14 giugno 2011

REFERENDUM. GLI IMBROGLIONI IN CAMPO


Fino all’ultimo i principali responsabili dell’autocrazia berlusconiana, con l’aiuto degli intellettuali a l’appui, hanno usato tutte le peggiori scartine del repertorio dell’imbroglio e della piccola truffa da angolo di strada, non per vincere una battaglia contro un avversario politico, ma per impedire al popolo italiano di scegliere liberamente. E’ fuor di dubbio che il referendum faccia parte della battaglia politica; sostenere che “Ma la consultazione non sia occasione di battaglia politica. Attenti a non distorcere il senso del voto” come ha scritto Michele Salvati (Corriere, 11 Giugno, 2006, pag.6) è semplicemente sbagliato: concettualmente per quanto riguarda il senso dell’istituzione referendaria, che è squisitamente politica, vi si fa ricorso proprio per saggiare la “volontà popolare” quando gli altri mezzi sono stati esauriti.

E, nell’occasione specifica, perché in questo particolare caso è impossibile scindere il significato di scelta politica generale di questa consultazione dal destino di Berlusconi e di Bossi che (in modo che a me pare inspiegabile) ci hanno messo la faccia e l’hanno persa clamorosamente. C’è veramente poco da distorcere: forse a non separare il senso di questo voto da un significato che non sia eminentemente politico, non ci riescono neppure i bravi barbieri di Aldo, Giovanni e Giacomo.

E’ interessante notare che nell’atmosfera da “Crepuscolo degli dei” di questi giorni il potere in crisi raschia il fondo del barile, persino il Magdi “Ma-che-cristiano-sei” Allam dice la sua, questa volta non sulle moschee, ma sull’etica civica e istituzionale riprendendo uno dei più frequentati luoghi comuni del dibattito e cioè che il non andare a votare sia una opzione legittima. Che sia una opzione non ci piove: quanto legittima è discutibile.. Che in un referendum ci sia libertà di astenersi è un truismo lapalissiano: come nella maggior parte dei paesi democratici, in Italia il voto è libero e persino quel modesto incentivo che nei primi anni della repubblica era utilizzato, con il concetto di “dovere civico” è stato abolito. Ma l’uso dei diritti, come insegnano in tutti i corsi di primo anno di Giurisprudenza, può essere onesto o causidico e chicaneur. In particolare nel caso dei referendum in corso era perfettamente legittimo avere perplessità, per esempio, sulla ripresa del nucleare, ma c’era un modo onesto per esprimerle: andare al seggio, prendere la scheda e votare scheda bianca.

Poi c’è un modo codardo e da bari, che è quello di intorbidare il proprio voto contrario al referendum, mescolandolo con l’astensione: è una tecnica che io personalmente ritengo vigliacca e stupida, perché non permette neppure a chi perde di sapere di quanto ha perso ed è, al fondo, un atto di spregio per i propri sostenitori che diligentemente sono andati a votare no e che non vedranno neppure il risultato della loro fatica. Ed è anche stupida perché se si raggiunge il quorum, i “no” vengono sepolti, di nuovo umiliando, come sta avvenendo ora, i propri sostenitori onesti. Come livello di coraggio civile questa tecnica d’intorbidamento non è dissimile da quella dei miliziani armati che si mescolano alle folle di civili per poter sparare senza essere individuati.

Nelle sue lettere dal carcere Antonio Gramsci fa un’interessante osservazione antropologica confrontando le abitudini dei giovani italiani che passano molto tempo a giocare a carte, (una attività in cui si eccelle anche come spiega Gramsci, con le miserabili furbizie, le strizzatine d’occhio, le toccatine di piedi, i segni convenuti con le dita e via dicendo) con le abitudini dei giovani inglesi che passano molto tempo a darsele di santa ragione su un campo da rugby o da calcio. Fermiamoci al rugby. Il povero Gramsci non poteva immaginare che gli italiani avrebbero trasformato anche il calcio nel gioco della zecchinetta. Ma vale anche per gli sport nobili, molti golfisti italiani hanno un buco nella tasca dei pantaloni così se la palla va a finire in acqua danno un’occhiata in giro e oopplà una pallina ricompare sull’erba a dieci centimetri dalla buca.

Ed esattamente così fanno i Bossi, i Berlusconi i Formigoni, sicuri che tanto gran parte degli italiani se ne frega: li vediamo tutti contenti andare al mare e, se posso fare una osservazione senza essere accusato di lombrosianesimo, mi sembrano veramente brutti. Venti anni fa potevano anche ispirare a metà degli italiani (mai di più) l’idea di vitale novità, oggi guardateli: Formigoni compare sullo schermo, con vestiti che l’associazione milanese della moda dovrebbe diffidarlo dal mettere per non rovinare il mercato e ispido come Arafat appena uscito dal barbiere, con il solito fà de toeu in gir semper la gent! Oggi può sfottere solo a se stesso perché uno che propone il Berlusconi di Deauville per il Quirinale forse poteva far ridere al varietà dello Smeraldo, ma ora rischia di essere portato alla Neuro.

Guido Martinotti



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