19 luglio 2011

musica


I “LOMBARDI” SUL TETTO DEL DUOMO

In questa torrida estate milanese dobbiamo dare atto alla Veneranda Fabbrica del Duomo di avere avuto una idea a dir poco geniale. Già sperimentata l’anno scorso, con un concerto da noi commentato in questa rubrica, l’idea di fare musica sul tetto della nostra Cattedrale, proprio sotto i piedi della Madonnina (che vista da lì non è proprio “piscinina”), è stata ripresa quest’anno per celebrare il 150° dell’Unità d’Italia e anche – giustamente – per raccogliere fondi da dedicare alla manutenzione straordinaria della cosiddetta Guglia Maggiore.

Molto appropriata la scelta dei “Lombardi alla prima Crociata” – opera giovanile di Giuseppe Verdi del 1843, in pieno fervore risorgimentale – data in forma di concerto (e anche molto ridotta, una selezione di parti per una sola ora di musica) e dunque senza alcun azione scenica, ma con un’ottima orchestra e un coro ancor migliore, sopratutto con bravi solisti trascinati dall’intramontabile Ruggero Raimondi.

Mettere in scena tutto questo, con un centinaio di professionisti fra coro e orchestra, così fuori stagione, per due sole repliche precedute da due sole serate di prove, in un luogo a dir poco inusuale ma sopratutto difficile da attrezzare e da raggiungere (ci sono gli ascensori, ovviamente, ma risolvono solo una parte del problema, bisogna portare contrabbassi, timpano, arpa, un piccolo organo, far salire anche qualche persona anziana per scale e scalette, scavalcare colmi, camminare su piani inclinati …) occorrono fantasia, coraggio, determinazione e sopratutto avere un grande amore per la musica, per il monumento, per la città, e poter contare sullo stesso amore da parte del pubblico.

Veniamo ai musicisti: quelli che sono stati indicati come “Orchestra e Coro della Veneranda Fabbrica” in realtà arrivavano in massima parte dall’Orchestra Toscanini e dal Coro dell’Opera di Parma, sottoposti allo stress del rientro alla base dopo ogni prova o rappresentazione. Bravi tutti e bravo anche il giovanissimo direttore d’orchestra Lorenzo Coladonato, monzese, che ha interpretato il giovane Verdi (la medesima età di autore ed esecutore spesso conduce a buoni risultati!) con giusta baldanza e ritmi serrati. E’ stato decisamente meno efficace nella direzione del coro (è raro saper fare bene le due cose) il quale, tuttavia, molto ben preparato dal suo direttore Emiliano Esposito, ha potuto esprimere nel meraviglioso “O Signore, dal tetto natio” del quarto atto la bellezza e la morbidezza delle voci e la maturità dell’interpretazione.

Di più bisogna dire delle voci soliste. A parte Raimondi – che quest’anno compie settant’anni e ha interamente dominato la serata con la profondità e la pienezza della sua inimitabile voce che nulla ha perso rispetto a quella che ricordiamo dagli anni sessanta, quando si impose alla Scala di Abbado – gli altri interpreti e in particolare la soprano Sabrina Amè ed il tenore Cristiano Olivieri ci hanno molto colpito. Non tanto per qualità o la raffinatezza dell’interpretazione (la situazione non era facile, c’era una robusta amplificazione, ovviamente necessaria in quelle condizioni, che deformava l’ascolto, c’erano vento, rumori, volatili notturni, e dunque certe incertezze e ruvidezze erano più che comprensibili) ma per la bellezza e la potenza delle loro voci. Capita raramente di sentire soprani – e soprattutto tenori – così dotati e generosi.

Due osservazioni di costume, però, mi siano consentite prima di chiudere. Prima: la lunga concione del presidente della Fabbrica, con relativi ringraziamenti a (quasi) tutti, era proprio necessaria? Non sarebbe stato più elegante scrivere una bella presentazione nel programma di sala anziché mettersi al microfono e farne una invasiva e inappropriata introduzione al concerto?

Seconda: i biglietti costavano 100 euro cadauno, sacrosanto, era una serata dedicata alla raccolta di fondi, dunque riservata a chi vuole e può donare. Ma perché lasciare tanti posti vuoti, acquistati da gente che probabilmente aveva fatto la donazione ma non era interessata al concerto? Perché non consentire l’acquisto, all’ultimo momento, di biglietti super scontati per permettere anche ai meno facoltosi di ascoltare buona musica e riempire quei brutti posti vuoti senza far danno a nessuno?

Cosa pensa la nuova Giunta – e in particolare Stefano Boeri, tanto atteso assessore alla cultura – dell’idea di promuovere una iniziativa così poco costosa come quella di un botteghino last minute e low cost (si potrebbe utilizzare l’Urban Center di Galleria Vittoria Emanuele) come quelli famosi di New York in Time square o di Vienna davanti all’Opera, cercando l’intesa con tutti i teatri e le sale da concerto milanesi, Scala compresa?

 

 

 

questa rubrica è a cura di Paolo Viola

rubriche@arcipelagomilano.org

 

 

 

 



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