5 luglio 2011

PARCHI REGIONALI. CON UN RIGO SI DISTRUGGE TUTTO


 

Io non so se Milano, dopo il sì dei milanesi ai referendum sull’ambiente, diventerà la città più verde d’Europa. Dubito. Ancorché io creda che la vittoria di Giuliano Pisapia segni una svolta vera e duratura, rispetto ai quasi vent’anni di amministrazioni lassiste, anzi creative, che hanno governato la città inventando e imponendo il celebrato “rito ambrosiano”. Se però l’ambizione di Pisapia è di riportare Milano alle posizioni di eccellenza, che prima del lungo ciclo di centro-destra essa aveva, allora la rincorsa della città “fanalino di coda”, come ci ripetono impietosamente da anni le scivolose statistiche, sarà lunga e difficile.

E non l’aiuta certo in questo nobile tentativo di risalire la china, la Regione Lombardia, che sta per varare una legge di modifica della legge sui parchi, la benemerita legge 86 del 1983, legge a suo tempo pionieristica, che ha saputo, seppur subendo nel corso degli anni non pochi snaturamenti, garantire quasi il 30% del territorio lombardo dalla devastazione che non ha risparmiato il resto della regione.

La Lombardia, secondo il rapporto Ambiente Italia 2011, guida la graduatoria delle regioni italiane con il più alto consumo di suolo. Ogni giorno 13 ettari di terreno libero vengono immolati a una urbanizzazione, essa sì libera e brada, che espande colate di cemento e di asfalto, nel centro e nelle periferie della città come nei territori metropolitani più esterni, creando il famoso sprawl, la marmellata di case e casette, fabbriche e capannoni, super e ipermercati, autostrade e superstrade e via brutture elencando. Ma veniamo al progetto di legge di cui si è occupato, da mercoledì 29 giugno, il Consiglio regionale. Rispetto a questa proposta, a mio avviso totalmente disastrosa, mi limito a sollevare telegraficamente, tra i tanti che meriterebbero, solo tre questioni.

Punto primo, il meno grave: la Regione pretende di collocare un suo rappresentante nei Consigli di Gestione dei parchi. Le Regioni, insegniamo ai nostri ragazzi, hanno la potestà legislativa, fanno le leggi; e, inoltre, hanno tutti gli strumenti per esercitare con interventi preventivi e successivi il monitoraggio e il controllo della corretta applicazione delle leggi stesse. Toccherebbe agli enti locali gestire le comunità, il loro territorio di pertinenza, i parchi, i servizi locali. Occorrerebbe, quindi, rispettare innanzitutto la divisione dei poteri e poi il principio di sussidiarietà. Ma la Regione non ci sta, vuole entrare direttamente nella gestione dei parchi, quella più minuta, del giorno per giorno: spira quasi un’aria di commissariamento, e la cosa inquieta!

La proposta regionale, e questo è il secondo punto, molto importante, prevede che gli ambiti urbanizzati interni ai parchi, ora sottoposti alla disciplina dei PTC – Piani Territoriali di Coordinamento (che hanno la preoccupazione di armonizzare queste realtà con le aree a verde), possano essere semplicemente espunti, tolti ai parchi, con conseguente modificazione e restringimento del loro perimetro, e affidati a ben diversa e più elastica normativa. Nell’art. 6 comma 1 lettera d, il progetto di legge prevede, infatti, di escludere gli ambiti già completamente urbanizzati o gli ambiti produttivi già consolidati, purché privi di valenza paesistica. Capite, cari amici, l’enormità: qui si apre un vallo da cui può passare ogni cosa.

Terza questione, potere di deroga. La legge vigente contempla la possibilità, derogando dalla programmazione dei parchi, di realizzare nelle aree protette opere pubbliche previste dalla legislazione nazionale. Il progetto di legge in questione, sempre all’art. 6 comma 1 lettera f, dispone che dopo “legislazione nazionale”, siano inserite le parole: “e di reti ed interventi infrastrutturali previsti negli strumenti di programmazione regionale…”. Sono poche parole, un solo rigo, ma del più alto potenziale dirompente.

Conclusione. Già solo questi tre punti ci fanno capire la pericolosità della proposta di legge e quindi la necessità di contrastarla fermamente. La speranza, che non muore mai, è che la nuova Giunta di Milano, con l’aiuto dei cittadini, una volta informati e resi consapevoli, possa costruire un argine solido e resistente anche nei confronti di questa opera incessante, diuturna, di devastazione delle norme, prima, e del territorio, poi.

Di fronte a tanto scempio, costante e brutale, coloro che hanno avuto il privilegio di essere chiamati ad amministrare città e regioni; coloro a cui abbiamo affidato l’altissimo compito del “dialogo oggettivo” tra le generazioni, traghettando il passato (da cui abbiamo ereditato, custodita e accresciuta, la bellezza e il decoro delle nostre contrade) al futuro (a cui consegneremo un Paese, lo dico con brivido, ferito e offeso), questi amministratori (questi, non tutti, che ne conosco di preparati e coscienziosi!) a causa innanzitutto della loro ignoranza, e quindi con la coscienza leggera che sembra quasi assolverli anticipatamente da ogni peccato: questi amministratori sono la peste d’Italia.

 

Arturo Calaminici

 



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