21 giugno 2011

Scrivono vari 22.06.2011


Scrive Isabella Inti – Ho visto il vostro recente servizio fotografico su ArcipelagoMilano, mi sembra un tema cruciale. Al riguardo, volevo segnalarle la mappatura degli spazi vuoti e sottoutilizzati che stiamo aggiornando sul sito web della ricerca TEMPORIUSO (http://www.temporiuso.altervista.org/?page_id=8). Già in passato, molto gentilmente, aveva dato modo a me e collaboratori del Politecnico di parlare di queste pratiche di riuso temporaneo, che si propongono di utilizzare il patrimonio edilizio esistente e gli spazi aperti vuoti, in abbandono o sottoutilizzati di proprietà pubblica o privata, per riattivarli con progetti legati al mondo della cultura e associazionismo, dell’artigianato e piccola impresa, dell’accoglienza temporanea per studenti e turismo giovanile, con contratti a uso temporaneo a canone calmierato. Volevo solo aggiungere che ci auguriamo che il nuovo Sindaco e giunta, possano guardare con nuovi occhi a queste pratiche e avviare presto delle serie politiche pubbliche al riguardo. La promozione di una mappatura dello sfitto da parte dei cittadini e studenti, potrebbe essere già un segnale in questo senso.

Scrive Luigi Carrera a Riccardo Lo Schiavo – Grazie per il bel commento, ironico ma amaramente vero e sincero. Il problema è che il PD non è ancora (lo sarà?) avvertito come un partito vero e credibile, diviso tra una tradizione (PCI; PDS; DS ecc) che avverto come ancora motivante tra quelli che vanno a far quella propaganda tradizionale e visibile e un nuovo che è tutto da vedere e costruire. Sono uno dei delusi dal PD (quanti?), contento della vittoria di Pisapia, preoccupato per il peso che i “vertici” (termine impegnativo) del PD milanese giocheranno durante il mandato del Consiglio e che vista la stupidità con cui hanno gestito le primarie c’è solo da spaventarsi. Se passiamo alla vitalità dei circoli la mia esperienza è stata assolutamente deludente, tra luoghi tristi e in cui della vecchia sezione del PCI l’unica novità mi sono sembrate le foto appese ai muri con un incredibile accostamento tra Aldo Moro e Berlinguer, stridente per chi ha vissuto la stagione delle BR. Il ceto politico che conduceva le danze era quello di vecchia tradizione, ma assolutamente incapace di un dialogo aperto, se non di facciata, fermo su una lettura del territorio vecchia come i muri che li ospitano. Grazie e speriamo che il vento ci liberi di quello che (anche nel PD) impedisce alla gente di sognare e di trasformare i sogni in progetti veri.

 Scrive Gabriele Belotti a Riccardo Lo Schiavo – Meno male che Lo Schiavo ha trovato il nuovo nemico da battere: il PD. Complimenti, ma prova a liberarti delle schiavitù. Nessuno, comunque, ti obbliga a essere del PD…

Scrive Carmelo Marazia a Riccardo Lo Schiavo – Concordo con l’articolo di Riccardo Lo Schiavo. Noi del PD abbiamo festeggiato nei nostri circoli, con tanta gente nuova, di nuovi simpatizzanti, ma un'”analisi del voto” è solo roba da vecchio PCI? La mancanza di “savoir faire” mi sembra particolarmente grave rispetto a quello che a me è sembrato un segnale particolarmente rilevante: la voglia di ritorno alla politica, l’attenzione a quello che, con tutti i suoi difetti, appare l’unico vero partito. I cittadini, mi sembra, sono stufi di personalizzazione (forse non è un destino ineluttabile delle democrazie moderne) e di antipolitica, anche a dispetto di una campagna del centrosinistra che è stata più una corsa personale di candidati, che guidata da parole d’ordine. Questo ho colto dai molti contatti sul campo della campagna elettorale e dalla mia personale analisi del volto. Anche la scelta delle primarie, a me che ho votato Boeri, mi era sembrata (anche) la scelta per un candidato con un profilo politico più marcato. Potrebbe essere un momento magico, che il PD, con tutte le sue debolezze organizzative, non può non cogliere, a partire da una campagna di tesseramento straordinaria, sicuramente. Ma c’è anche domanda di risposte sui grandi temi politici, che richiede un rafforzamento delle sedi di orientamento e dibattito, che non siano più solo i talk show televisivi. Sbaglio?

Scrive Tiziana Gatti a Massimo Cingolani – Premetto che non abito a Milano e nemmeno in Provincia ma, sono curiosa per tutto ciò che accade nelle Provincie che, come la mia, sono governate dalla sinistra. Leggendo quest’articolo mi ritrovo nel fatto che, alla fine delle elezioni, “deroghe” a parte, si comportino pressoché tutti allo stesso modo, chi arriva a una poltrona stabile fino alla durata del mandato sono spesso quelli che soffrono di “sindrome del baronismo”, magari e sicuramente e ci mancherebbe, meritevoli ma, ci sono anche i meritevoli che non hanno presenze generazionali, non vi pare? Lavoro in una azienda ospedaliera e questa sindrome la conosco bene, nella mia Provincia, la classica tipo Peyton Place è una sindrome molto diffusa anche in altre categorie. Se vogliamo essere diversi come governi di sinistra, soprattutto riformista, lasciamo spazio a tutti.

