14 giugno 2011

MILANO UN GIACIMENTO DI DEMOCRAZIA


Fino a qualche mese fa nessuno avrebbe scommesso seriamente sulla vittoria del centrosinistra a Milano, anche se qualcuno adesso sostiene il contrario. Tant’è vero che una delle maggiori preoccupazioni ad esempio del PD fu quella di avere delle “deroghe” che garantissero la rielezione dei consiglieri in carica. Poi le cose sono andate diversamente, visto che storia politica, economica, scientifica ogni tanto si caratterizza con successi inaspettati.

Questo dato inatteso è essenziale non sottovalutarlo, perché a parte la propaganda, è importante sconfiggere politicamente il centrodestra e riconquistare il governo del paese. Le forze politiche ed elettorali che hanno appoggiato Pisapia sono le stesse di Ferrante e non hanno presentato un messaggio particolarmente innovativo, dov’è allora la differenza?

La differenza rispetto a cinque anni fa è che una parte consistente di elettorato moderato milanese ha abbandonato la Moratti: si va dai commercianti del centro che non hanno visto una politica di difesa del tessuto sociale del commercio a scapito dei grandi network della distribuzione, a quei settori di professionisti delusi, ai piccoli imprenditori tagliati fuori da ogni possibilità di avere dei vantaggi dall’Expo, alle periferie frustrate dai piani fasulli sulla sicurezza. Per chi è spesso all’estero per lavoro, e a Milano non sono pochi tra i manager, ha influito anche l’opinione che si ha fuori dal paese del nostro premier e di conseguenza della sua espressione milanese.

Questo elettorato ha dimostrato di non essere più prigioniero dell’ideologia anti sinistra come è stata presentata da Berlusconi in questi anni e non ha avuto nessuna paura a favorire un candidato alternativo. Un atteggiamento di questo genere vuole anche dire l’appoggio di questi settori sarà necessario “meritarselo” e questo lo si può fare solo recuperando il meglio della tradizione riformista che si è distinta al governo della città fino agli anni ottanta. Il laboratorio del programma, anche se molte volte condizionato da atteggiamenti di radicalismo di principio, si è caratterizzato dalla ricerca di ipotesi riformiste e innovative verso Milano.

Un primo segnale potrebbe essere quello di fare in modo che, fatte salve un minimo di “deroghe”, tanto per rimanere nella migliore tradizione del centrosinistra, i rappresentanti da inserire nei vari consigli di amministrazione siano sottoposti a un minimo di selezione, magari tipo primarie o concorso, basato su uno standard minimo di merito. Oltretutto il concetto di standard minimo di merito è un principio abbastanza diffuso nelle imprese. Secondo individuare alcuni settori di lavori, in particolare per i giovani, da sviluppare tenendo conto che una Milano con più attività e viva è anche più sicura.

E’ chiaro che il soggetto che avrà maggiori responsabilità sarà il PD, soprattutto gli eletti tenendo conto che se prendiamo come riferimento i criteri di selezione dei gruppi dirigenti fatti con congressi e primarie, gli ultimi dei non eletti, solo per il numero di preferenze, sono più rappresentativi dei gruppi dirigenti in corso.

Il successo del PD sta a significare che un elettorato maturo lo vede, nonostante alcuni limiti, come l’unica forza in grado di “governare” una nuova Milano e un ulteriore prova di maturità è stata il numero elevatissimo di preferenze date a Boeri, in un contesto di tradizione non particolarmente attenta a questo, che lo “costringe” ad avere un ruolo di forte peso e visibilità istituzionale e uno altrettanto rilevante all’interno del partito.

Massimo Cingolani



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