31 maggio 2011

musica


 

GIOVANI PIANISTI RUSSI

Yevgeny Sudbin è un ragazzo alto e sottile con un’aria particolarmente seria e pensosa e un atteggiamento riservato e gentile che tuttavia esprime grande sicurezza e determinazione; arriva in palcoscenico camminando lentamente, con la testa bassa di chi non vuole perdere la concentrazione, saluta il pubblico con un profondo inchino, siede al pianoforte, si aggiusta lo sgabello e prima di mettere le mani sullo strumento rivolge al pubblico un lungo sguardo sorridente quasi come per dirgli “bene, siamo tutti a posto? possiamo cominciare?”.

Probabilmente nella sala Verdi del Conservatorio, l’altra sera, c’erano anche parenti e amici perché qua e là, associata a sguardi benevoli verso il palcoscenico, si sentiva l’inconfondibile cadenza della lingua russa; ma la benevolenza era un sentimento palpabile in tutto il pubblico delle Serate Musicali, un pubblico che conosce Sudbin da ormai 10 anni e che a ogni suo concerto rimane incantato non solo dalle belle maniere ma sopratutto dai programmi che propone e dalle interpretazioni che ne offre.

Cominciamo dal programma: nella prima parte Haydn (Sonata in si minore) e Liszt (tre sonetti del Petrarca dalla seconda Année de Pèlerinage), nella seconda la terza Ballata di Chopin e otto Preludi di compositori russi del primo novecento – quattro di Šostakovi? e quattro di Rachmaninov – le cui tonalità erano fra loro magistralmente accostate (prima si minore, la minore, la bemolle maggiore e re minore, poi sol diesis minore, fa minore, sol maggiore e sol minore; un gioco di rimandi e di contrasti perfettamente coerente non solo con i testi musicali ma con l’intero movimento artistico di quegli anni, tanto da farli sembrare ispirati direttamente da Kandinskij!). Dunque Sudbin dapprima ha messo a confronto la classicità di due mitteleuropei che si sono passati il testimone fra il sette e l’ottocento, legati entrambi alle terre di Ungheria; poi ha ceduto il posto a Chopin (il binomio Liszt – Chopin appartiene intimamente alla storia della musica) e – passando dall’otto al novecento – ha accostato al grande polacco due suoi meravigliosi epigoni slavi (l’uno più spinto in avanti, l’altro forse più rivolto all’indietro), entrambi immersi in quel brodo culturale franco-russo che ha caratterizzato la loro epoca.

Ma il grande fascino del concerto era tutto, ovviamente, nella cifra interpretativa di Sudbin che non esibisce mai la sua tecnica perfetta, neppure nei passaggi più complessi eseguiti con invidiabile naturalezza; ha una energia non comune che controlla con serenità e con un atteggiamento sempre riflessivo; i suoi fortissimo non sono mai pestati, i pianissimo sussurrati senza forzature; si sente la profondità del pensiero che gli guida le mani, il significato esatto che attribuisce a ogni nota. Soprattutto si sente una passione formidabile, mai smodata, sostenuta dall’attenzione per i particolari e dalla costante ricerca di compostezza e di equilibrio.

Ci si chiede dove si è formato tanto talento in un ragazzo che nasce a San Pietroburgo nel 1980 e lì riceve la prima formazione musicale, nel ’90 si trasferisce a Berlino e dal ’97 vive a Londra; ha il suo primo contatto con il pubblico a Cadenabbia, all’International Piano Foundation del lago di Como, e da lì in poi suona in tutto il mondo raccogliendo ovunque successi. Non deve avere avuto vita facile, spostato a soli dieci anni dalla difficile San Pietroburgo della perestrojka e della glasnost alla Berlino traumatizzata dalla caduta del muro, a diciassette portato nelle aule severe del Royal College of Music di Londra, cambiando ogni volta insegnanti, compagni e amici; tuttavia non è un caso isolato se sempre più spesso leggiamo biografie simili, riferite a giovanissimi uomini e donne provenienti dal mondo ex sovietico, ed è commovente vedere l’impegno con cui questi ragazzi studiano ed eseguono musica dell’Europa occidentale – che non è quella della loro infanzia e delle loro famiglie – e la gioia con cui si sciolgono appena possibile nella musica del loro paese, proponendocela orgogliosamente come per un personale riscatto. Proprio così Sudbin ha concluso il concerto dell’altra sera, eseguendo con composta fierezza la musica dei due suoi grandi concittadini.

 

 

 

Musica per una settimana

 

 

* giovedì 2, venerdì 3 e domenica 5 all’Auditorium l’orchestra Verdi, diretta da Xian Zhang, e l’omonimo Coro Sinfonico istruito da Erina Gambarini, eseguiranno “Ein deutsches Requiem” (il famoso requiem tedesco) di Johannes Brahms per soli, coro e orchestra

* domenica 5 alle 11, sempre all’Auditorium, si conclude il ciclo diretto da Giuseppe Grazioli dedicato alle musiche di Nino Rota “la leggerezza dell’ascolto” con l’ouverture “La fiera di Bari” (prima esecuzione a Milano), la ballata per corno e orchestra “Castel del Monte” (corno Giuseppe Amatulli), le Variazioni sopra un tema giovanile e la Suite dal film “Il Padrino”

* ancora domenica 5 l’orchestra Filarmonica della Scala, diretta da Frank Strobel, chiude la sua stagione eseguendo dal vivo la colonna sonora scritta da Gottfried Huppertz per il film “Metropolis” di Fritz Lang, del 1927, mentre sarà proiettata la pellicola restaurata e integrata, dopo il suo ritrovamento a Buenos Aires nel 2008, di alcuni minuti che si credevano perduti

* lunedì 6 al Conservatorio per le Serate Musicali, vi sarà Andrea Bacchetti al pianoforte con un programma interamente dedicato alla musica barocca di Galuppi, Marcello, Paisiello, Soler, Scarlatti e Rossini con l’inserto del brano “Rimembranze” di Guido Alberto Fano

* martedì 7 all’Auditorium della Fondazione Cariplo, sempre per Serate Musicali, Uto Ughi, Marise Regard, Francesco Fiore, Franco Maggio Ormezowski e Luca Giganti eseguiranno il Quartetto in do minore opera 18 n. 4 di Beethoven e il Quintetto in do maggiore opera 163 di Schubert

 

* mercoledì 8 al Conservatorio, per la Società dei Concerti, gli Stuttgarter Philarmoniker diretti da Walter Weller eseguono il Concerto n. 1 in mi bemolle maggiore e la Totentanz per pianoforte e orchestra di Liszt (al pianoforte Boris Berezowski) e la Sinfonia n. 8 in sol maggiore opera 88 di Antonin Dvorak

questa rubrica è a cura di Paolo Viola

rubriche@arcipelagomilano.org

 



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