Scrive Giuseppe Vasta a Luca Beltrami Gadola – Credo anch’io che il nuovo Sindaco debba smarcarsi (senza farla fallire) da un’operazione mal impostata e mal gestita come Expo. D’altra parte non la può neanche affossare, perché altrimenti la responsabilità sarebbe solo sua, e le varie magagne e pasticci in ambito Compagnia delle Opere (Fiera, Infrastrutture Lombarde e chi più ne ha più ne metta) perderebbero risalto rispetto alla perdita dell’iniziativa. E d’altra parte ancora non può neanche sposare tutte le magagne facendole proprie… davvero una bella situazione, non lo invidio proprio! Solo una parola però sulla questione espropri. Per i terreni con destinazione agricola, ma urbanizzati (come vengono considerati abitualmente quelli a meno di 200 metri da un’infrastruttura – e qui ci sono strade, ferrovie, edifici, tutto), il valore di esproprio non è quello agricolo, ma quello medio di mercato dei terreni edificabili all’intorno. Non mi sembra quindi – per quanto mi dispiaccia – che la stima dell’Agenzia del Territorio sia così fuori dal mondo. E neanche che corrisponda necessariamente a riconoscere tale potenzialità presunta. Quando si espropria un terreno per fare dei servizi, ad esempio, la stima del valore tiene conto dell’edificabilità “potenziale”: ma questo non vuol dire che la si realizzi! Mi sembra insomma che la polemica di Boeri – per quanto animata da nobili intenti – non abbia un reale fondamento.

Scrive Ernesto Mambretti a Luca Beltrami Gadola – Ma Stefano Boeri cosa ci faceva nel progetto adottato da tutta la cricca, forse sarebbe meglio che se ne stesse da parte la sua credibilità è discutibile. Se non sbaglio è anche l’architetto del G8 berlusconiano della Maddalena. Ok ha molte preferenze ma Pisapia ha bisogno di gente nuova e integerrima.

Scrive Renata Lovati a Luca Beltrami Gadola – L’articolo è molto bello, il discorso di Pisapia tenuto a Parigi, imbarazzante, come è tutta questa triste vicenda. Noi sappiamo che un Expo diverso, diffuso e sostenibile sarebbe possibile ma non è quello su cui ha lavorato il Bie e la Moratti. Ma il prezzo che dovrebbero pagare i territori e i cittadini trascinati da questa manifestazione inutile e obsoleta è troppo alto. Nel Parco Agricolo sud stiamo combattendo contro tre infrastrutture stradali devastanti, il vecchio progetto Anas della Boffalora Malpensa, la Tem e ora anche la TOEM, e contemporaneamente lavorando con il DESR per un’agricoltura diversa, compatibile e per un’economia solidale. Con risultati confortanti, aziende in conversione bio, prodotti a filiera cortissima. L’ultimo progetto nato è Orti Colti. Per fortuna il 12 Giugno ad Albairate, sollecitata da tanti Sindaci e pendolari, è stata attivata la S9 e potenziato il servizio di treni sulla Milano Mortara. Sono immediatamente aumentate le auto parcheggiate nel mega parcheggio finora deserto… Non credo si debba continuare a sostenere questa gestione dell’Expo, aiutiamo Pisapia

Scrive Giuseppe Vasta a Mario De Gasperi – Sempre stimolanti, le considerazioni sul ruolo della finanza immobiliare. Solo, anziché l’analogia della miniera (si scava e si trova qualcosa che c’è, fino a esaurimento) preferisco quella – sempre proposta da lui – della zecca: dove cioè si crea (o si pensa di creare) dal nulla denaro virtuale, senza fine. A questo proposito il vertice, direi quasi metafisico, credo lo si sia raggiunto con le disposizioni del PGT di Milano relative alle attrezzature religiose: queste infatti “producono” una slp virtuale pari a quella esistente, che può essere rivenduta anche senza cessione del bene originario. Geniale. E attenzione che in teoria questo si può ripetere all’infinito (o, almeno, a ogni cambio di piano regolatore). E’ insomma la moltiplicazione dei pani e dei pesci, riservata – si badi bene – alle sole attrezzature della religione cattolica (per il combinato disposto con la legislazione regionale richiamata). Mah. Mi chiedo cosa ne pensi il Cardinale (quello uscente, Tettamanzi; di quello subentrante, Scola temo – chissà perché – che invece apprezzerebbe la cosa). Grazie a dio però forse il PGT è morto.



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