18 febbraio 2009

LA FIDUCIA IL MERCATO E GLI SLOGAN


Da cattolico credo alle conversioni e anche ai miracoli, ma ho dei dubbi di fronte a tanti cambiamenti di pensiero espressi ultimamente da parecchi economisti e politici.

Ricordo ancora tanti messaggi martellanti sui mass media negli ultimi anni, tipo: “il mercato deve essere libero, perché nella sua corsa al profitto si autogoverna”, “basta lacci e lacciuoli”, “più mercato, meno Stato”, “sì al liberalismo e alla deregulation”, “investite in Borsa”, “viva la globalizzazione totale”, “dobbiamo rimettere i dazi”, “salviamo il mercato interno”, ecc..   Ebbene oggi gli stessi personaggi invocano l’intervento massiccio del vituperato Stato per salvare l’economia nazionale e internazionale, per proteggere le banche e i risparmiatori colpiti dai “derivati” statunitensi, considerati già nel 2002 dall’economista Buffet “armi finanziarie di distruzione di massa”.

Questi esperti colpiti dal crollo dell’economia e dei mercati mondiali scoprono non solo l’esigenza di regole e controlli, ma invocano il pensiero etico a tutto campo, come il nostro ministro dell’economia durante l’inaugurazione dell’anno accademico dell’Università Cattolica.   Inoltre, a mio modesto parere, la globalizzazione, che necessita di un adeguato controllo, è un’esperienza inarrestabile che dimostra l’unicità della comunità mondiale, pertanto da questa crisi si esce solo operando insieme.

Mi rimbombano ancora nelle orecchie queste tamburellanti frasi: “non metteremo le mani nelle tasche degli italiani”, “una forte imposizione fiscale è un furto”, “condonare, condonare, condonare”, “rigore, rigore, rigore”, “anche i ricchi piangono”, “gli italiano devono imparare a indebitarsi per rilanciare i consumi, la produttività e l’occupazione”,”ridurre le tasse ai redditi più alti per incrementare i consumi e rilanciare il mercato”, “anche i banchieri e i petrolieri piangono”.

Dopo tanta deregulation invocata e attuata, il governo Prodi-Padoa Schioppa ha svolto una rigorosa politica del contenimento del debito pubblico, una redistribuzione del carico fiscale a favore dei redditi più bassi e un’accanita lotta all’evasione fiscale.   Politica allora pesantemente condannata dall’opposizione, ma poi giustamente perseguita dall’attuale ministro Tremonti che nel 2005 con il Paese in forte recessione si ritrovò il PIL azzerato.   A fronte dell’attuale grave crisi che ci colpisce invito chiunque ad evitare di lanciare messaggi falsamente ottimistici quali”spendere, spendere, spendere”, “italiani non cambiate le vostre abitudini”.   La gente è sfiduciata e spaesata da tante frasi ad effetto e contraddittorie, da exploit di “superman” e di “gufi”, la gente ha bisogno di azioni ed iniziative chiare con obiettivi lungimiranti capaci di responsabilizzare ognuno di fronte alla grave realtà da affrontare tutti insieme.

Il ritorno dello Stato sulla scena economica, invocato oggi a gran voce,  comporta inevitabilmente una adeguata imposizione fiscale finalizzata ad acquisire le risorse necessarie per intervenire con giustizia ed equità.   Ovviamente deve ritornare al centro della scena la politica, che come la finanza e il mercato deve superare la propria crisi, innanzitutto etica, per ritrovare i propri fondamenti recuperando il senso del bene comune.

Ho sofferto in questi anni di fronte all’idolatria del mercato e all’irrisione dei valori cristiani/umani espressi dalla Dottrina Sociale della Chiesa  e delle parole profetiche di Papa Giovanni Paolo II (nel 2001): “l’economia di mercato è un modo per rispondere adeguatamente alle necessità economiche delle persone […], ma deve essere controllata dalla comunità, dal corpo sociale con il suo bene comune, […] è il bene comune universale a esigere che la logica intrinseca al mercato sia accompagnata da meccanismi di controllo. Ciò è essenziale al fine di evitare di ridurre tutti i rapporti sociali a fattori economici e di tutelare quanti sono vittime di forme di esclusione e di emarginazione. Di fatto spetta alla sfera politica regolamentare i mercati, sottoporre le leggi del mercato a quelle della solidarietà, affinché le persone e le società non siano in balia di cambiamenti economici di ogni tipo e siano protette dalle scosse legate alla deregolamentazione dei mercati.”

Tanto più mi addolora constatare di persona quanta disperazione sta lasciando sul campo sociale di Milano lo scoppio della bomba speculativa del mercato finanziario anarchico, basta verificare quanti milanesi, nuovi poveri provenienti anche dal ceto medio-basso, stanno andando ad ingrossare le code delle “mense dei poveri”.   Ormai la percentuale si aggira attorno al 25% e tende ad aumentare incrementato da pensionati, disoccupati, uomini separati e divorziati.   A fronte di tale disastro annunciato, da anni a Milano, un vero esercito di cosiddetti “buonisti” distribuisce gratuitamente e volontariamente pasti caldi (1.397.445 nel 2007) e pacchi viveri (circa 20.000 nel 2007), ai quali si aggiunge il Comune con il servizio “pasti caldi a domicilio” (309.737 sempre nel 2007); come accertato da una ricerca svolta con la collaborazione  del Comune di Milano, Università Bicocca e il Coordinamento Mense della Caritas Ambrosiana.

Nel mio sereno e, credo, ragionato ottimismo spero che l’attuale pesante crisi possa aiutare a rivedere vecchi schemi errati e recuperare con nuova sensibilità il senso etico di buona società e buona economia che si hanno tramite: un mercato sano, non drogato, sprecone e consumista – un sistema bancario fidato e non strozzino – una finanza che parta dal lavoro e non sia speculativa – una politica attenta al bene comune, alla solidarietà e all’equità in tutte le sue sfumature.

Giovanni Agnesi



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