20 luglio 2011

PISAPIA: EXPO 2015 COME “NO TAV”?


Voglio riprendere il discorso avviato con l’editoriale del numero scorso e tornare a parlare di Expo e del sindaco Pisapia. Non so quali e quanti milanesi siano d’accordo con me nel dire che il passo era difficile, quasi obbligato: mandare a monte l’Expo era offrire all’opposizione un argomento di grande successo mediatico per strombazzare ai quattro venti che si stava lavorando contro Milano e il suo avvenire, contro l’opportunità di veder arrivare finanziamenti per le infrastrutture. Tutte balle naturalmente ma di grande effetto.

L’avrebbero fatto spudorata-mente ben sapendo che all’origine di tutti i guai c’erano la loro incapacità e le liti di potere che avevano impedito l’avvio di una vera attività. Inutile ricordare di nuovo le feste per il masterplan concettuale disegnato dal gruppo di architetti guidati da Stefano Boeri. Se quel masterplan, o un altro qualunque, fossa andato bene per far affari, allora evviva il masterplan di Boeri; non va più bene, ci si rimangia tutto, avanti un altro: les affaires sont les affaires. Avidi, ignoranti, incoscienti.

Oggi però quel che è certo è che in città anche tra i sostenitori di Pisapia serpeggia molto malcontento per questa scelta sia di comprare le aree alle condizioni dettate dai venditori sia di approvare l’accordo di programma che sancisce l’edificabilità di quelle aree, sia di abbandonare il masterplan di Boeri per approdare non si sa dove e per opera di chi. Questo centro destra ha una gran fortuna: manda a segno i suoi disegni e costringe la sinistra ad accettare il suo gioco forte di pressioni internazionali, nel caso di Expo ambigue per non dir di peggio, che chiedono al Paese di fare cose che la sinistra non vorrebbe proprio e che alla fine fa per non aggravare la situazione e l’immagine dell’Italia nel mondo: come per le due ultime cose, approvare la Finanziaria e andare avanti con l’Expo.

Ma l’Expo non è la Finanziaria e per certi versi non è nemmeno la TAV: è ben più fragile. Se l’ostilità verso l’Expo, visti anche i momenti di grave crisi economica, finisse per crescere, se si dovesse mettere in moto un meccanismo dal basso di rifiuto e di boicottaggio, gli sviluppi ne sarebbero imprevedibili sia durante i lavori di costruzione degli edifici e delle infrastrutture sia durante la manifestazione stessa. Nascondersi questa ipotesi sarebbe sciocco. Ma come scongiurarla? A mio modo di vedere in un sol modo: pensare e realizzare un progetto che sia l’interpretazione del sentire della città sul tema “Nutrire il pianeta, energia per la vita”.

Tramontato e irrecuperabile il progetto Boeri, forse troppo innovatore per la cultura di oggi, quanto ci vuole a pensarne un altro che non sia la semplice riproposizione del primo masterplan, quell’orridezza che servì alla presentazione al BIE e che, di fatto, allora lo approvò? E’ possibile farlo? Ne abbiamo i tempi? Forse sì, è una scommessa ad alto rischio fare in tre anni quello che si sarebbe dovuto fare in cinque, ma a una condizione: che il sindaco Pisapia sappia ricreare su questo nuovo progetto e al suo procedere lo stesso entusiasmo che aveva creato attorno al suo progetto politico, l’entusiasmo che lo ha portato a vincere. Ma qual è stato il collante dell’entusiasmo? La voglia di cambiare, di non vedere più le stesse facce, di non sentire più gli stessi discorsi, un’insopprimibile voglia di nuovo. La ricetta è la stessa, facce nuove, facce pulite per un nuovo progetto e per un’Expo 2015 con speranza di successo.

Mi si dirà che è difficile cambiare i cavalli in corsa, che ci sono problemi istituzionali ma forse cambiare ronzini abituati a far girare la macina del grano dei padroni del vapore non è impossibile. La logica dei rapporti di forza anche nella gestione deve rispecchiare le proporzioni del capitale versato o apportato per comprare le aree? Questi rapporti di forza assegnano il comando ad altri che non al solo sindaco di Milano?

Se Giuliano Pisapia se la sente di addossarsi tutte le responsabilità che gli cadrebbero sulle spalle con tutto il carico solo su di lui, lo pretenda questo carico. Troverà certo sulla sua strada chi gli darà più di una mano senza pretendere doppi stipendi o manipolare appalti. Se non se la sente di porre questa condizione sarà difficile che riesca a ricreare attorno a questo progetto il clima che l’ha fatto sindaco e sarà difficile che questo entusiasmo generale non si spenga insieme alle attese. Tutte le attese, tutte le speranze.

 

Luca Beltrami Gadola



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