26 aprile 2011

MILANO ENERGIA: SPRECARE PERSINO LE IDEE


Il comandamento “non sprecare l’energia” è giovane e non è incluso tra i famosi Dieci, ma è forse l’unico a essere ormai riconosciuto in tutto il mondo, al di là di tutte le possibili differenze religiose, etniche e geografiche. Anche se, come buona parte degli altri dieci, ampiamente disatteso. Se nel governo del territorio questo comandamento deve ormai essere il presupposto di ogni progetto, ciò è tanto più vero per la nostra area metropolitana che accoglierà l’EXPO 2015, visto che per poter “Nutrire il pianeta” la prima cosa da fare è non sprecarne le risorse. Quindi è legittimo domandarsi come stanno le cose oggi (ed è il tema di questo articolo), e cosa le amministrazioni pubbliche dovranno decidersi a fare a breve (è il tema del prossimo), visto che il 2015 è vicino e sull’EXPO ci stiamo giocando sia il futuro dell’economia milanese che la faccia.

Ricordiamo quali sono gli strumenti di pianificazione e controllo esistenti a livello locale e cosa dicono. Esiste innanzitutto un Piano Energetico Regionale (PER) della Regione Lombardia dal 2003, dal quale è scaturito un Piano di Azione per l’Energia del 2007, che oltre a occuparsi di questioni strategiche e logistiche sull’approvvigionamento e la distribuzione dell’energia, individua in modo generale le politiche di contenimento sia dei consumi che delle emissioni dannose. Nello stesso periodo Milano (e altre città dell’arcipelago come Monza e Melegnano) si è dotata di un Piano Energetico Comunale, presentato dall’assessore Croci nel maggio del 2007. Il piano recepiva le indicazioni del Protocollo di Kyoto, e aderendo agli obiettivi del PER illustrava alcune promettenti iniziative nel dettaglio.

La più interessante dal punto di vista civico, peraltro prevista dal PER, era l’avvio di un “audit energetico” campione su alcuni edifici pubblici esistenti (uffici, scuole), per valutarne l’efficienza energetica e prevedere interventi migliorativi, da completare entro il 2008. Altre iniziative erano la progressiva sostituzione degli impianti di riscaldamento a gasolio, l’estensione del teleriscaldamento, l’apertura di uno Sportello Energia in piazza Beccaria, la messa a disposizione dei cittadini di un tool di calcolo energetico on-line per tenere sotto controllo i propri consumi. Molti buoni propositi con qualche lacuna, ad esempio l’attenzione era centrata sul consumo per il riscaldamento, solo un accenno all’illuminazione e al consumo estivo per il condizionamento, e nessuna idea di come ridurlo.

Il problema è che, lacune a parte, a quattro anni di distanza la maggior parte di questi obiettivi non è stata nemmeno sfiorata. Degli audit energetici non c’è traccia, lo Sportello Energia chissà dov’è, il tool di calcolo energetico ammesso che qualcuno l’abbia partorito non è mai arrivato on-line. Si tira avanti come se Kyoto e Bali fossero solo località turistiche, e 20-20-20 (le percentuali di riduzione di consumi ed emissioni previste) un numero di telefono. Un po’ pochino per una città che dovrebbe essersi già organizzata per confrontarsi con gli obiettivi dell’Expo.

Ma veniamo all’iniziativa più recente. È in corso di approvazione il protocollo di intesa tra ministero dell’Ambiente, Comune di Milano, Confservizi Lombardia e WWF Italia, per “l’efficientamento (sic) energetico (…) presso le Aziende di Servizi Pubblici Locali del Comune di Milano”. L’oggetto del protocollo è interessante perché indica molto chiaramente qual è la via da seguire per una amministrazione pubblica che seriamente intenda rispettare l’undicesimo comandamento. Il protocollo considera prioritario l’intervento sull’edilizia pubblica. Questo perché una parte notevole del patrimonio edilizio esistente (uffici, scuole, istituzioni) è pubblico, ed è spesso in condizioni fisiche fatiscenti e responsabile di grossi sprechi energetici, che paghiamo tutti.

Il protocollo chiarisce anche le modalità di intervento. Si affida a un’azienda tipo ESCo (Energy Service Company) sia l’audit che gli interventi necessari a migliorare l’efficienza energetica degli edifici: l’azienda anticipa gli investimenti necessari a ridurre il consumo energetico, e si ripaga incassando per un certo numero di anni la differenza tra i consumi precedenti e quelli ridotti. Questo sistema consente di trasformare lo spreco (l’eccesso di consumo causato da edilizia e impiantistica obsolete) in investimento (gli interventi da realizzare per ridurre lo spreco) a costo zero per l’amministrazione, con la certezza di un consistente risparmio economico per l’ente negli anni successivi alla scadenza del contratto con l’ESCo.

Non solo, ma la diffusione di questo sistema amplierebbe il mercato per il sistema produttivo e creerebbe nuove opportunità di lavoro, oltretutto in un settore virtuoso e tecnologicamente avanzato. Inoltre avrebbe un forte valore educativo sulla popolazione, visto che il metodo è applicabile anche all’edilizia privata. Riuscirà a decollare questa iniziativa? Se è mancato qualcosa ad avviare prima questo processo, con o senza protocolli di intesa, non sono né i vantaggi che offre, né i soldi. E’ la volontà (o la capacità) politica di metterlo in atto, e quel minimo di organizzazione interna necessaria al coordinamento tra le aziende e le eventuali ESCo.

Temo che il problema di fondo sia una mancanza di volontà politica, che è frutto di una scelta precisa, in quanto rispecchia la visione paleocapitalista che ha dominato e tuttora domina il governo del nostro territorio. Questa visione rozza è ben espressa dal PGT di Milano, che identifica la ricchezza e la qualità dell’ambiente della città nella quantità di nuovi metri cubi costruiti. Visione perseguita malgrado l’evidente fallimento del Piano Casa che lo anticipava. Visione pericolosa, perché mentre il miglioramento della qualità dell’edilizia esistente e la riduzione degli sprechi fa muovere la piccola e media impresa, e con esse l’economia pulita e civile, con ricarichi, parassitismo e rendite di posizione ridotti al minimo, non si può dire lo stesso delle grandi operazioni immobiliari, o di opere come il maxi-tunnel di attraversamento, tavole imbandite apposta per soddisfare ogni forma di “appetito”.

Il mancato raggiungimento degli obiettivi del PEC non è dunque un caso. Se la maggioranza dei cittadini ancora crede che per non sprecare energia basta mettere i doppi vetri e cambiare le lampadine, che la limitazione del traffico è nociva perché da fastidio ai negozianti, è perché chi ha finora governato il territorio non ha interesse a vedere molto più in là di così. E lo dimostra nei fatti. Basta farsi un giro dalle parti della stazione Garibaldi verso le undici di sera, quando gli impiegati sono tutti a casa, e guardare il nuovo grattacielo della Regione con le luci accese ai piani più alti, non si sa per il bene di chi. Per incominciare a soddisfare l’undicesimo comandamento chi sta governando oggi il territorio lombardo ne deve ancora imparare di cose…

Giorgio Origlia



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