13 settembre 2011

PIANIFICAZIONE CORROTTA: STORIA


La corruzione degli amministratori e dei fun-zionari pubblici c’è sempre stata, qui in Europa, e sono stati messe in campo nel tempo i più svariati accorgimenti per evitarla o comunque attenuarla. Il più conosciuto è, nel Duecento, il ricorso a un podestà esterno che si presentava con la sua équipe di funzionari e di esperti – adeguatamente ricompensato – ma con un mandato di un solo anno, alla cui scadenza il suo operato verniva sottoposto al giudizio del consiglio cittadino. Questi podestà erano dei veri professionisti che passavano da una città all’altra e dunque avevano una loro reputazione da mantenere: un bel saggio sui loro compiti e sul loro spirito è suggerito dallo schema del suo discorso all’atto dell’investitura tracciato da Brunetto Latini nel Trésor.

La durata annuale di una carica era il deterrente più consueto: a Valencia la Junta dels murs y dels vals – quella che si occupava dei lavoro pubblici – durava in carica un anno, sicché chi avrebbe liquidato il compenso per un’opera eseguita non sarebbe mai stato quello che l’aveva commissionata. Oltre al campo dei lavori pubblici era venale anche quello della concessione di licenze, e la buccia di banana che fece scivolare sir Francis Bacon fu proprio l’accusa di essersi fatto corrompere per assegnare la licenza per aprire trattorie e locande in tutta l’Inghilterra.

La licenza edilizia diventava un problema soprattutto quando su un terreno edificabile c’erano contemporaneamente molte giurisdizioni, perché capitava molto spesso che sull’Ile-Saint-Louis a Parigi l’autorizzazione a lottizzare l’impresario Marie – sì, proprio quello che ha dovuto costruire, tra le altre opere di urbanizzazione, anche il ponte che tuttora porta il suo nome – dovesse chiederla al sovrano ma anche ai canonici di Notre Dame, che vantavano a loro dire un antico privilegio sull’isola. Questo intrico verrà tagliato dalla Convenzione, che nel 1789 decretò che il diritto di proprietà fosse assoluto, e soprattutto comportasse il diritto di costruire.

Se ogni proprietario di un terreno avesse potuto costruire una casa a suo capriccio, sarebbe stato necessario mettere in campo una procedura che da un lato assicurasse la continuità della futura rete stradale e dall’altro – dato che poi la casa era un bene offerto sul mercato – dare regole per uniformare lo sfruttamento edilizio dei terreni (che fin dai primi anni del Settecento a Parigi costavano quanto la costruzione) e per imporre uno standard igienico, proprio come la città lo imponeva alla qualità delle derrate alimentari-

Nel corso dell’Ottocento le città maggiori, come Milano, tracciarono piani regolatori che coprivano tutto il territorio, là dove chiunque avrebbe potuto costruire, ed erano costituiti da una rete di strade e di piazze – alcune tematizzate, come i boulevard e le passeggiate, e i grandi square come piazza Martini o piazza Frattini – sulle quali chiunque poteva costruire rispettando una altezza proporzionata alla larghezza della strada e ovviamente le norme del regolamento igienico: sicché non c’era margine per alcuna corruzione.

In questo dopoguerra è venuta di moda la pianificazione moderna, secondo la quale le città avrebbero dovuto essere un arcipelago di quartieri tendenzialmente autosufficienti legati da sistemi di trasporto efficienti, efficienti proprio grazie alla razionalità della loro disposizione. Tutti i terreni ancora liberi – dove la rete stradale disegnata dal vecchio piano regolatore era stata cancellata – diventa così il campo privilegiato per esercitare la decisione di ammettere o no il loro sfruttamento edilizio, e poiché poi nel medesimo tempo quei criteri di pretesa razionalità degli urbanisti moderni sono andati dimostrandosi inconsistenti, e mancando un disegno generale come quello di un tempo, la pianificazione urbanistica è espressamente diventata una successione di varianti che di volta in volta consentono a qualche grande operatore immobiliare di proporre un nuovo quartiere, e la relativa decisione è stata ricondotta l’arbitrario campo della sfera politica.

Questo meccanismo genera per sua stessa natura tangenti e corruzione, ma il burbero richiamo alla moralità individuale – che pure esiste – non migliora l’arbitrarietà della pianificazione e dunque l’aspettativa bilaterale delle tangenti: è una faccenda che sappiamo, e che tutti sappiamo non possa venire estirpata se non modificando le procedure di pianificazione. Ma queste procedure sono come la riduzione dei costi della politica: una greppia che dovrebbe venire eliminata da chi vi si nutre.

Cose del resto note e non specifiche del nostro Paese, quando le decisioni sulla edificabilità dei suoli abbiano consistenti margini di arbitrarietà: “Quella Sheppard ha certe perle grosse come uova. Il marito è architetto comunale, e quindi prendere una bustarella, per lui, è una seconda natura” scriveva in uno dei suoi romanzi gialli Edgar Wallace nel 1933, descrivendo l’ingresso di una signora a una serata elegante.

 

Marco Romano

 



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