19 aprile 2011

LETTERA DI GUIDO MARTINOTTI AGLI AMICI ELETTORI


Cari Amici, le elezioni amministrative di Milano si avvicinano e vorrei esprimere a tutti voi, sia che abbia potuto parlarvi o meno, alcune mie preoccupazioni e auspici. Ma prima un inquadramento breve, tanto per ricordare a tutti noi il contesto in cui ci troviamo. Le prossime elezioni amministrative a Milano non sono come le altre. Si dice spesso così, ma questa volta ci sono buone ragioni per sostenerlo. Milano è malata, e anche il paese lo è. Berlusconi è chiaramente in difficoltà respiratorie, ma non è detto che l’agonia duri poco, se perdesse Milano sarebbe un duro colpo, soprattutto per le manovre di continuismo che il sistema berlusconiano ha in corso. Sono cose note ed è inutile spendere troppe parole.

Ma anche sul piano locale l’importanza delle elezioni è grande. Sul piatto ci sono alcune questioni serie, l’Expo, il PGT, l’Ecopass per citarne alcune, ma anche l’infiltrazione della mafia. Ma soprattutto la orribile faccia del potere impersonata dalla sorridente Moratti su tutte le superfici disponibili che promette in caso di vittoria di trasformare Milano in un feudo plutocratico alla mercé delle peggiori istanze speculative della città e della più sordida grettezza impersonata dalla Lega. La Moratti ha introdotto, forse ancora più di Berlusconi, un grado di autoritarismo e manipolazione sfrenata e sfrontata da uscire dalle normali pratiche democratiche, come si potuto verificare in occasione della forzata approvazione del PGT, che Majorino ha fatto benissimo a contestare subito sul piano giudiziario.

Dal punto di vista elettorale per la prima volta in anni la maggioranza berlusconiana non si presenta compatta, sia per il giudizio negativo sulla gestione Moratti (assai diffuso in tutti gli ambienti, basta leggere il giudizio de Il Giornale del 14 Aprile) sia per i riflessi della crisi nazionale del blocco berlusconiano: non porterà milioni di voti, ma se Granata dice che voterà (farà votare ovviamente) Pisapia, qualche smottamento c’è. E’ molto improbabile che con le varie liste in campo la signora Moratti riesca al primo turno, anche se ho sentito esprimere un’opinione contraria, che mi sembra davvero aberrante, da parte di un autorevole membro del PD. Poi si vedrà, i sondaggi per quel che valgono (ma non sono del tutto da buttare) sono incoraggianti e lo conferma anche Piero Bassetti in una bella intervista Qualche speranza c’è, ma occorre che questa volta ci sia veramente l’impegno di tutti ed è per questo che vi scrivo. Giusto per caso mentre scrivevo, ho visto che oggi su Libero il giornalista Belpietro (quello famoso per molte cose, ma di recente anche per la sòla dell’attentato farlocco) ha lanciato dalle pagine del suo giornale Libero, l’hallalì per la Moratti. La campagna è veramente cominciata e Milano è stato ufficialmente dichiarata il “Ridotto della Valtellina” del Berlusconismo.

La stragrande maggioranza dei miei amici, e cioè voi, riconosce come fatto assai positivo e incoraggiante, che questa volta il popolo del centrosinistra si sia mobilitato nel giusto modo, abbia scelto secondo le regole delle primarie e abbia scelto un gruppo di ottimi candidati che rappresenta le forze progressiste e che si è impegnato a lavorare assieme, benché per ragioni di legge elettorale siamo stati obbligati a fare una scelta. Ci siamo rivolti alla parte attiva dell’elettorato secondo le regole autonomamente scelte dal maggiore partito del centro-sinistra e abbiamo avuto un responso chiaro. E’ questo deve valere per tutti, sia per chi ha creduto in Pisapia fin dall’inizio e ci crede ancora come me, sia per chi ha votato altri. So bene che ci sono state delle delusioni, ma quella su Stefano Boeri, candidato eccellente, è il risultato di una scelta sbagliata. Si poteva arrivare allo stesso risultato (o forse anche a uno diverso) con meno ruggine, senza questa scelta voluta da alcuni dirigenti, ma contestata da altri. Nonostante questo, le primarie sono andate bene, direi anche molto bene e oggi dovremmo veramente accantonare ogni riserva mentale e lavorare per vincere. Molti amici e compagni non hanno ancora ben capito che il meccanismo elettorale non permette a ciascuno di esprimere il candidato fatto su misura.

Come diceva il grande genio novecentesco Henri Simon, “states and organizations are blunt subjects”: le entità organizzate non permettono troppi distinguo, a un certo punto cala l’accetta. Il principio democratico o maggioritario, forse inventato in Grecia, non sappiamo bene (a Roma come è noto si votava per gruppi) è ottuso. O si sta di qua o si sta di là. Tertium non datur: chi non vota, vota per l’altro. Alla fine, dopo il primo turno, a Milano, chi non vota Pisapia farebbe meglio a dire onestamente di votare per Moratti. Il risultato è lo stesso, e anche il significato.

So che la maggioranza di voi condivide queste posizioni ma ci sono alcuni atteggiamenti che mi preoccupano. C’è continua dirsi convinto che nonostante tutto vincerà la Moratti, magari ritenendosi così politologo migliore di tutti noi. Questo mi sembra un atteggiamento davvero triste. Dopo la sconfitta da parte dei conquistadores spagnoli i poveri Maia sgominati si trovavano in catacombe che troviamo ancora oggi costellate dell’impronta di mani rovesciate, segno di disfatta. Ma il popolo della sinistra non è come i Maia, non siamo estinti né in Italia né altrove, e chi ha avuto la ventura di sentire il discorso di Obama sul Bilancio sa che la maggiore potenza mondiale ha un presidente di sinistra che non si vergogna di dirlo. Come molti altri capi di stato progressisti è attaccato rudemente da una destra anche peggiore della nostra che arriva fino a contestare la cittadinanza di Obama (come se non ci fossero la Corte Suprema e altre innumerevoli istituzioni che ovviamente hanno fatto tutti i controlli necessari al momento delle candidature) e oggi ci sono un paio di stati che chiederanno i certificati di cittadinanza ai candidati alla Presidenza!

Ma la verità è che oggi siamo nel mezzo di una grande rivolta contro la destra e contro il dispotismo in tutte le parti del mondo. Le cinque dita della mano devono essere presentate in alto, non in basso. Va anche rifiutato l’atteggiamento di chi si mette come uno spettatore alla finestra, commentando da esteta della politica la mossa dell’uno o dell’altro. Rendiamoci conto che sul ring non c’è solo il nostro candidato ci siamo anche noi. Un colpo preso da lui, che lo vogliamo o no, arriva in faccia anche a ciascuno di noi. C’è un momento per discutere e scegliere e c’è un momento per agire. Quest’anno si può vincere, ma solo se tutti, e proprio tutti, questa volta, s’impegnano di persona, la vittoria non è scritta in qualche sofisticato ragionamento a priori, non è scritta nei sondaggi di ieri, ma nel voto di domani.

Mi scuso per il tono predicatorio, ma mi auguro che ognuno di voi si metta a predicare e in primo luogo mi aiuti a far circolare la mia lettera, o meglio ancora scriva a sua volta agli amici nello stesso senso. “Andiamo, che ce la si fa”; ognuno di noi si rilegga le parole di Enrico V prima di Azincourt: “Forse siamo pochi, ma in futuro saremo orgogliosi di essere stati tra quei pochi”

Guido MartinottI



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