6 settembre 2011

LA RAPINA DI ARCORE


All’inizio degli anni settanta nessuno, ad eccezione di Berlusconi e Previti, conosceva l’entità della rapina perpetrata ai danni di Annamaria Casati Stampa per la vendita della villa di Arcore, a cominciare da lei stessa. Minorenne e sola al mondo, aveva commesso l’ingenuità di fidarsi di Previti, che si era auto-nominato suo co-tutore, e le aveva promesso di aiutarla a pagare alcune rate della tassa di successione (800 milioni di lire all’anno) grazie alla vendita di Villa San Martino a “un certo Berlusconi”. Di fronte alle perplessità di Annamaria sull’entità della somma, le era stato assicurato che si trattava del valore della Villa completamente svuotata dalle opere d’arte e dagli arredi molto pregiati di cui era piena, e di un piccolo pezzo del giardino intorno.

Berlusconi prese possesso della Villa andandoci ad abitare ancor prima di completare il pagamento pattuito, che comunque non fu mai interamente versato. Solo in seguito si è scoperto che Previti era già socio della Fininvest e che Berlusconi, dando in garanzia la Villa, quello che conteneva e 30 ettari fra giardino e terreni, aveva ottenuto 7 miliardi e 300 milioni di lire in prestito dalla Banca Popolare di Milano, con i quali cominciò a costruire “Milano 2”.

La memoria corta degli italiani, non ricorda che nel gennaio 1997 venne promulgata la legge “Istituzione di una Commissione Parlamentare per le riforme costituzionali”, composta da 35 deputati e 35 senatori: venne eletto Presidente Massimo D’Alema allora Segretario DS, con l’appoggio di Forza Italia e dei centristi. Berlusconi, all’epoca, aveva debiti per 13.000 miliardi di lire e attendeva ansiosamente il rinnovo delle concessioni delle reti Tv per Mediaset.

Il giudice Gherardo Colombo, definì la Commissione “figlia del ricatto”. Violante affermò che per poterla costituire: “era stata data piena garanzia a Berlusconi che non sarebbero state toccate le sue Tv”. Secondo Sylos Labini “la legittimazione politica del Cavaliere scattò automaticamente quando fu varata la Bicamerale; non era infatti possibile combattere Berlusconi avendolo come partner, per riformare nientemeno che la Costituzione…”.

Il Fatto Quotidiano ha pubblicato il 18/9/2010 un articolo di Marco Lillo, nel quale sosteneva che Don Vito Ciancimino – ex Sindaco di Palermo, condannato per Mafia all’ergastolo – era furibondo per la confisca dei suoi beni, e per il trattamento di favore riservato invece a Berlusconi. Don Vito scriveva testualmente: “sia io, Vito Ciancimino, che altri imprenditori amici abbiamo ritenuto opportuno, su indicazione di Dell’Utri, di investire in aziende riconducibili a Berlusconi. Diversi miliardi di lire sono stati investiti in speculazioni immobiliari nell’immediata periferia di Milano”.

Mio fratello Pierdonato Donà dalle Rose, che aveva sposato Annamaria Casati, incontrò all’inizio del 1980 il Cavaliere per chiedere la restituzione almeno di qualche quadro. Arrivando ad Arcore si trovò in una gabbia di ferro, abbagliato da fari, mentre una voce dal tipico accento siciliano domandava: “chi siete, cosa volete?”. Alla sua risposta, lo fecero aspettare qualche minuto, poi il cancello si aprì: trovò delle persone armate di fucili a canne mozze, che lo accompagnarono fino alla Villa. Molto meravigliato dell’accoglienza, ne chiese a Berlusconi. La risposta fu: “sono delle straordinarie guardie del corpo che mi ha trovato Marcello Dell’Utri per proteggermi, perché sono stato minacciato dalla mafia, ne sono contentissimo, soprattutto del loro coordinatore Mangano, persona di grande qualità”.

Nel 1984 i carabinieri trovarono ad Arcore alcuni latitanti condannati per mafia; stupiti interrogarono Berlusconi, che rispose esattamente quello che aveva risposto a mio fratello. I quotidiani di quel periodo parlarono della cattura dei latitanti a Villa San Martino. Alla trasmissione di Gad Lerner del 22/11/2010, Marcello dell’Utri ha avuto l’impudenza di dichiarare, che quando Mangano era stato assunto come stalliere ad Arcore, non si sapeva nulla del suo passato mafioso. Dell’Utri nel 1994 aveva dichiarato che si era candidato al Senato “per non finire in galera” e che considerava Mangano un eroe perché, interrogato in prigione “non aveva parlato”.

Alla Villa San Martino si incontravano gli Jacini, i Bergamasco, i Prinetti, i Gallarati Scotti, i liberali lombardi modernisti, seguaci di Ernesto Bonaiuti, grande intellettuale antifascista e molto legato ad Angelo Roncalli, il Papa Giovanni XXIII che convocò il Concilio Vaticano II nel 1962 per riformare la Chiesa e aprire il dialogo con i protestanti. Frequentavano inoltre la Villa anche Benedetto Croce, Tommaso Gallarati Scotti e Piero Treves, figlio di Claudio e perseguitato politico, che trovò asilo come precettore della famiglia Casati. Berlusconi è riuscito a distruggere e dissacrare tutto quello che Villa San Martino rappresenta per la storia del liberalismo italiano. Nelle cantine ha ricavato un night club dedicato al bunga-bunga, e sui quotidiani si parla della “banda di Arcore”.

Ho ringraziato il Sindaco Rosalba Colombo per il grande striscione di Arcore sfilato nel corteo del 25 aprile a Milano. Ho ricevuto in risposta una lettera di cui pubblico uno stralcio: “Sono nata e cresciuta ad Arcore e ne sono orgogliosa. Ne ho rivendicato la storia che vanta nomi come Gilera e Piaggio; è la stessa storia dei Conti Casati e Gallarati Scotti, che ci hanno lasciato dimore prestigiose”.

 

Beatrice Rangoni Machiavelli



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