28 giugno 2011

PIAZZA MENTANA: COME ACCATASTARE LE AUTOMOBILI


Di Piazza Mentana, contrariamente a quanto recentemente fatto notare parlando di piazza Sant’Alessandro, non si può certo dire che sia un “gioiello” urbanistico. Si può dire tuttavia che offre un momento di sosta e di sollievo dentro al fitto tessuto edilizio del centro storico; o meglio, che sarebbe un luogo di pausa, tranquillo e accogliente, se non fosse lasciato, e dimenticato, nel deplorevole stato in cui oggi si trova.

La piazza non vanta insigni monumenti di architettura; non possiede opere di scultura rinomate; non è abbellita da fontane o da oggetti decorativi di qualità; non è fiancheggiata da case di valore storico o artistico. E allora, ci si chiede, che cosa possiede di così accattivante questa apparentemente banale piazza cittadina? Possiede la felice forma di un quadrato quasi perfetto; il giusto rapporto planivolumetrico tra area libera e altezza delle case; la dimensione perfettamente equilibrata della sua superficie, non troppo ristretta né troppo estesa; la posizione centrale e baricentrica in mezzo a una rete di strade anguste e tortuose, dalle quali fa piacere sboccare nello spazio aperto e luminoso della piazza.

Priva di negozi, di bar, di ristoranti, la piazza non sarà mai un luogo rumoroso e affollato; sarà invece un punto di ritrovo e di incontro, pacifico e riposante; un rifugio appartato e silenzioso, posto a poca distanza dalla frequentatissima via Torino; e offerto in alternativa a quella animata arteria cittadina. La piazza possiede tutte le premesse per diventare un punto di ritrovo per bambini; per madri con neonati in carrozzella; per persone anziane; un centro pacifico e distensivo, posto al servizio dell’intero quartiere, oggi tristemente privo di verde e di spazi ricreativi. Piazza Mentana ha già la fortuna di possedere alberi d’alto fusto distribuiti su metà della sua superficie; sarebbe sufficiente piantarne altrettanti nell’altra metà, e si otterrebbe un giardino di dimensioni discrete, una presenza di verde sufficientemente estesa.

Quale ostacolo impedisce di trasformare la piazza in un luogo ricco di vegetazione, di frescura, di silenzio? Lo impedisce l’invasore pestifero che ammorba l’intera città di Milano: l’automobile. Le due strade tangenti alla piazza sono percorse da un passaggio costante di veicoli veloci, per colpa dei quali è reso difficoltoso l’accesso allo spazio libero centrale; e lo spazio libero centrale è occupato da una distesa ininterrotta di auto in sosta, per colpa delle quali non rimane più libera nemmeno una zona a disposizione dei pedoni. L’automobile o passa sfrecciando lungo il perimetro della piazza, o si ferma in sosta invadendone il centro e impedendone l’accesso agli abitanti dei dintorni. A nessuno è venuto in mente di trasformare la piazza in una zona pedonale, e di vietarla al transito di tutti i mezzi meccanici, fatta eccezione per quelli dei residenti?

Estendendo le medesime osservazioni alla intera città di Milano si può essere certi che un insieme di piccoli interventi migliorativi, simili a quello auspicato per piazza Mentana, e distribuiti in luoghi a volte poco conosciuti, ma numerosi nel centro storico, sarebbero sufficienti ad allietare la vita degli abitanti, a dare uno sfogo ai bambini, a offrire un ristoro per i vecchi. Non si richiedono grandi opere; né interventi costosi; né sconvolgenti cantieri di lunga durata e di fastidioso ingombro all’interno di spazi pubblici; si richiede soltanto un maggiore impegno, ma soprattutto – ed è ciò che manca ai nostri amministratori – un poco di fantasia.

Si parla spesso di arredo urbano. In passato ne abbiamo visti esempi di gusto orripilante, e molti ne vediamo ancora adesso: panchine in masselli di pietra gelida e respingente; paracarri in cemento, a forma di gigantesco ditale; paracarri in ghisa fusa, a forma di elmo antico; vasi di cotto con aureola di granito; vasi di granito con inserti di cotto; lampioni di varie fogge, tutte dissimili tra loro.

La nostra epoca, la nostra città, la nostra gente, ha perduto il senso del decoro civico, della dignità pubblica, della armonia cittadina. Eppure in passato non era così, né in Italia né all’estero. I chioschi all’aperto erano piccoli costruzioni di grande eleganza; le stazioni delle prime metropolitane sorprendenti esempi di architettura; le fontane gradevoli complessi scultorei. Esisteva negli Amministratori – e di riflesso era diffuso nella popolazione – un sincero desiderio di circondarsi di oggetti gradevoli; di offrire alla vista dei passanti opere dignitose; di abbellire la città ricorrendo ad interventi pubblici, eseguiti con perizia e con cura.

Una fontana del XVIII secolo, in una città esotica come Istanbul, era un pezzo di qualità architettonica: progettato, pensato, eseguito con abilità e con passione. Era un’opera voluta dalla autorità del sultano, ma fatta per il benessere della popolazione. E’ sorprendente (e deludente) constatare che in un regime assoluto e dispotico, come quello dell’antico Islam, si prestava maggiore attenzione al bene dei sudditi, di quanto non si faccia oggi, nei confronti dei cittadini, in un regime democratico e libero.

Nel centro di piazza Mentana si erge il cippo che ricorda l’eroica battaglia a cui è dedicata la piazza: un monumento serio, civile, apprezzabile. Peccato che, poco distante, ai margini della piazza, sia collocata una goffa baracca in lamiera, usata come spaccio di bibite e ricoperta di logore tele: una intrusione sciatta, incivile, riprovevole. La città si riempie di miserevoli paccottiglie. Nessuno protesta? Piazza Mentana, liberata dalle auto e ripulita dalla baracca-bar, sarebbe un luogo invidiabile. Nessuno lo desidera? Esiste una commissione edilizia che oggi estende le sue competenze anche al paesaggio, e quindi al paesaggio urbano. Esiste un ufficio comunale che rilascia autorizzazioni edilizie anche per opere minori. Esiste una opinione pubblica capace di farsi sentire attraverso molteplici canali di comunicazione. Tutti tacciono?

Si è tentati di ripetere la recente esortazione lanciata da Stephan Hesse: indignatevi!

Jacopo Gardella



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