20 settembre 2011

“QUESTA MIA GENERAZIONE”


Vi racconto un fatto successo recentemente a Milano. Citando a sproposito Basilea 3 e Solvency in una banca molto amata dal centrosinistra mi sono sentito rispondere che rinnovare una fideiussione ad una S.r.l. i cui soci hanno dai 50 ai 60 anni è molto “pericoloso” perché troppo vecchi. I lavoratori dipendenti a quest’età sono generalmente considerati degli esuberi. Anche nel PD, lo spazio è solo per i giovani e per i cinquantenni, a parte le solite deroghe, che peraltro valgono anche per amministratori, manager e politici l’unico ruolo possibile è servire salsicce alle feste di partito.

Sembra quasi che le grandi istituzioni che governano la società non abbiano percepito i cambiamenti sociali, le dinamiche si sono trasformate ma si ragiona ancora come se la vita media “attiva” fosse di 60 anni. Solo negli anni sessanta in Italia la speranza di vita era di 65,5 anni e in effetti 55 anni erano l’anticamera della cassa da morto. Una soluzione possibile per queste persone, che magari lavorano da 35 anni potrebbe essere la pensione, ma ora si parla di portarla a 65 anni e per alcune categorie a 68. Ma è anche possibile che a causa di crisi economica, poca crescita, precarizzazione di chi dovrebbe pagare i contributi, è abbastanza plausibile che in quiescenza si vada a 70 anni.

Ma allora si pone il discorso su questa generazione, considerata obsoleta ma non abbastanza vecchia da “godersi la pensione”, che si era impegnata in politica negli anni settanta, verso la fine dell’esperienza del ’68, in uno dei momenti più difficili nel paese con, da una parte, l’inizio della fine del modello fordista in fabbrica e nella società, dall’altra l’esplosione del terrorismo. Si è misurata nelle sfide del mondo del lavoro, in particolare negli anni ottanta con lo sviluppo della finanza, con il boom della Borsa dell’ ’85 e con la rivoluzione informatica, con l’apparire di nuove dinamiche nel mondo del lavoro, cioè il lavoro per obiettivi e la performance.

Si è cimentata in un mondo del lavoro ingessato, dove le novità erano diventate necessarie, non solo per cambiarne l’impostazione, ma anche la stessa qualità della vita, ha sviluppato notevoli aperture mentali e grande capacità di adattamento alle numerose novità che stavano avanzando. Pensiamo a rivoluzioni lavorative, come l’imprenditoria diffusa, e sociali come l’organizzazione familiare e il tempo libero. Per non parlare della difficile gestione del “sistema famiglia” caratterizzato dall’allungamento della vita dei genitori, spesso non autosufficienti e dal mancato sbocco nel mondo del lavoro dei figli.

Milano è il paradigma di tutto questo. La politica però continua a dimenticarsi di noi, nonostante necessiti di competenze in grado di capire la società e a sottovalutare il malessere di mezza età, uso questa espressione perché si parla sempre di disagio giovanile, anziani non autosufficienti e mai di noi. E’ importante essere in grado di rappresentare questa prossima “bomba”sociale, e non è detto che debba essere per forza il PD, inteso come forza più rappresentativa del centrosinistra. Non credo abbia la struttura e la capacità di capire questa complessità, infatti deve la sua forza e il suo peso attuale solo alla mancanza di offerta politica alternativa credibile.

 

Massimo Cingolani




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