26 aprile 2011

NEL PUBBLICO TROPPE LEGGI E POCA GESTIONE


Per chi è a capo della cosa pubblica è molto più facile emanare leggi piuttosto che impegnarsi nella gestione. Mentre si continua ad additare l’eccesso di burocrazia come uno dei fattori di perdita di competitività del paese, si continua (a Roma come a Milano) a produrre nuove norme senza valutare i costi che l’osservanza di queste addossa alla collettività, per non parlare di stime di costi/benefici. Facciamo qualche piccolo esempio, vicino a noi. La Regione Lombardia ha introdotto l’obbligo della certificazione energetica per tutte le unità immobiliari che vengano vendute o affittate. Ogni certificazione può costare tra i 500 e i 1000 euro, cui va aggiunto il dispendio di tempo e, per l’amministrazione comunale, l’onere di protocollare, archiviare e gestire quest’enorme massa di carte. I parametri sono tali che praticamente tutte le vecchie case di Milano risultano in classe G, la più bassa. Si tratta quindi di un esercizio assolutamente inutile, che in altre Regioni è stato evitato consentendo l’autodichiarazione in classe G senza certificazione. La certificazione può essere un utile incentivo per le nuove costruzioni; per i vecchi edifici sarebbe meglio spendere per interventi migliorativi piuttosto che per inutili pezzi di carta.

Altro esempio, sempre vicino a noi: il limite di 70 km l’ora introdotto dalla Provincia sulle tangenziali e poi abolito. Tecnicamente è incerto se viaggiando a 70 km l’ora si inquini meno o più che a 90km l’ora. Si trattava dunque di un altro “editto” motivato solo dal desiderio di apparire “ecologico”, senza considerare gli aggravi per il traffico. Non so se le multe pagate dai 500 sfortunati abbiano coperto i costi per la Provincia di cambiare due volte tutti i cartelli segnaletici. Il peggior inquinamento sulle autostrade non deriva dalla velocità quanto piuttosto dalle code di 20-30 km di veicoli quasi fermi che possono vedersi ogni mattina e ogni sera tra i caselli di Torino e di Sesto. Perché non impegnarsi in sistemi di gestione del traffico, ad esempio imponendo a intervalli lo spegnimento dei motori, per ridurre questa enorme fonte di inquinamento? Ma, anche in questo caso, gestire è assai più difficile che emanare editti!

Un ultimo esempio: la normativa regionale per la sostituzione dei tetti con presenza di amianto. Molti vecchi tetti con percentuali di amianto sono coperti da patine tali che può non esservi alcuna significativa dispersione di particelle pericolose. Esistono macchinari sofisticati per valutare la qualità dell’aria, e in molti casi si rileva che la concentrazione di particelle di amianto dai tetti è insignificante, non superiore a quella rilevabile in ogni altro luogo della città. Sostituire questi tetti comporta un altissimo costo, con nessun vantaggio per la salute. Ma la normativa regionale non si basa sulle rilevazioni dell’aria bensì su alcuni semplici parametri che finiscono per imporre comunque, quasi sempre, la sostituzione di tetti con una qualche percentuale di amianto. Emanata la norma, i consiglieri regionali si sentiranno campioni di rigore “ecologico”.

Peccato però che non si siano preoccupati di approntare discariche per il materiale rimosso, cosa molto più impegnativa che scrivere una bella leggina. Per smaltire secondo norma le molte tonnellate di materiale dalla Lombardia occorre portarlo in Germania, verso cui partono sette – dieci TIR al giorno con costi altissimi (vedasi il Corriere della Sera, 27 marzo). E l’AMSA denuncia che è prassi molto diffusa quella di scaricare il materiale in discariche abusive: non sarebbe meglio allora, anche per la salute, lasciarlo sui tetti, se non nuoce, con enormi risparmi per tutti? Le ASL potrebbero valutare, caso per caso, con i macchinari citati, se le dispersioni di particelle siano o meno rilevanti. Ma anche in questo caso ciò comporterebbe un impegno gestionale rilevante, assai più difficile dell’emanazione di una semplice tabellina in base alla quale decidere se occorra rimuovere l’amianto.

Giorgio Ragazzi



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