26 aprile 2011

L&B: PM E BRIGATE ROSSE


Bel 25 aprile. Giusto un po’ caldino ma non troppo, ma sempre meglio di quello in cui Pilo ha cercato di infilarsi con un ombrello. Per la prima volta, ma vorrei conferma da altri testimoni, almeno altrettanti giovani che anziani come e più di me. Guardandomi intorno mi sono chiesto che cosa distingue la Milano che era in corso Venezia dal misero drappello di cammellati che assediava il Palazzo di Giustizia? (Vedi l’interessante ricerca sul campo di uno studente della Bicocca) oppure con il popolo dei berlusclones, con le cravatte a lingua di basilisco, i colletti a          strozza-strozza, il pelo impomatato e la giacchetta acchittata, con due tre telefonini a far vedere che sono sempre impegnati?

A me la risposta pare semplice: il popolo del venticinque aprile è fatto dalla Milano che lavora quello della Moratti da quella che si dà da fare, a fare affari, ma anche semplicemente a sembrare indaffarati e importanti: qualche volta li fanno anche, ma il più delle volte è una mossa. Forse ricorderete che a Milano il “fare” o indaffararsi inconcludente con quell’aria impettita che hanno i polli nel pollaio andando di qui e di là a rivoltar ghiaia cento vote rivoltata da altri si chiama “defà de pulin”.

Il team Moratti è riuscito persino a mandare in cavalleria tutto l’entusiasmo che, con l’aiuto di Prodi, Napolitano, Amato e persino D’Alema era riuscita a suscitare attorno all’EXPO, affondandolo in una palude di traffici, da cui non si è ancora usciti. Sembra di leggere le parole profetiche di De Amicis nei ricordi di Salgàri, morto suicida giusto cent’anni fa: “Il commercio cittadino era in stato di erotismo cronico” Persino i tranvai sono pittati come baracche di saltimbanchi (…) Basta guardare le facce tronfie e ipocrite del comitato organizzatore, stanno tutti i giorni sui giornali e sugli opuscoli pubblicitari, il senatore ***, e il benemerito sindaco***, il Commendator ***, l’Avv. ***, il conte ***. (…) No voio pu sentì parlar de sta troiada de l’Esposisiòn. Che i se la tegna” (Ernesto Ferrero, Disegnare il vento. L’ultimo viaggio del capitano Salgari, Einaudi , Torino 2011, pp.145-46).

Dicono che Berlusconi prepari una campagna di fuoco, di cui abbiamo avuto un assaggio con la faccenda Lassini, ma c’è un limite alle provocazioni. E c’è anche un limite anche all’uso della provocazione come strumento per vincere il consenso. Questi limiti sono dati dalle leggi scritte, dalle norme comuni e dal buon gusto e dal buon senso, che non manca ai milanesi e neppure agli italiani. L’intelligenza e il buon senso sanno che i “cattivi maestri” sono più pericolosi dello sconsiderato la cui mano armata colpisce. Tanto più quando non si tratta di un difficile teorema deduttivo per collegare una confusa teoria come quelle di Antonio Negri alle azioni dell’omicida, ma delle parole che il Lassini ha ripreso (come lui stesso ripete senza riserve) dai pronunciamenti dell’istigatore. Siamo passati dai “cattivi maestri” agli “istigatori eccellenti”.

Un esempio eccellente di come, quando questi limiti sono violati, le autorità responsabili (e sottolineo) fanno calare la scure, ci viene da un episodio della Guerra civile americana (nell’intero corso della quale Abraham Lincoln fece il possibile fino al 1863 – nonostante la vulgata che confonde il discorso di Springfield del 1858 con quello dell’Emancipazione del 1863 -, per mantenere la legalità costituzionale, che riteneva l’istituzione della schiavitù un diritto acquisto da alcuni degli Stati membri e che l’Unione della nuova nazione americana fosse più importante dell’abolizione della schiavitù in tutti gli stati: e ciò nonostante Lincoln fosse personalmente abolizionista). Nel pieno della Guerra, in un momento delicato dell’Unione, crebbe un partito anti-bellico, i Northern Peace Democrats, che rappresentavano una spina nel fianco di Lincoln, sfiorando posizioni di alto tradimento.

