6 settembre 2011

PENATI, PENATI, PENATI


È difficile essere del tutto obiettivi nel giudi-care i comportamenti di una persona quando non se ne condividano le idee. Le idee e la politica di Penati non li ho mai condivisi. Dal punto di vista politico poco o nulla so della sua attività di sindaco di Sesto: solo sul sin-daco della tua città puoi esprimere giudizi fondati. Di quello che ha fatto in Provincia sappiamo invece tutto e abbiamo avuto modo di giudicare.

Non mi è piaciuto il suo modo di far politica inseguendo il centro destra nelle sue iniziative sulla sicurezza e sulla strategia della paura. Non mi è piaciuto il suo modo   di inseguire i cosiddetti “moderati” cercando di catturarli giocando sulle loro debolezze e non sulle loro virtù. Non mi sono piaciute né le sue vicinanze a Cl né la continua presa di distanza dalla sinistra più a sinistra del Pd, da quel Pd che lui avrebbe voluto. Non mi è piaciuto il suo modo di gestire il ruolo della Provincia in materia urbanistica e soprattutto sulle questioni del Parco Sud. Non mi sono piaciute le persone delle quali si è circondato, portandosi appresso da Sesto i suoi più stretti collaboratori e facendone quasi dei pretoriani.

Non mi è piaciuto nulla di quello che ha detto durante la sua campagna per le elezioni a presidente della Regione. I suoi discorsi avevano il fiato corto e mai come per lui valeva la battuta di Moretti “dicci qualcosa di sinistra”. Battuto alle elezioni, invece di svolgere il ruolo naturale che gli sarebbe toccato, il capo dell’opposizione, ha accettato il ruolo di vicepresidente del Consiglio regionale, un ruolo istituzionale ma molto limitativo per iniziative di opposizione. E’ stato il paladino di politiche consociative. Basta questo dissenso di fondo per esprimere un giudizio morale di colpevolezza?

No. Quanti sono i colpevolisti convinti che sotto sotto si augurano solo l’uscita di scena di un avversario politico? Che senso ha proclamare che “a questo punto” bisogna cambiare la classe dirigente del Pd? Se non ci fosse il “caso” Penati bisognerebbe lasciare tutto come prima? Comunque finisca questa vicenda per Penati come uomo, io credo che qualunque dirigente politico debba avere ben chiaro in mente l’effetto che le vicende hanno nei confronti della gente e sopratutto di quei cittadini che si sono spesi nelle campagne elettorali, l’umile “manovalanza” senza la quale non si vincono le elezioni.

Sono tutti quelli che fanno un amaro bilancio e paragonano la fatica personale spesa con la leggerezza di chi mette a rischio e dà un calcio a tutto questo, considerando il suo ruolo politico come una sorta di patrimonio personale del quale fare l’uso che più aggrada. Banalmente, una regola aurea per chi fa politica è quella del “con lui neanche un caffè” e a questa Penati troppo spesso è venuto meno. Non c’è scusa che tenga: quando per ragioni di ufficio si devono intrattenere rapporti con chi ha un interesse, anche solo potenziale, a ottenere favori o “occhi di riguardo”, non c’è limite alla cautela: parlarsi in pubblico e meglio ancora intrattenere solo rapporti scritti è certamente possibile. Moralismo? No. Prudenza e rispetto per chi ci ha dato il voto. E comunque, tristemente, come disse De Filippo: “Ha da passà a nuttata”.

 

Luca Beltrami Gadola



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