26 aprile 2011

musica


 

MUSICA RELIGIOSA?

Dopo aver ascoltato – la settimana appena trascorsa – le esecuzioni delle due Passioni e dell’Oratorio di Pasqua di Bach (e anche, grazie al bicentenario della nascita, molte opere di Liszt degli ultimi anni, quelli in cui, rinunciando alle lusinghe mondane, diventa abate per riflettere sulla vita e sulla morte) ci siamo posti alcuni problemi relativi al concetto di “musica sacra”, chiedendoci se essa appartiene al genere di “musica a soggetto”, come per esempio il melodramma, il lied romantico o paradossalmente anche le marce militari. Cioè a quelle musiche che, più che nascere da un libero impulso del compositore, si prefiggono a priori lo scopo di descrivere o provocare, o semplicemente analizzare, sentimenti e passioni, dunque di trasferire stati emotivi all’ascoltatore. Vorremmo anche capire come sia possibile che inossidabili atei si lascino letteralmente rapire dal “Nisi Dominus” di Vivaldi, che algidi cinici si commuovano per il mal d’amore di Mimì e Rodolfo, o che rigorosi pacifisti si inebrino all’ascolto della fanfara dei bersaglieri.

Perché, dunque, queste musiche cosiddette religiose riescono ad attrarre e commuovere anche coloro che non nutrono alcun sentimento religioso? Qualche anima bella dirà che, loro malgrado, risveglia sentimenti sopiti o repressi, intrinseci alla natura dei mortali. Ma facciamo molta fatica a credere che la Passione, così come la racconta Bach, con l’elementarità di quei testi da una parte e l’ardita complessità della struttura musicale dall’altra, possa provocare in un ateo – che la ritiene una poetica leggenda – sentimenti di amore e di pietà verso la figura del Cristo. Così come non crediamo che il raptus d’amore raccontato da Puccini smuova l’animo incallito di un misogino e lo faccia finalmente innamorare.

Allora forse la bellezza delle Passioni e degli Oratori bachiani ha poco da spartire con il “sentimento religioso”, sentimento che probabilmente neppure Bach provava se crediamo all’interpretazione che Piero Buscaroli dà della sua vita, del perenne tentativo di sciogliersi dagli impegni ecclesiali, dell’aspirazione a una vita di Corte dove potersi esprimere liberamente, senza soggiacere alle regole della liturgia. Una bellezza, dunque, che non avrebbe nulla a che vedere né con il sentimento religioso dell’autore né con quello dell’ascoltatore, la cui emozione non dipende dalla fede o dall’inclinazione al misticismo.

D’altronde possiamo immaginare un grande musicista giapponese o indiano, che non si è mai avvicinato al cristianesimo, che dirige il Messia di Händel, magari la notte di Natale nella Basilica di Betlemme? Non potrebbe farlo in modo eccellente? E in tal caso sarebbe l’interprete di una meravigliosa pagina musicale o anche dei misteri della fede cristiana? Interrogativi cui non è facile dare risposta, e rileggersi “Il bello musicale” di Eduard Hanslick (1854) o “L’esperienza musicale e l’estetica” di Massimo Mila (1950) – due fra le più note indagini sul rapporto fra musica e sentimento – non è di grande aiuto. Per quanto siano stati straordinari rivelatori di valori e significati universali della musica, Hanslick e Mila non hanno potuto misurarsi con le contaminazioni e con le contraddizioni che caratterizzano questi anni complessi.

Eppure, almeno in parte, una risposta vogliamo azzardarla. La musica, come tutte le arti, è il prodotto della creatività di individui geniali che normalmente non sono consapevoli né della loro grandezza né – tantomeno – delle fonti della loro creatività, e spesso la loro opera è in contraddizione con la loro esistenza. Ad esempio la musica di Wagner per fortuna ha poco a che vedere con il suo lugubre antisemitismo conformista, il Requiem ha da spartire meno di quanto appaia con l’improbabile religiosità di Mozart – come il Flauto Magico con la sua dichiarata passione massonica – ed egualmente è difficile dire se le Kinderszenen discendano dall’amore di Schumann per i bambini o le sinfonie di Mendelssohn dalla sua fede ebraica.

La musica religiosa ha in sé dunque i caratteri di qualsiasi altra musica e sovra di essa possiamo esprimere solo giudizi estetici. Non è il soggetto che attribuisce “senso” alla musica; la Passione secondo Matteo è una musica straordinaria a prescindere dalla vicenda di cui si occupa, tanto da commuovere sia gli atei che i credenti e da lasciarsi eseguire e interpretare anche da chi è lontanissimo dai valori incarnati da Martin Lutero.

Prendiamo la musica per quella che è, senza farci distrarre dagli esegeti che cercano di darle un senso spettegolando nella biografia degli autori, o discettando su titoli che non sempre sono stati voluti dall’autore, o anche elucubrando sui testi che sostengono le note. D’altronde le guide che accompagnano le visite ai musei, anche quando sono colte e preparate, non fanno “godere” di più le opere che illustrano; se sappiamo già quel minimo che occorre sapere, meglio non essere distratti dall’intimo e personale godimento al quale aneddoti, paragoni e interpretazioni altrui aggiungono assai poco.

La musica è solo musica, fatta esclusivamente di suoni, ritmi, timbri, accenti, coloriture, ed è bello goderla in libertà, senza condizionamenti o suggestioni, o interpretazioni estranee alla sua intrinseca essenza. L’interpretazione di chi la esegue sullo strumento è già una (necessaria) violenza, non sempre una restituzione fedele, raramente un felice arricchimento, e non ha bisogno di ulteriori didascalie. Forse non ha bisogno neppure dei testi.

 

 

Musica per una settimana

 

* giovedì 28, venerdì 29 e domenica 1, all’Auditorium di largo Mahler l’orchestra sinfonica diretta da Tito Ceccherini esegue il Concerto per pianoforte e orchestra di Ravel (pianista Roberto Cominati), Sinfonia e Cielo dal Pater doloroso di Sylvano Bussotti, Iberia di Debussy e, in chiusura, il Bolero di Ravel

* martedì 3, al Conservatorio per la Società del Quartetto, concerto interamente dedicato a Vivaldi dall’ensemble “Europa Galante”, direttore e solista Fabio Biondi

* mercoledì 4, sempre al Conservatorio ma per la Società dei Concerti, la Sudwestdeutsche Philarmonie diretta da Vassilis Christopoulos esegue il primo Concerto per pianoforte e orchestra di Tschaikowskij (solista Beatrice Rana) e la Quinta Sinfonia di Beethoven

* giovedì 5, venerdì 6 e domenica 8, all’Auditorium l’orchestra sinfonica diretta da Junichi Hirokami esegue il Concerto per violino e orchestra di Schumann (violinista Kolja Bacher) e la Decima Sinfonia di Mahler nella versione di Cook

* sabato 7, sempre all’Auditorium, un recital di Paolo Restani che esegue di Brahms le Variazioni opera 9 su tema di Schumann e opera 35 su tema di Paganini, Ungarns Gott di Liszt per concludere con 3 Preludi opera 32 e Sonata n. 2 opera 36 di Rachmaninov
* domenica 8, alle 10.30 alla Palazzina Liberty, concerto di musiche rinascimentali per la stagione cameristica di Milano Classica

 

 

questa rubrica è a cura di Paolo Viola

rubriche@arcipelagomilano.org

 



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