In Aprile, il Generale Burnside, comandante militare dell’Ohio, aveva emanato un ordine con il quale chi minava lo sforzo bellico sarebbe stato processato come spia e mandato a morte se trovato colpevole. Inevitabilmente, un politico ambizioso che aspirava al governatorato dell’Ohio, Clement Vallandigham, approfitta della prima occasione e viola l’ordine, con parole e toni da leghista ante litteram: viene arrestato, gli viene negato l’habeas corpus, segue una condanna a due anni e ovviamente un grande putiferio politico “in difesa della libertà”. Lincoln risponde da par suo, sospendendo l’arresto, ma non la condanna, ma al tempo stesso ribadendo l’ordine del Generale e spiegando, con la sua logica usuale, che la legge permette la sospensione dell’habeas corpus in caso di invasione o ribellione (questa ultima fu sempre la definizione della secessione da parte dell’Unione) non solo in zona bellica.

E concludendo con parole che dovrebbero ispirarci tutti: “dovrei forse fucilare un ragazzo sempliciotto che diserta, e non toccare un capello all’astuto istigatore che lo spinge a disertare?” (…) “Penso che in un caso del genere ridurre al silenzio l’agitatore, e salvare la vita al ragazzo, sia non solo costituzionale, ma anche un atto di grande clemenza” (Louis P. Masur, The Civil War. A Concise History, Oxford UP, New York 1911, pp.50-51, passim). Qui l’istigatore e l’esecutore vengono salvati entrambi, forse siamo più democratici, o forse come scrive Barbara Spinelli, siamo affondati nella menzogna e nella vergogna.

Berlusconi dice che “politicamente” l’autore del manifesto ha ragione. Che significa “politicamente”. Esiste un mondo della politica in cui si può dire liberamente che si possono ammazzare gli ebrei, i negri o chiunque altro? Tanto vale solo “politicamente”? Il problema è che Berlusconi è, “politicamente” appunto, perfettamente d’accordo con la persona che ha istigato. La Santanché – che è una adepta del tit-for-tat di chi non ha idee, ma reagisce solo a quelle degli altri- naturalmente dice che davanti ai tribunali c’erano cartelli osceni contro Berlusconi. E ci mancherebbe altro, contro un balabiott come quello che emerge dalle foto delle seratine di Arcòre che dire? Dimentica però che c’erano anche cartelli con “giudici comunisti di merda” e quelli venivano da plebe convocata e autotrasportata dal PDL. Non ci sono “alcuni estremisti”: su questo punto esiste un solo grande estremismo che è il mito tipico del mariuolo che da che mondo e mondo dice che i giudici ce l’hanno con lui.

Berlusconi sta provocando e ancora di più lo farà nei prossimi giorni fino all’ultimo voto: non cadiamoci, proprio ora. S’io fossi …., (ma non sono neppure Cecco Angiolieri) cercherei di convincere TUTTI i giornali di opposizione a mettere ogni berlusconata in corpo piccolo, taglio basso, sesta pagina, mentre metterei in prima tutte le puttanate concrete che questo governo fa. Ma il nome B. lo cancellerei. So che non si può fare e non mi azzardo a dirlo, ma se si potesse fare, in meno di un mese gli si taglierebbe il carburante: si affloscerebbe come i porri che da piccoli facevamo morire con il cappietto di filo di scozia. Però dobbiamo trovare un modo con cui alle berlusconate che usciranno nei prossimi tempi il popolo che lavora possa rispondere con un grande e tranquillo “ma va là” collettivo.

Guido Martinotti



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