19 aprile 2011

OSPEDALE SAN RAFFAELE. IL DIAVOLO E L’ACQUA SANTA


Temi drammatici assediano l’opinione pubblica e dividono il Paese come nemmeno il dibattito tra pacifismo e interventismo lo divise nel 1914. Tra pacifisti e interventisti non vi era il muro contro muro ma il tentativo degli uni di convincere gli altri. Berlusconi invece è riuscito non a dividere il Paese ma a spaccarlo: chi crede (o finge di credere per convenienza) alla verità rivelata del Capo e chi no. Con una differenza di civiltà: chi crede alla verità assoluta del Capo non ha tentennamenti nemmeno di fronte all’evidenza, chi non vi crede si rimette al giudizio della magistratura per sapere quanto e cosa di penalmente perseguibile vi sia: la differenza tra chi ha messo il cervello all’ammasso e chi no.

Dunque siamo un Paese diviso e spaccato e lo siamo ormai quasi geneticamente. E lo saremo probabilmente anche nel giudicare la vicenda dell’Ospedale San Raffaele e di don Luigi Verzè, oggi coperto di debiti che non sembra in grado di pagare e a soccorso del quale dovrebbe correre il sistema bancario. Quando le vicende della sanità si mescolano alla fede e alla carità, non è infrequente che su fede e carità s’innestino spirito affaristico, avidità di ricchezza, manie di grandezza e quanto meno ambizioni personali smodate che nulla hanno a che vedere né con il Vangelo né con le Sacre Scritture. Nella presentazione dell’Ospedale San Raffaele non per nulla il suo fondatore dice di aver scelto il suo nome dall’ebraico Raf-el, che significa “medicina di Dio”, “Dio guarisce”, e dice di essersi mosso in ossequio al motto evangelico “Andate, insegnate, guarite”.

Il tema della salute è sempre delicatissimo tanto che ne parla esplicitamente anche la nostra costituzione all’articolo 32 (La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.). Sulla seconda parte dell’articolo si è scatenata la bagarre che conosciamo ma una cosa è indiscutibile: la salute e la sua tutela sono uno dei doveri dello Stato Repubblicano di là dall’indigenza del paziente; deve farlo direttamente e non solo garantendo i meno abbienti ma ovviamente vigilando che in nome della salute non si commettano abusi, in particolare approfittando e della credulità della gente e dello stato di necessità e urgenza che spingono molti dei malati ad abbandonare la via maestra della sanità pubblica per la sanità cosiddetta privata.

Da questo discende l’altra grande domanda: può la salute essere oggetto di attività imprenditoriale che per definizione ha come intento il guadagno, ancorché limitato al “giusto guadagno” (a parte i fiumi di inchiostro e di dottrina riguardo il concetto di “giusto guadagno”)? Altra domanda alla quale è difficile rispondere: quando una attività sanitaria nata con intento caritatevole si trasforma in attività prevalentemente imprenditoriale? Quale è il confine? E’ possibile tracciarlo? Nel caso dell’Ospedale San Raffaele credo che le dimensioni imprenditoriali siano inequivocabili per il volume del denaro che vi ruota attorno, per i suoi rapporti con la sanità pubblica, per il numero dei dipendenti e per la molteplicità delle attività che vi dipendono. Così stando le cose sembra necessario introdurre norme di legge che regolino la vita di questo genere di istituzioni, prevedano lo stesso tipo di controllo al quale soggiacciono tutte le attività imprenditoriali nel nostro Paese.

Il volume dei debiti, il numero dei dipendenti, la diversificazione di attività anche non ospedaliere e per finire il possesso di un jet privato, di aziende agricole, di una università e di molto altro ancora, fanno comunque dell’Ospedale San Raffaele un oggetto enorme e misterioso e ancor più misterioso chi lo governi al di là del fondatore. Il caso è scoppiato alla vigilia delle elezioni amministrative, quelle alle quali per primo Berlusconi attribuisce valore di test politico nazionale e quasi prova generale della sua tenuta. Dunque pericoloso affrontare il problema dell’Ospedale San Raffaele ora, dividere il diavolo dall’acqua santa, riserviamolo al poi. Basta notare che Berlusconi così come ha fatto con Gheddafi, pure la mano di don Verzè ha voluto baciare. Sarà un caso?

L.B.G.



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