24 maggio 2011

SARFATTI, IL SORRISO MATURO DI MILANO


Per chi sa leggerlo, c’è un sorriso che aleggia su questa svolta travolgente, ricca di entusia-smo, di impegno, di speranza, ma anche di una grande e consapevole responsabilità, come compete a una comunità cittadina che sente il carico di essere una delle grandi capitali europee, e a cui si è sempre guardato come modello d’innovazione, di modernità e di efficienza produttiva in senso lato. E’ il sorriso timido, velatamente malinconico, rassicurante e marcatamente soddisfatto, di Riccardo Sarfatti.

Uno sguardo dolce, una voce e un pensiero ancora vivi nel dibattito politico lombardo e milanese in particolare. Non credo sia un caso, che le tappe del cammino verso il traguardo significativo di un ballottaggio liberatorio siano in qualche modo segnate, ancora, da quel colore arancione, che lui per primo fece suo e che volle abbracciasse gli sforzi e gli intenti comuni per un vero e diffuso “Rinnovamento della politica”.

Il riscatto di un centrosinistra, che oggi si riunisce largo e compatto attorno a Giuliano Pisapia, era atteso da quel miglior risultato che Riccardo Sarfatti fece registrare nella corsa con Roberto Formigoni, per la presidenza della Regione Lombardia. Un’evoluzione degli eventi e una maturazione delle coscienze che Riccardo avrebbe preferito fossero caratterizzate da un processo a matrice Partito Democratico, per cui vedeva in Stefano Boeri il protagonista a cui affidare il testimone per il rush decisivo. Ma che insieme a lui oggi avremmo ritrovato a sostenere Pisapia, nel suo lavoro di tessitura, per ricomporre una trama cittadina sensibile alle problematiche quotidiane di ciascuno e attenta alle istanze di partecipazione di ognuno. Soprattutto di quelle più trascurate e snobbate dal dilagare di un arrogante berlusconismo e di un più miope formigonismo.

“Vorrei che fosse di tutti”, sosteneva Sarfatti, “la convinzione che da troppo tempo si è persa la capacità di connettere in un progetto di ampio respiro, che voli alto e sappia proporre “futuro”, le due caratteristiche strutturali che definiscono oggi Milano e la Lombardia. Una forte carica di modernità, effettivamente connessa con l’Europa e con il Mondo, e un’altrettanto diffusa presenza di disagio sociale, di povertà e di precarietà crescente”.

Il merito di Giuliano Pisapia, del Partito Democratico lombardo e delle altre forze che ne sostengono la candidatura a Sindaco, è di aver ridato slancio all’auspicio di Riccardo: “Un progetto capace di proporre un nuovo sviluppo, in armonia con le esigenze di qualità (non di tutti) del produrre, ma che trovi negli strumenti e nei modi del superamento del disagio sociale, ulteriore e decisivo impulso. Sia per la realizzazione effettiva di sviluppo, sia per rispondere al principio ineliminabile della universalità dei diritti. Perché una cosa è certa, non può esservi miglioramento complessivo della qualità della vita, se esso non tocca tendenzialmente tutti e ognuno”.

La risposta corale, univoca e per certi versi sorprendente, ripaga il lavoro perseverante di troppi anni e di altrettanta amarezza. L’orizzonte piatto, fin troppo verde e brumoso, è finalmente squarciato dai colori arancio di un’aurora annunciatrice di nuovi riverberi. “Dobbiamo esserne orgogliosi”, sarebbe stato ancora lo stimolo di Riccardo, “perché l’entusiasmo e la freschezza sono le caratteristiche di ogni nuovo stato nascente”.

La “mitezza” era una caratteristica evidentemente comune a Sarfatti e Pisapia. Sia essa la forza del nuovo vento di cambiamento che da Milano, di soffio in soffio, arrivi a scompigliare la deriva mediocre di un’Italia rassegnata. Abbracciare con caloroso impeto il popolo dal sorriso arancione, per tenerlo compatto e determinato. E riportarlo, magari con qualche amico in più, verso l’appuntamento cruciale di una domenica di fine primavera. Una storica domenica di maggio, immortalata dal sorriso di Giuliano Pisapia nuovo Sindaco di Milano.

 

Antonio Gelormini

 



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