28 giugno 2011

musica


ORCHESTRA E CORO CARISCH

Un anno fa in questa pagina salutavamo con emozione ed entusiasmo la nascita dell’orchestra amatoriale Carisch, creata sotto gli auspici e con la sponsorizzazione della gloriosa casa di edizioni musicali per iniziativa dei suoi dirigenti che la stanno riconducendo alla originale vocazione classica dopo un lungo periodo di digressione nella musica leggera.

L’altra sera, martedì 21, nel giorno anniversario di quell’evento, e nello stesso incantevole giardino della villa reale di via Palestro, l’orchestra e il coro Carisch rispettivamente diretti da Alessandro Cadario e da Nicola Kitharatzis, hanno eseguito il loro primo concerto vero e proprio – non più “prova aperta” come fu umilmente denominata la prima uscita pubblica – e cioè con un programma di tutto rispetto che prevedeva diverse e ben articolate composizioni per diversi organici.

Dopo l’introduzione con un estratto dalla nota e bella “Serenata per dodici strumenti a fiato e contrabbasso”, K. 361 di Mozart, detta anche Gran Partita – ridotta e trascritta per un ensemble leggermente diverso dal clarinettista e direttore di banda Filippo Bassi, che ci è parsa a dire il vero un po’ troppo “bandistica” – la serata è entrata nel vivo con l’ottimo coro che, accompagnato dal pianoforte a quattro mani, ha eseguito i Liebeslieder Walzer opera 52 di Brahms scritti per questo singolare organico e proprio per questo motivo raramente eseguiti.

Sono diciotto “canzoni d’amore” in forma di valzer – scritte tutte fra il 1868 e il 1869 nel ritiro estivo di Lichtental, alle porte di Baden Baden, ispirate con ogni evidenza al modello schubertiano del Lied – tanto amate dal suo autore e dal pubblico che cinque anni dopo, a Zurigo, Brahms ne scrisse altre quindici per lo stesso organico e su testi dello stesso autore (quel Georg Fiedrich Daumer che ne raccolse un gran numero – tutte ispirate a leggende e tradizioni popolari dei paesi dell’Europa orientale – nel suo famoso “Polydore”, una sorta di “serbatoio letterario” molto saccheggiato dai musicisti romantici tedeschi e mitteleuropei della seconda metà dell’ottocento).

Al pianoforte sedevano le due sorelle Badalini, Francesca e Federica, che si sono prima scaldate con la famosa e smagliante Danza Ungherese n. 2 dello stesso Brahms mostrando subito grande talento ed ottima preparazione, mentre le parti solistiche erano affidate alle voci solide e ben strutturate di Donatella Colletti, Eleonora Minacapelli, Diego Cachon e Franco Lupo.

Prima di restituire il podio al Cadario, Kitharatzis ha magnificamente diretto il coro in altri quattro splendidi Lieder di Brahms, questa volta a cappella (senza accompagnamento strumentale); poi le voci e il pianoforte hanno taciuto per dare spazio all’Orchestra che ha eseguito la Prima Sinfonia di Beethoven.

Come si vede il programma era decisamente impegnativo, tanto più per una orchestra e un coro amatoriali, composti cioè da impiegati, artigiani, professionisti, qualche operaio e qualche pensionato (di età varia, dai sedici ai settantadue anni!) che suonano un strumento o cantano nel coro per puro diletto e passione senza aver maturato, od avendo abbandonato per strada, una vera professionalità da musicisti. Molto interessante è stato l’alternarsi sul podio del giovane compositore e direttore d’orchestra Cadario, che si è cimentato in Mozart e in Beethoven, con l’ormai noto ed apprezzato maestro Kitharatzis – dal nome greco ma nato e cresciuto a Milano (dove ha studiato liuto rinascimentale e direzione di coro suonando però sempre con grande passione il violoncello!) – che ha invece diretto il programma brahmsiano.

E’ difficile esprimere opinioni rigorose dinanzi a manifestazioni di tanta generosità da parte di persone piene di buona volontà di cui si sente in modo palpabile il grande impegno e la grande dedizione; possiamo però osservare che, se è ben più difficile dirigere un orchestra amatoriale che non un’orchestra di professionisti, forse bisognerebbe affidare questo compito a direttori di una certa esperienza (mentre al contrario, essendo il coro spesso e tradizionalmente amatoriale, è normale che il suo direttore debba prendere e condurre per mano i cantanti anche quando non brillino in preparazione e professionalità, e non era questo il caso).

In conclusione il concerto è stato di ottimo livello e di grande godibilità sopratutto nella sua parte centrale, incentrata su Brahms, grazie sia alle voci del coro che alle brave Badalini, mentre ha mostrato un certo affanno in Beethoven e ancor più in Mozart dove la compagine dei fiati (son sempre quelle le note dolenti) ha faticato a trovare il passo giusto e soprattutto il giusto colore del suono.

Ma guai a farsi scoraggiare; hanno già fatto tanto, con risultati assolutamente sorprendenti in relazione ai mezzi e alle circostanze, e sono un magnifico esempio di cultura diffusa, che va seguito da un pubblico affettuoso e solidale – come quello dell’altra sera, che ha invaso i giardini reali – perché è una di quelle cose che rendono la città più umana e vivibile (non a caso il concerto è stato ripetuto tre giorni dopo, con un successo straordinario, nel Carcere di Bollate!).

Se poi vi abbiamo convinto, prendete nota che il 7 ottobre prossimo l’Orchestra Carisch, con il grande Enrico Dindo direttore e solista, suonerà nella Basilica di San Marco musiche di Bach, Haydn e Vivaldi.

Paolo Viola

questa rubrica è a cura di Paolo Viola

rubriche@arcipelagomilano.org



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