista semestrale Oasis fondata dal cardinale ne riporta tutta l’elaborazione pubblica più recente. Basterà sfogliare gli ultimi due numeri – quello del luglio 2011 è dedicato al Medio-Oriente – per rendersi conto della ricca elaborazione intellettuale sui temi decisivi del pluralismo, dell’immigrazione, della “vita buona”, dell’educazione, del ruolo pubblico delle religioni. E’ con questa elaborazione impegnativa che la Milano laica e di sinistra dovrà fare i conti oltre i facili slogan e i pregiudizi. Anche CL, movimento religioso ed ecclesiale, che nell’ultima campagna elettorale ha assunto, per esempio, posizioni contrarie all’istituzione di luoghi di preghiera ufficiali per i mussulmani, quasi che il diritto di pregare non fosse, appunto, un diritto umano fondamentale.

La presenza di Angelo Scola a Milano è una sfida alta per tutti. Quanto ai suoi rapporti con Ratzinger, si tratta solo di porre attenzione alle posizioni sostenute da Benedetto XVI, non tanto in campo strettamente teologico, quanto in quello della filosofia pubblica, che per esempio nel corso del recente viaggio in Germania ha riproposto discorsi già elaborati ancora da cardinale sulle patologie della ragione e su quelle della religione, sui fondamenti religiosi del pensiero laico in Europa, su Gerusalemme, Atene e Roma quali capitali intellettuali e radici dell’Europa. Benedetto XVI ha chiesto alla Chiesa di staccarsi “da interessi materiali e politici” per essere più libera di servire l’umanità. Persino il capo della CEI, Cardinale Bagnasco, ne ha dovuto prendere atto.

Non credo che Ratzinger sia un cattivo maestro di Scola, arcivescovo di Milano. Tutto facile, dunque? Non credo neppure a questo. Ma se la posta in gioco è, qui a Milano come in Italia, quella del rinnovamento della società civile, frammentata in corporazioni e interessi privati, che la politica attuale rispecchia perfettamente, se l’etica pubblica non consiste nell’indignarsi contro altri e battere il mea culpa sul petto altrui, ma definire un Bene comune e assumersi responsabilità personali… se questo è il campo di battaglia, allora è certo che Ratzinger e Scola non sono avversari, sono una risorsa spirituale e intellettuale preziosa per la società civile e per la politica milanese e italiana. Nella concezione pluralistica della società essi rappresentano una voce al pari di ogni altra. E’ di qui che parte l’elaborazione del Bene comune.

 

Giovanni Cominelli

 



Condividi

Iscriviti alla newsletter!

Per ricevere in anteprima sulla tua e-mail gli articoli di ArcipelagoMilano





Confermo di aver letto la Privacy Policy e acconsento al trattamento dei miei dati personali




Ultimi commenti