26 aprile 2011

LIBERARE MILANO: 25 APRILE 1945 – 25 APRILE 2011


E’ la festa della Resistenza, la fine della guerra di Liberazione dell’Italia, che io mi rifiuto di chiamare Guerra Civile. Vorrei ricordare questo 66° anniversario con un episodio che tocca particolarmente la mia famiglia. Sono nato in una famiglia antifascista, non ritengo che questo rappresenti un merito o un demerito, poiché ognuno di noi gli amici se li può scegliere ma i parenti se li trova. Nella mia famiglia ci furono tre persone che parteciparono alla guerra di Liberazione: Emanuele Artom, un cugino di mio padre, che fu massacrato di botte e torture alle Carceri Nuove di Torino; Giulio Bolaffi, fratello di mia madre, il “Comandante Aldo Laghi” della Brigata Alpina Stellina (dal nome di mia cugina) che combatté nella Valli di Lanzo Piemontese. Alcuni dei suoi alpini erano reduci dalla sciagurata Campagna di Russia; Cesare Artom (fratello minore di mio padre) nato ad Asti nel 1906, che aveva assunto il nome, i documenti (falsi) e la divisa di un sottufficiale della finanza. Il suo nome di copertura era Pino Accomasso, naturalmente nato in una località dell’Italia già liberata.

Cesare, anzi, Pino Accomasso, era appassionato di montagna ed entrò a far parte di una formazione partigiana “LA GLASS E CROSS” che effettuava con sci e pelli di foca la traversata delle Alpi tra il Piemonte e la Svizzera per recarsi a Berna, all’Ambasciata Americana per incontrare il capo dei “Servizi Segreti” ALLEN DULLES, chiamato “UNCLE GUSTAV”, per concordare lanci alle Formazioni Partigiane, messaggi speciali di RADIO LONDRA, e particolari buoni di prelevamento che venivano distribuiti ai partigiani e che evitarono le razzie di bestiame e viveri nelle valli Piemontesi, come invece accadde per mano dei Neofascisti e i Nazisti.

Cesare e il suo compagno di gite in montagna Raffaele Jona, un ingegnere dell’Olivetti di Ivrea, parteciparono alla permanenza della Valle d’Aosta all’Italia, territorio che ebbe, fin dal periodo della Cobelligeranza italiana, la promessa di diventare una Regione a Statuto Speciale, come poi avvenne.

Ecco l’episodio milanese. Pochi giorni prima della Liberazione, Pino Accomasso viene a Milano perché un gruppo di SAP o GAP (non ricordo) aveva preso contatto con dei militi nazisti che sorvegliavano i carri armati parcheggiati nel recinto della Fiera, con i quali avevano convenuto che in cambio di abiti borghesi e di biciclette avrebbero abbandonato la sorveglianza dei mezzi blindati.

Cesare, a bordo di un camioncino con gli altri partigiani, si recò in Fiera in orario di coprifuoco, il baratto funzionò e i nazisti se la svignarono. Gli ardimentosi salirono a bordo dei carri armati ma nessuno riuscì a metterli i moto! Ripensandoci oggi il fatto appare evidente, si trattava di PANZER TIGRE da 70 tonnellate e non di una Topolino! Abbandonati i carri e raggiungendo il camioncino, uno dei presenti vede un piccolo deposito di gomme ed esclama “almeno portiamoci via queste!”

Mio zio mi raccontò che puntò la sua pistola esclamando “Siamo venuti a liberare Milano, non a rubare gomme!” fu un gesto così istintivo che non ricordava nemmeno di aver estratto la pistola dalla fondina! Ogni guerra, anche quella di Liberazione è piena di chiaroscuri, questo episodio ne narra uno. Un giornalista del Corriere, Franco Bandini, conosceva questo fatto, lo avevamo commentato, ma ora è morto ed è per questo che la testimonianza di questo fatto la trasmetto io.

I ricordi e le testimonianze sono importanti, particolarmente oggi, dove perfino in Parlamento, un manipolo di stupidi ha proposto di rimuovere dalla Costituzione il divieto di ricostituire il Partito Fascista.

Guido Artom



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