13 settembre 2011

GIOTTO E DEDA STOPPINO, OLTRE IL DESIGN UNA STORIA D’AMORE


Anche Giotto a 85 anni ha concluso le sue tribolazioni poco tempo dopo Deda, sua moglie. In difficoltà entrambi di decidere e di rispondere ai problemi della vita che hanno passato insieme, hanno coltivato il dubbio e l’incertezza, amorevolmente compensando le loro ansie, distribuendosi i ruoli, sostenendosi a vicenda. Giotto godeva di una sensibilità speciale, apparteneva ai fogli di carta, alle matite, ai colori, strumenti del disegno necessario alla definizione di un progetto, di un profilo sia che si trattasse di un piccolo oggetto oppure di una casa. Si trovava a suo agio nella piccola dimensione, con i segni a mano libera come con le parole delle sue poesie.

Nel “Al poco giorno“, poesie dalla matita di un maestro dell’architettura e del design, del 2007, dedicato a Deda, colpisce in particolare la poesia dedicata al padre: Ho ricomposto il tuo corpo – ancora tiepido di vita – ho pettinato i tuoi capelli.- Ho sentito per la prima volta – che erano fragili – e fini come i miei.(a cura del Rotary club di Vigevano e Mortara). Con poche parole malinconia e rimpianto prendono forma come la sua anima. Le centinaia di oggetti per la casa, uffici disegnati da Giotto sono riconoscibili per il loro minimalismo intelligente e colto. Molti di questi oggetti si trovano esposti nei musei del mondo. Alcuni sono stati premiati con il Compasso d’Oro altri premiati e segnalati in molte manifestazioni con premi di settore.

Non si era mai laureato a differenza dei suoi compagni Meneghetti e Gregotti con cui ha esordito nella professione condividendone i primi lavori. Il rimpianto di non aver concluso gli studi lo aveva inseguito per tutta la vita. In un’epoca in cui tutti si laureano vi era in lui ancora spazio per un sentimento che molti considerano obsoleto. Avevo ufficialmente proposto al Politecnico di Milano di attribuirgli la laurea ad honorem, ma i tempi lunghi, le incertezze e le opportunità burocratiche non hanno portato a conclusione un progetto che avrebbe potuto coronare le aspirazioni di un uomo buono, estraneo alle strategie di potere, profondamente ricco di quelle delle doti che fanno di un progettista un architetto vero.

Deda e Giotto avevano donato all’Archivio del Moderno di Mendrisio tutto il loro archivio contribuendo, con questo nuovo fondo, all’arricchimento del nucleo degli architetti milanesi del ‘900. Potrei a lungo commentare gli oggetti esposti al Museum of Modern Art di New York come ripercorrere la storia progettuale partendo dalla poltrona Cavour del 1959 disegnata con Gregotti e Meneghetti ma sono convinto che la figura del progettista non si possa definire solo illustrando le sue capacità creative ma abbia bisogno di un intorno più ampio.

La vita di coppia con Deda ha rappresentato per Giotto un progetto carico di umanità che lo ha traghettato nello spazio dell’amore, dove l’amore ha potuto mettere ordine naturale alle cose che contano dividendole da quelle che contano meno. Non alzava la voce e si esprimeva in modo pacato dando al dolore e ai vuoti della vita quella dignità morale che allontana sempre più da quei clamori che dopo tutto non servono a nulla.

Antonio Piva



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