18 febbraio 2009

BRAMBILLA VOTA LEGA


Volete sapere perché Brambilla ha votato Lega? E perché nei Comuni sedi di distretti industriali del Nord il PdL ha sfiorato il 70% con la Lega maggioritaria, al 40%? Ve lo spiego con un esercizio fiscale: quello che Brambilla ha dovuto imparare a fare in questi anni.

Brambilla ha il 100% di una Srl che fa 100 di utili prima delle tasse. Quando l’Ires era al 33% pagava 33. Adesso che Visco l’ha ridotta al 27,5% (per allinearsi agli altri paesi europei, è stato detto), paga 27,5. Vedremo poi che il suo risparmio non è di 5,5 punti perché, come ha chiarito lo stesso Visco, la riduzione è stata fatta a parità di gettito, quindi con allargamento della cosiddetta base imponibile.

Calcoliamo ora l’Irap, questo ircocervo che la UE non è ancora riuscita a debellare o almeno a rendere deducibile ai fini Ires. Se la Srl di Brambilla fa 100 di utili, avrà presumibilmente un fatturato di 1000, con costi del lavoro (dipendenti e assimilati) del 60% (hanno il 50% le maggiori società di software, quotate, ma Brambilla ha meno brand e subisce i prezzi dei clienti), quindi 600, che dopo lo sconto di 5000 euro per la riduzione del cuneo fiscale (diciamo un 13%) sono diventati 522. C’è qualcos’altro nel cuneo fiscale, ma si tratta di minori contributi, già elevatissimi, non di riduzioni fiscali.

Come tutti sanno l’Irap (ora al 3,9%, altra concessione di Visco, prima era al 4,25%) non si applica solo sugli utili, ma su tutto il valore aggiunto, quindi anche sui salari e sugli interessi passivi. Gli osservatori internazionali, Ocse e Eurostat in testa, si dimenticano di questo non piccolo particolare quando dicono che l’Italia tassa gli utili societari al 27,5+3,9, cioè al 31,4%. Ma è falso. Trascuriamo gli interessi passivi, per non fare ipotesi sull’indebitamento di Brambilla. E trascuriamo per carità di patria anche la non deducibilità degli interessi che superano il 30% del margine lordo, ultima trovata di Visco. Ma sui salari e sull’utile lordo, cioè su 622, pagherà il 3,9%, cioè 24,26, che aggiunti all’Ires di 27,5 fanno la bellezza di 51,76 su 100. Gli restano 48,24. Ma non è finita.

I crediti di imposta sugli utili societari sono stati aboliti, ma l’Irpef si paga ancora, sia pure solo sul 40% degli utili societari, che Visco prontamente ha portato al 49,72, sempre per recuperare con la sinistra quello che aveva tolto con la destra. Quindi quando Brambilla compila la propria dichiarazione dei redditi, sul 49,72% di quei 48,24 pagherà la sua brava aliquota Irpef, diciamo il 40%, quindi 9,59. Intanto si dimostra che il famoso vantaggio di 5,5 punti sull’Ires che Visco ha sbandierato si attenua, visto che sulla metà dei maggiori utili finisce per pagare il 40% (anziché il 27,5% dell’Ires). Se poi addirittura i maggiori utili gli fanno saltare scaglione, peggio che andar di notte: il coefficiente può diventare il 43%. Non insistiamo su questo punto. Siamo rimasti a un reddito personale netto di 48,24 – 9,59, cioè 36,65.

Ma non è finita. Se Brambilla, socio della Srl, ha in questa la sua attività prevalente, dovrà pagare il 19% (sui 100 iniziali) di contributi all’Inps commercianti. Il suo reddito netto diventa quindi di 19,65. Ha versato allo stato l’80,35% del reddito prodotto. Gli rimane meno del 20% per mangiare, lui e la sua famiglia.

Naturalmente Brambilla è tutt’altro che stupido e quindi dichiarerà all’Inps che la sua attività prevalente è quella di operatore ecologico indipendente. E la sua Srl sarà posseduta da una Sarl basata in Lussemburgo o in Irlanda.

Ma avrete capito perché si è stufato delle chiacchiere da “Porta a porta”. Resta da vedere se i nuovi leader sanno fare questi conti. Ma Tremonti è un tributarista.

Franco Morganti



Condividi

Iscriviti alla newsletter!

Per ricevere in anteprima sulla tua e-mail gli articoli di ArcipelagoMilano





Confermo di aver letto la Privacy Policy e acconsento al trattamento dei miei dati personali




Ultimi commenti