3 maggio 2011

PAOLO ROMANI: INTENDERE E VOLERE?


Forse quello che sto per dire non è strettamente legato alla competizione amministrativa, ma in un certo senso lo è perché, forse tendiamo a dimenticarcene, ma siamo in guerra: non una guerra “umanitaria”, come in Iraq o in Afghanistan, ma una vera guerra guerreggiata contro una nostra ex colonia (come se gli austriaci si mettessero a bombardare Milano) con la quale per di più siamo legati da un patto di “amicizia”, di non aggressione e aiuto militare. Una guerra che poteva essere evitata, se fossimo stati condotti da un vero leader di stato e non da una squadra di rara insipienza. Secondo, ma lo discuterò prima si tratta della boria e della celata violenza di questa maggioranza, di questi padroni che trattano tutti, compreso i loro alleati, specie se “femmine” come serventi.

Devo comunicare a qualcuno il mio sgomento e la mia indignazione per il contenuto e la forma dell’intervento del Ministro Romani al TG3 di mezzanotte di mercoledì scorso. Si badi bene che il Ministro Romani sarebbe il responsabile attuale del dicastero sotto cui ricadono le vicende di Parmalat, che sono abnormi da molti punti di vista, ma coinvolgono (oltre a quelli degli azionisti che hanno già dato addio ai loro soldi) i destini di centinaia di imprenditori con migliaia di dipendenti largamente legati anche territorialmente a una Parmalat di Parma; è anche il dicastero che si occupa dell’Alitalia e basta fare il viaggio Malpensa Kennedy e ritorno per provare un senso di desolazione da quarto mondo.

E’ anche, e di questo si parlava, il ministero responsabile della colossale sòla nucleare. Non voglio aggiungere altro se non fare notare il triste cimitero della politica industriale italiana, da un punto di vista strettamente imprenditoriale e capitalistico, non da altri più sofisticati angoli: chi guarda ai risultati non può che chiedersi chi siano stati i dilettanti allo sbaraglio che se ne sono occupati negli ultimi anni. E i responsabili (incluso il ministro in carica che assumendo l’incarico se ne assume anche gli oneri) dovrebbero presentarsi con l’aria riservata di chi ha qualche serio problema da risolvere.

Invece si presenta questo signore che padroneggia il flusso di parole come un automa del settecento, passando sopra la logica con la tranquilla sicumera con cui Rummy Rumsfeld faceva correre i tanks sulle autostrade deserte verso Bagdad il famoso giorno della “vittoria” su Saddam. E si mette a parlare con pretesa competenza di bombe intelligenti, lo stesso giorno in cui una di queste bombe ha infilzato la porta sbagliata e ammazzato dodici nostri alleati. Perché vedete, una cosa che tutti questi strateghi da salottino rococò non capiscono, è che sul campo di battaglia non è come al bar: tirare un missile da un Tornado è un po’ come cercare di fare una carambola d’acchitto su una nave che rolla in una tempesta. Se poi si infila la buca sbagliata (quante volte l’abbiamo sentito in questi anni? Cruise che centravano pacifici convogli in Serbia, o i matrimoni di contadini iracheni, per non parlare di Afghanistan o Gaza) kismet, fatalità! La prossima volta faremo meglio.

Quanto alla logica, sentite un po’ qui: “Il problema centrali si centrali no, è superato, oggi noi (?) in Europa (?) stiamo discutendo della sicurezza”, Romani ha ripetuto questa frase più volte con il tono di chi dice, bambino lasciami lavorare. Ora (a parte che non si capisce chi e dove farebbe questo ragionamento alato in Europa, dato che noi non siamo nel club) visto che la decisione se fare o non fare le centrali dipende quasi esclusivamente dalla sicurezza, come si può dire che il problema “centrali si centrali no” è superato, se ancora non abbiamo ancora risolto il problema della sicurezza? Ammenocchè, ma questo è evidente solo sottotraccia, non si voglia dire, noi abbiamo deciso che le centralo si faranno, adesso stiamo solo discutendo del modo con cui indorare la pillola facendo maquillage al problema della sicurezza. Oppure l’altro ragionamento pazzescamente farlocco che siccome in Svizzera ci sono quattro centrali, che per di più sono pericolose, tanto vale che ne facciamo una anche noi, pericolo più pericolo meno. “Che fai appicchi il fuoco alla casa?” “Tanto sta già bruciando quella del vicino”. Ma chi sarebbero i decerebrati che possono accettare questi argomenti?

Il Ministro Romani dice tutte queste cose con la faccia e le mani lisce di un senatore americano dei film tipo “Dynasty”, o Ranger Walker, il massimo della distinzione plastificata nelle televisioni hollywoodiane. Il tutto con modi di tranquilla ovvietà manageriale, con tutte le mossette giuste, “mi consenta qui, mi consenta là…” (il seguito implicito di questo detto ce l’ha illustrato, con ombrelli e banane per anni Altan sulla prima pagina della Repubblica) sembra una di quelle servizievoli macchinette che mettendo i soldi e tirando la leva allineano tutti i fruttini a dovere (i milanesi le chiamano con un termine scurrile che finisce in …dollar) sicuri che comunque non vinci mai. Metti dentro la linea da tenere, tiri la leva e vengono fuori le parole in bella fila: e la logica e la coerenza vadano pure in cavalleria.

