21 giugno 2011

cinema


 

BRONSON

di: Nicolas Winding Refn [UK, 2008, 92′]

con: Tom Hardy

 

Michael Gordon Peterson (Tom Hardy) guarda fisso in camera, e si presenta: «My name is Charles Bronson, and all my life I’ve wanted to be famous», dice nella versione originale. Un attimo più tardi lo ritroviamo destreggiarsi come attore – su un palco – davanti al suo pubblico, come se il sogno di raggiungere la fama si fosse realizzato. Bronson [UK, 2008, 92′] di Nicola Winding Refn racconta la storia di Michael Gordon Peterson, in arte Charles Bronson, aggressivo criminale che ha trascorso gran parte della sua vita in carcere. Refn, ripercorrendo il cammino di Peterson, ci regala un “segno premonitore” dal principio: inquadra il piccolo Michael nella culla, ma la telecamera si sofferma all’esterno del lettino e mostra il bambino quasi come se fosse in gabbia; felice e a suo agio nel suo piccolo spazio.

Il film però è lontano dall’essere un film biografico sul malvivente: la finzione prende in prestito la vita di Bronson dalla realtà, e ce la restituisce con una maschera. La stessa maschera che il protagonista usa sul palco del teatro, davanti al suo pubblico. Ma che cos’è quel palco? Forse, il palco è l’esternazione della sua anima: un’immagine per rappresentare l’auto-narrazione desiderata da Bronson, unica maniera per raggiungere quella fama artistica a cui aspira.

O, magari, il palco e la maschera sono due strumenti per rendere – in modo un po’ goffmaniano – l’esigenza di una “scena” su cui recitare la parte di se stessi. D’altronde Bronson ha trascorso la vita intera costruendo il suo mito, picchiando e aggredendo per ottenere un applauso. Ha dipinto l’arte della violenza, ha scolpito la sua esistenza con pugni e sangue. Ha rifiutato in maniera allergica il “retroscena” fuori dalla galera, per tornare rapidamente sullo stage. «La cella per me era una stanza d’albergo, un’opportunità», dice. E dentro sta felice e a suo agio, proprio come un bimbo nella sua culla.

Non ci sono altri protagonisti in Bronson. C’è solo lui, Michael detto Charles; interpretato da un Tom Hardy molto bravo. Refn gioca ancora con un corpo potente, massiccio, superiore, simile a quello dello schiavo di Walhalla Rising [Refn, 2009]. Alla fine, un portone si chiude portando con sé il buio, nel modo in cui calerebbe il sipario di un teatro. Niente applausi per l’attore. Niente bis. La vita del Bronson di Refn si congeda davanti a una platea muta; la vita del Bronson reale, invece, continua senza sapere ancora quando uscirà dal carcere ma, anche per lui, niente applausi.

Paolo Schipani

 

Il film, uscito in Gran Bretagna nel 2008, è stato distribuito nelle sale italiane a partire dal 10 giugno 2011.

 

 

LONDON BOULEVARD

di William Monahan, [USA Gran Bretagna, 2010, 103′]

con Colin Farrell, Keira Knightley, Ben Chaplin, Roy Winstone e Anna Frie

 

Mitchell (Colin Farrell), protagonista della pellicola che segna il debutto alla regia per l’americano William Monahan, è appena uscito di prigione e vorrebbe cambiare vita. Tre anni di galera per aggressione durante una rissa lo hanno profondamente segnato. Billy (Ben Chaplin), criminale dalle dubbie capacità al soldo del potente boss londinese (Ray Winstone), non è d’accordo. Attende bramosamente l’amico fuori dalla prigione per offrirgli un appartamento di lusso e un lavoro al suo fianco.

Mitchell è costretto ad accettare. Non per i soldi o per gli agi ottenuti senza batter ciglio ma per un legame con quel mondo fatto di violenza, droga e armi che è troppo forte per poter essere spezzato improvvisamente. Il suo desiderio di redenzione è, tuttavia, altrettanto profondo. Per provare a uscire dal giro non gli resta che accettare il lavoro di guardia del corpo personale a servizio della bellissima Keira Knightley, attrice ritiratasi dalle luci della ribalta dopo aver subito una violenza e ormai reclusa in un castello dorato attorniato da paparazzi.

Il protagonista di London Boulvard è la triste testimonianza che i patti criminali che legano a una criminalità organizzata cinica e spietata sono indissolubili. L’amore e l’illusione di una vita diversa non possono che rappresentare la sua fragilità e il suo tallone d’achille.

William Monahan, premio Oscar per la sceneggiatura del remake The Departed di Martin Scorsese, sceglie per il suo esordio alla regia un eccellente cast di attori britannici. La pellicola, tuttavia, non è per nulla inedita. Ci propone riferimenti, più o meno espliciti, a film già realizzati. Il titolo richiama innegabilmente quel famoso “Viale del Tramonto” (Sunset Boulevard, appunto) e la storia d’amore tra i due protagonisti, basata sulla fama e il bisogno di protezione, non può che riportarci alla mente Whitney Houston e Kevin Kostner in The Bodyguard film d Mick Jackson del 1992.

Gli aspetti innegabilmente positivi sono la Londra magistralmente fotografata da Chris Menges e la colonna sonora, arricchita dai pezzi dei Rolling Stones e di Bob Dylan, perfetta per immergere lo spettatore nel clima di crudeltà e violenza che accompagna tutta la pellicola. Un film adatto a quelle sere d’estate dove, si sa, il cinema è già andato in vacanza.

Marco Santarpia

 

In sala a Milano: The Space Milano, Orfeo Multisala, UCI Cinemas Bicocca, Plinius Multisala.

 

 

questa rubrica è a cura di Paolo Schipani e Marco Santarpia

rubriche@arcipelagomilano.org

 



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