10 maggio 2011

MILANO 2011, PROVE DI TERZA REPUBBLICA?


Comunali 2011: Milano, Torino, Napoli, Bologna …., ma nel Paese non si parla che di Milano. A torto o a ragione, si crede che in politica tutto cominci e finisca a Milano: socialismo riformista e fascismo, centrosini-stra e giustizialismo. Così speriamo anche del berlusconismo, divenuto sintesi dello sfascio della Seconda Repubblica. Ci piace pensarla così, ce lo ripetiamo con orgoglio cittadino, e certo non siamo lontani dal vero, tanto più che pare che Milano sia di fronte a un nuovo momento di svolta. Oggi le elezioni si intrecciano con il tramonto del regime di Berlusconi: vittoria o sconfitta possano segnare duro contrasto o ulteriore dilagare della metastasi di un sistema di potere ormai apertamente eversivo.

Milano questione nazionale, certamente, anche se Giuliano Pisapia fa benissimo a sfuggire al tentativo della Moratti di “buttarla in caciara”, agitando provocatoriamente pseudo questioni generali. Tenere la barra dritta sulle questioni della città, del vivere in Milano, dell’abitare, del muoversi, del curarsi, del lavorare, è politicamente accorto. Altra cosa è la comprensione sottostante del momentum nazionale delicatissimo in cui si collocano le elezioni cittadine. L’indebolimento di Berlusconi non porta con sé un addolcimento delle sue posizioni, ma semmai un ulteriore inasprimento, condotto con mosse da belva ferita, in un delirio di onnipotenza che farebbe sorridere se non fosse tutto ormai terribilmente pericoloso. Si gioca con il fuoco, al punto che la stessa Lega, di cui tutto si può dire tranne che manchi di sagacia bertoldesca, sempre più fa scudo al Presidente della Repubblica.

Ancor più preoccupato è il Partito Democratico che, registrando lo sfaldarsi di componenti importanti del centrodestra originario, si interroga sulla strategia più efficace per contrastare i frutti avvelenati del tramonto di Berlusconi: la morte della Prima Repubblica avverò l’augurio del “non moriremo democristiani”, ma aprì, a conti fatti, una stagione da incubo. Attenzione che la fine della Seconda non ci introduca nel baratro della Terza. E dunque la domanda politica chiave attorno a cui ruotano le riflessioni del PD è la seguente: il centrosinistra dispone, nel suo recinto, delle forze necessarie non solo per battere elettoralmente Berlusconi, ma anche rifondare e governare il Paese? E’ in grado non solo di raccogliere i voti, ma di aggregare politicamente le forze sociali che possono davvero sostenere il peso del Paese? Lo schema dell’Unione, il “tutti dentro” da Mastella a Turigliatto, è fallito con Prodi nel 2008 in un tonfo così disastroso che tuttora, a quasi tre anni da allora, ne portiamo ancora le ferite sanguinanti. Né Veltroni con il PD autoreferenziale ha fatto meglio.

E la seconda domanda è “in quale scenario si può porre fine al regime berlusconiano: intesa costituzionale con il centrodestra “che ci sta” per estromettere Berlusconi, rifare le regole del gioco, lasciare campo alla “normalizzazione” del centrodestra e poi di nuovo contarsi su schieramenti bipolarmente contrapposti, o scomposizione e ricomposizione delle forze politiche, nel quadro dischiuso da una nuova legge elettorale, che renda possibile l’alleanza delle componenti moderate-riformiste dei due schieramenti, riducendo così lo spazio politico alle estreme? Bersani per ora non scioglie il quesito, anche perché ne va della stessa esistenza politica del Partito Democratico. Sembra però prevalere la prima ipotesi non in assoluto ma come passaggio preliminare essenziale per aprire, su nuove e più favorevoli basi, i giochi successivi, quali che essi siano.

