21 giugno 2011

MILANO “ORRIBILIA URBIS”: OCCHIO AI SOTTOTETTI


In un interessante articolo sul settimanale del Corriere della Sera SETTE, del 2 giugno 2011, Angelo Panebianco si domanda perché leggi e altre norme formali si rivelano incapaci di regolare i comportamenti degli italiani. La spiegazione abituale è che gli italiani sono troppo anarchici, individualisti, carenti di cultura civica etc. Panebianco si chiede se la causa fosse invece nel modo in cui le leggi vengono fabbricate. E offre due ipotesi, la prima è data dall’illusione del “legislatore onnisciente” che spesso non conosce dall’interno la realtà sociale che vuole regolare. La seconda è che le norme formali entrano sovente in rotta di collisione con le norme informali e spontanee che regolano la disciplina interessata.

La prima ipotesi e in parte la seconda corrispondono alle sensazioni che ho sempre avuto di fronte alle leggi sull’Urbanistica emesse dalla nostra Regione, a partire dalla loro scrittura difficilmente comprensibile nel suo ordinamento, tanto da far sembrare “brani di Letteratura” la vecchia legge Urbanistica del 42. Questa oggi è sostituita appunto dalla Legge Regionale n. 12 che in sei anni ha già subito la sua ottava profonda modifica.

Modifiche spesso incomprensibili tanto che i Comuni sono costretti a emettere circolari interpretative concordate con la Regione per poterle utilizzare. Ma anche incredibilmente superficiali nel loro ordinativo, come quando si dà lo stesso tempo per discutere in Consiglio Comunale le 20 osservazioni al PGT di un Comunello dell’Hinterland e le 5.700 del Comune di Milano. Costringendo questo a una obbligata procedura di semplificazione sulla quale l’opposizione poteva avere buon gioco per poi ricorrere al TAR.

Ma dove l’allusione al “legislatore onnisciente” è apparsa ancor più azzeccata è stato nella legge per il riutilizzo abitativo dei “sottotetti” riscritta tre volte con l’appendice delle sue altrettante circolari interpretative Comunali. Nata come ragionevole utilizzo di volumetrie esistenti che poteva evitare quello che si chiama “il consumo di suolo” in città, come Milano, scarse di territorio. L’utilizzo dei “sottotetti” aumentava i volumi esistenti senza consumare suolo e per la distribuzione soft degli interventi su tutta città non avrebbe necessitato di nuove opere di urbanizzazione. Nello stesso momento, in epoca di contenimento energetico, il rifacimento di tetti ben isolati metteva un tappo alle perdite di calore dell’edificio verso l’alto. Era anche apprezzabile l’offerta sul mercato edilizio di alternative tipologiche al solito appartamento a due dimensioni, aprendo alla terza dimensione con l’alloggio duplex.

Le tre stesure diverse della legge contengono una progressione impressionante di errori di sottostima dei problemi tecnici e allargano gli interventi anche ai sottotetti di nuove costruzioni (ma non si parlava di Sottotetti Esistenti?). Così appaiono provvedimenti demagogici come il divieto di utilizzare il sottotetto nelle nuove costruzioni per tre anni a meno che non si fosse nelle seguenti categorie: anziani, nubendi, handicappati, badanti, nuovi nati, affiliati, affidati, adottati e anche autocertificando le necessità del nucleo familiare, abolendo poi le categorie privilegiate ma portando l’impegno a non utilizzare il sottotetto, sempre sulle nuove case da 3 a 5 anni (e stiamo sempre parlando di legge per l’utilizzo di Sottotetti Esistenti).

I posti auto nella prima versione non erano necessari, poi sono stati resi obbligatori e alla fine ovviamente monetizzabili data l’impossibilità del loro recupero in loco (era così difficile prevederlo prima?). Si sono anche accorti tardi che le normative sarebbero entrate in forte conflitto con i Regolamenti Edilizi dei Comuni lombardi, naturalmente tutti rigorosamente diversi. Ma tra l’enorme quantità di regole scritte, modificate e revocate si sono rilevate anche sorprendenti omissioni, come l’obbligo di accessibilità attraverso l’ascensore, se presente nell’immobile (e la legge sugli handicappati?), ma soprattutto la legge non prevedeva una standardizzazione del loro disegno, costringendo il progettista a una risibile autocertificazione estetica, con il risultato di avere in breve tempo una vandalizzazione diffusa dei tetti degli edifici con effetti deleteri sullo sky-line della città.

Dimenticanza che ha dimostrato carenza culturale sorprendente visti gli effetti positivi che aveva avuto nel 1600 la normativa dell’ architetto. Mansart sui tetti delle case Francesi. O anche per le case milanesi costruite col regolamento edilizio approvato nel 1921 e ancora valido con aggiornamenti fino al 1982 e nel quale era normato il tetto alla Mansart.

Ma l’ultimo colpo alla credibilità della legge sui sottotetti viene dato recentemente dalla Commissione del Paesaggio, che nelle sue indicazioni sui progetti da loro desiderabili, illustra due sottotetti trasformati in semplici sopralzi di un piano alto 2,40 con copertura a terrazzo. Ma forse la Commissione del Paesaggio pensa che il tetto a falde non fa parte del Paesaggio Milanese, e che le interessanti tipologie create con il tetto a falde non siano una alternativa alla mono tipologia imperante dell’appartamento ?

Ha ragione Angelo Panebianco, alla base della costruzione di queste leggi c’è il “legislatore onnisciente” con la sua presunzione pari solo alla non conoscenza della realtà sociale che vuole regolare. Che è poi costretto a ripensamenti e marce indietro, con effetti deleteri sul lavoro degli operatori, quanto negativi sull’estetica della città.

 

Gianni Zenoni



Condividi

Iscriviti alla newsletter!

Per ricevere in anteprima sulla tua e-mail gli articoli di ArcipelagoMilano





Confermo di aver letto la Privacy Policy e acconsento al trattamento dei miei dati personali




Ultimi commenti