Ma se per caso qualcuno non è d’accordo, allora il senatore americano dai capelli d’argento, proprio come nei film del Ranger Walker, si trasforma nel violento capo della banda di mercanti di armi, e dismessa ogni mossetta comincia a insultare come un energumeno il povero Vendola (mercoledì, ma ieri ha mandato affa anche il Ministro Prestigiacomo) rimpiazzando il lei con il tu e urlandogli del farabutto e del buffone – come possa dare del buffone a chicchessia uno che sostiene senza remore le piroette da gioppino del Premier in Libia, rimane un mistero. Personalmente nei panni di Vendola avrei chiesto scusa al conduttore e me ne sarei andato dicendo agli spettatori “Ecco, vedete, questi sono i padroni d’Italia, sanno solo sbraitare”.

Vendola ha cercato di resistere, ma purtroppo il problema è che sulla Libia la sinistra non ha una politica. Le pur nobili cose che ha detto Vendola, equivalgono a menare il can per l’aia. Mi dispiace, ma è così. La soluzione invece c’è, ed è che, invece di mandare i bombardieri, l’Italia avrebbe intero il peso per proporsi come mediatore. Fin dai primi giorni, presto svanita l’illusione che Gheddafi cadesse come un birillo (e lì semmai, se l’Italia avesse avuto, come si afferma oggi nei fatti, un interesse a farlo cadere, doveva dare la spallata: come dice Machiavelli “le malvagie azioni si fanno presto e bene”) l’Italia doveva proporsi subito come mediatore, e in quel momento se avesse avuto quegli attributi di coraggio che visibilmente non ha, Berlusconi avrebbe dovuto, non solo disturbare, ma tirare Gheddafi giù dal letto e convincerlo che occorreva arrivare a una soluzione pacifica. Altro che non disturbare!

A questo ci obbligava moralmente il trattato di amicizia firmato con tanta pompa e che questa maggioranza si permette di appiccicare sotto la sedia come una gomma americana masticata (chi sarà il fesso disposto a fare più un trattato di amicizia con questi signori?). Oggi siamo entrati in una guerra civile a (relativamente) bassa intensità, ma a durata illimitata: la pretesa della Lega di dare una scadenza a una guerra è semplicemente puerile, che fai all’ora data metti giù il fucile e ti metti a fumare una sigaretta? E i nemici che farebbero? Da una parte c’è un signore feroce che gioca per la vita, ha una montagna di denaro e qualche buona arma di ricatto, con nessuno scrupolo e una idea sola, ma molto chiara.

Gli altri hanno molti scrupoli, ma poche idee e quanto al denaro, con juicio, ma si fanno forti del numero. Credo che anche Gheddafi sappia che se non interviene qualche deus ex-machina (la Cina per esempio, che però mi sembra abbia le sue rogne) è destinato alla sconfitta e al di là delle bombe verbali contro l’Italia – ma Berlusconi ce le ha fatte meritare- sta cercando una via d’uscita. Ma anche i ribelli hanno capito che la lotta è sanguinosa e di esito incerto. Che facciamo, stiamo ad aspettare che si scannino rendendo inabitabile la costa Nord di quel pezzo d’Africa a un tiro di schioppo dalle nostre coste? A questo punto chi meglio dell’Italia sarebbe in una posizione per una mediazione autorevole? Ma possono gli attori coinvolti affidare questo compito all’uomo del bunga-bunga? E si fiderebbe Gheddafi di tale signore?

Credo di no, ma non tocca a noi dirlo. Ecco perché la sinistra deve prendere l’iniziativa, non limitarsi a dire (anzi balbettare) “bombe si, bombe no”, che è comunque una alternativa lacerante e del tutto ancillare, ma proporre con forza una mozione in cui si impegni il governo a far cessare il fuoco e convocare a Roma un conferenza di pace, accompagnando la proposta con una sostanziosa offerta spontanea e nostra di immediati aiuti umanitari a tutto il popolo libico, in base al trattato tuttora valido – ci costerebbe molto meno dei milioni per le bombe di La Russa. La Lega ci starebbe e la gran parte (tre quarti!!) degli italiani approverebbe. Non sarebbe un rischio di colpo alle spalle per le nostre truppe che non sono in campo, ma anzi una garanzia che non ci andranno. Poi toccherebbe alla maggioranza dire di no, oppure agli alleati dire non ci fidiamo, ed eventualmente proporre una diversa iniziativa di pace. Ma questa è l’unica strada giusta e occorrerebbe imboccarla subito, c’è ancora tempo: la sinistra deve battere sulla pace, non sulle bombe. Se non lo fa, in parlamento andrà incontro all’ennesima mezza-sconfitta morale e politica.

Guido Martinotti



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