La politica è “arte del possibile” si dice, in realtà è “arte del necessario”, dove la possibilità è l’arco delle opzioni che si debbono ricercare e praticare per far vivere la necessità politica. Cosa è oggi necessario? Più di ogni altra cosa, è necessario porre fine al regime di Silvio Berlusconi e con lui a una Seconda Repubblica che ha interamente tradito le tante attese. Cosa è necessario per avvicinare questo obiettivo? Unire tutte le forze che condividono questa prospettiva. Cosa si deve fare per unire forze distanti ma disponibili a un obiettivo comune? Definire alcuni, essenziali, punti su cui convergere politicamente per riaffermare i valori fondativi della Società e dello Stato e per ridisegnare il quadro istituzionale entro cui rinnovare la nostra società: la Terza Repubblica.

Se il durissimo PCI del ’44 seppe venire a patti con la screditata Monarchia badogliana pur di sconfiggere il nazi fascismo, sapremo noi individuare gli alleati “necessari” per archiviare Berlusconi? Bersani ha evocato lo spirito di un “nuovo CLN” e questo, non altro, è il quadro di riflessioni e iniziative politiche in cui si gioca la partita milanese. Ma molti faticano a capire, e anche nel Partito Democratico locale non manca una incomprensione dei termini politici essenziali del tema, che si traduce in un ritardo grave di iniziativa politica.

Così, eccoci inevitabilmente arrivati a Milano, alla Milano Laboratorio dell’Innovazione Politica, alla Milano che è alba e tramonto dei movimenti politici. Una città dove vivono 1.300.000 persone e 280.000 imprese, dove la trasformazione da città industriale a città dei servizi ne ha mutato funzione e carattere sociale, dove coesistono persistenti fasce di bisogno con un ampio e caleidoscopico repertorio delle professioni legate all’immateriale, ai servizi e alla distribuzione commerciale. Ricordiamolo, viviamo in una città fatta così, non in un’altra immaginaria.

E ora facciamoci la domanda chiave: può il centrosinistra, così com’è fatto oggi, con il suo effettivo insediamento sociale, avanzare la sua candidatura al governo di questa città senza trovare un dialogo proficuo con almeno parte della sua classe dirigente, dell’estesissimo ceto commerciale, del mondo delle professioni che è “cuore” della città e ha nel suo DNA l’individualismo imprenditoriale? E si può pensare che questo dialogo possa avvenire senza innovare la nostra proposta, dato che non si tratta, solo, di compiere con successo una azzeccata manovra elettorale, ma di disarticolare e ricomporre un vero e proprio blocco socio culturale?

E come compiere questa operazione se non, anche, intessendo un fitto dialogo con quelle forze che sono disponibili a sedersi al tavolo, non certo per portarci i loro voti “a gratis”, ma per costruire alcune premesse di governo senza la Moratti? Come, insomma, scrivere originalmente in milanese ciò che a Roma è in corso di elaborazione (la Terza Repubblica) e come trovare spazio e contenuti per aprire una nuova Stagione di Riforme?

Di tutto questo, anche se non proprio in questi termini, si è cominciato a parlare sabato scorso tra Stefano Boeri e Manfredi Palmeri, in occasione dell’incontro sul tema “Quale governo, per la nuova Milano?”, promosso da La Fabbrichetta con il Centro di Formazione Politica, e non è stato un parlare invano. Bonomi e Bassetti, tra gli altri, hanno ben chiarito scenari, questioni e “necessità”, stimolati da un Pier Vito Antoniazzi, a cui certo non difettano né visione né coraggio della “solitudine”. Verrà buono questo inizio di ragionamento, quando andremo, speriamo, al ballottaggio e qualcuno dovrà per forza bussare a certe porte per giocarsi l’ultima partita? Vedremo, siamo però convinti che intanto era “necessario cominciare”, e non importa se tutti si mettono in viaggio subito: On s’engage, et puis on voit. Si cominci e poi si vedrà, …. le salmerie seguiranno.

Giuseppe Ucciero

 



Condividi

Iscriviti alla newsletter!

Per ricevere in anteprima sulla tua e-mail gli articoli di ArcipelagoMilano





Confermo di aver letto la Privacy Policy e acconsento al trattamento dei miei dati personali




Ultimi commenti