12 aprile 2011

FOLLIE: CONIARE MONETA COL PGT


Una delle interpretazioni più accreditare sulla presenza delle mafie nell’economia, fatta propria anche da settori della magistratura investigativa, fa perno sulla nozione di accumulazione originaria. Ad una fase, più o meno duratura di aggregazioni di ricchezze, con metodi per lo più violenti e illegali, fa seguito l’ingresso di capitali e accumulatori nel sistema legale. Così i proventi dei mercati della droga, della prostituzione, del racket, e così via, verrebbero reinvestiti nei mercati legali. Ci son quelli che si son ripuliti da tempo e sono ormai diventati persone rispet-tabili e ci son quelli che si preparano a diventarlo.

Se così stanno le cose, qualcuno si potrebbe domandare se è poi davvero necessario condurre una lotta senza quartiere alla criminalità organizzata, con tutto il carico di tensioni e costi economici che la lotta richiede. Non sarebbe meglio agevolare, almeno per le componenti più presentabili del mondo criminale (quelle in via di ripulitura), per i colletti bianchi, la deriva legalitaria? Ne guadagnerebbero sia l’economia che la giustizia. Più capitali, più lavoro e più tempo per i magistrati e poliziotti per ripulire le città da zingari, clandestini e mariuoli! Quanti sono sotto sotto i politici che ragionano così?

Del resto i figli dei mafiosi sono già oggi, e sempre più spesso, avvocati, medici, professionisti rispettabili. Mica vanno in giro a spaventare i cittadini. E la vita nel bunker è dura, meglio la luce del sole e la parcella sicura. Pare che questo approccio si stia affermando anche in Lombardia, dove, in materia di voti (frequentazioni equivoche, banchetti elettorali, ecc.), di incarichi (Asl), appalti (mancata commissione consiliare al Comune di Milano), sviluppo immobiliare (da dove provengono i capitali?), prevale un approccio molto pragmatico, per lo più orientato al raggiungimento dell’obiettivo, come si usa dire. Con gli strabilianti risultati che vediamo (presentabilità del ceto politico, crisi finanziaria di qualche importante campione sanitario, stato dei cantieri sul territorio).

Per non cadere nelle tentazioni di un simile approccio è opportuno spostare il ragionamento dall’economia criminale all’economia legale, per vedere se qui c’è qualcosa che non va: per riconoscere la patologia bisogna conoscere lo stato di normalità. Se gli antibiotici curano le infezioni, non perdono in efficacia se provengono dal contrabbando. E i barbiturici, in dosi eccessive, sono letali anche se acquistati in farmacia con regolare ricetta medica.

Usciamo dal paradosso: i capitali criminali inquinano certamente la società e hanno effetti disastrosi in alcuni settori (bonifiche, rifiuti, filiera alimentare, scommesse, gioco d’azzardo) e distorsivi della concorrenza in molti altri (ristorazione, imprese turistiche, logistica, appalti pubblici e privati, mondo del commercio, eccetera). Quindi l’attività repressiva è comunque indispensabile e necessaria per tutelare la salute, l’ambiente e le persone perbene.

Se però pensiamo all’aggressione immobiliare cui è sottoposto il territorio, il ragionamento richiede un ulteriore passaggio: se va bene così, come pensano in tanti, se il sacrificio del territorio è un prezzo necessario e inevitabile che bisogna pagare alla modernità, perché l’edilizia è il volano dell’economia, muove diversi punti di Pil, crea lavoro e rende il paese ricco e competitivo; se è davvero così, tutti i capitali vanno bene. Esattamente come i gatti che, quale che sia il loro colore, van tutti bene se prendono i topi.

Se pensiamo invece che l’economia nazionale stia soffrendo una deriva parassitaria, determinata a livello sistemico dall’ipertrofia finanziaria e, a livello locale, accelerata dalla creazione di moneta fittizia attraverso la valorizzazione dei suoli, come se ogni comune avesse la sua zecca, la conclusione è che non solo la lotta alla grande criminalità è necessaria per evidenti ragioni di giustizia, ma è vitale proprio per contenere la propensione parassitaria dell’economia, per il progresso, per l’occupazione e per il benessere complessivo del paese.

Proviamo a pensare a cosa accadrebbe all’economia europea se si affermasse a livello continentale il modello Moratti-Masseroli! A Milano ci si indigna per i regali volumetrici agli amici e si fanno ricorsi. Ma forse, più che al Tar, ci sarebbe da chiedere l’intervento della guardia di finanza e della Banca d’Italia, che dovrebbero vigilare sulla falsificazione monetaria.

L’intrapresa economica non è mai conveniente in un sistema in cui la speculazione, creazione di denaro dal nulla, non solo è possibile, ma stimolata e premiata. Il prezzo da pagare potrebbe essere non solo quello di condonare una volta per tutte l’accumulazione illegale pregressa, ma di lasciare il paese in uno stato di accumulazione originaria permanente. E quindi in una situazione di perpetua illegalità. La battaglia per uno sviluppo territoriale equilibrato sottende una responsabilità molto più grande con implicazioni locali e globali.

Mario De Gaspari



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