7 giugno 2011

AUTOSTRADE: UOVA D’ORO E GALLINE SPENNATE BIPARTISAN


Le strade lombarde, per ragioni oscure, sono di due tipi: molte sono in ottimo stato e a pagamento, e moltissime altre, che servono ancora più traffico e sono persino più congestionate, sono in cattivo stato, con pochi investimenti e gratuite. Ma funzional-mente questa distinzione non ha alcun senso: deriva solo dalla scelta di rilasciare concessioni per strade a pedaggio, cioè di fatto di tassare il servizio stradale su alcune direttrici, e su altre no.

Ma le strade devono essere tassate? In linea di massima, no. Non lo sono negli Stati Uniti, in Germania e in Inghilterra. Le autostrade a pedaggio dominano in Francia e Spagna. Le “strade ferrate” poi non sono tassate in nessun paese (qui si parla di tasse per recuperare i costi di costruzione, i costi di esercizio e manutenzione sono relativamente bassi, per le infrastrutture di questo tipo).

E la teoria economica suggerisce proprio che per le infrastrutture gli utenti dovrebbero pagare al massimo i costi di manutenzione. Se però lo stato è senza soldi, può legittimamente decidere di far pagare ad alcuni utenti anche parte dei costi di investimento (e solo fino all’ammortamento dell’investimento stesso, poi il pedaggio dovrebbe ridursi comunque moltissimo). Di fatto, si tratta di un aumento delle tasse, e non dovrebbe essere arbitrario come è ora.

Il problema è che per le autostrade italiane i pedaggi recuperano molto di più dei costi di investimento e di esercizio: sono “galline dalle uova d’oro” per tacito consenso bipartisan dei politici, padroni di molte concessioni, e ovviamente dei concessionari privati. Tanto gli automobilisti pagano qualunque cosa e vengono sistematicamente disinformati. Siamo nel “migliore dei mondi possibili”. Il meccanismo è perverso, ma semplice: al concessionario, pubblico o privato, viene riconosciuto in tariffa, oltre tutti i costi che affronta, anche la remunerazione del capitale. Ma non solo di quello investito inizialmente (che sarebbe già cosa discutibile se fosse capitale di rischio), ma quello che si forma nel tempo con i profitti. E’ una spirale senza fine, che ha visto molti concessionari decuplicare profitti e capitale.

I privati ovviamente tendono a massimizzare i profitti. E’ il comportamento della politica che è scandaloso: lascia spennare gli utenti perché si spartisce con i privati il ricco bottino. Da qui le “guerre” politico-affaristiche per la Serravalle e le tangenziali. E la corruzione trova fertile terreno quando si maneggiano fiumi di denaro sottratti a ogni controllo in difesa degli utenti. Non c’è nessuna autorità indipendente che li tuteli, nonostante la sua istituzione sia richiesta a gran voce da molti anni.

Per inciso, questa infinita “disponibilità a pagare” degli utenti della strada, confrontata a quella degli utenti della ferrovia, che è quasi nulla, dovrebbe far riflettere sull’utilità economica dei due modi di trasporto (per l’ambiente ci pensano le alte tasse sulla benzina, come prescrive la Commissione Europea). Se per esempio gli utenti dell’Alta Velocità, certo non proletari, dovessero pagare l’infrastruttura come gli utenti autostradali, le loro tariffe triplicherebbero.

Ma l’orrore non finisce qui: anche nel contesto che abbiamo descritto, la trasparenza potrebbe aumentare e gli utenti potrebbero trovare qualche difesa: infatti la legge prevede che le concessioni in scadenza siano messe in gara (le concessioni poi sono assurdamente lunghe, come ha invano richiamato l’Antitrust). Ma la legge viene continuamente aggirata, e si è arrivati al punto che la cosa è stata persino resa esplicita: un presidente di un’autostrada pubblica ha dichiarato alla stampa (all’ “Alto Adige”) “L’Europa ci obbliga ad andare in gara, ma basta truccare un po’ il bando….”. Nessuno ha battuto ciglio, tanto la prassi è considerata normale.

Che fare per un’amministrazione locale che voglia cambiare questo inammissibile scenario (in attesa di una autorità indipendente di tutela degli utenti)? Trasparenza sui conti, innanzitutto. Dichiarare i profitti da monopolio agli utenti, tramite una certificazione “terza”, fatta per esempio dall’Antitrust. Poi decidere se rinunciarvi abbassando le tariffe (come sarebbe giusto), o dichiarare come si intende utilizzarli (per quali scopi sociali). Infine, stabilire un organo di controllo fatto dai rappresentanti degli utenti stradali che verifichi come vengono spesi i loro soldi, e ne dia conto pubblicamente.

Marco Ponti



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