12 aprile 2011

IL CASO BOERI E LA RIFORMA DELLA POLITICA


Alla fine anche la lista PD alle comunali è stata partorita. Nove sono i consiglieri uscenti che si ripresentano (su 13 eletti dall’Ulivo). Comprese due deroghe al principio di fare una pausa dopo due mandati consecutivi. Due i politici “di rango” di provenienza esterna al PD (Biscardini socialista e Monguzzi “verde”). La società civile è rappresentata da diversi candidati ma soprattutto dalla testa di lista. Tre su quattro capolista sono conosciuti per la loro attività sociale più che politica: Stefano Boeri, architetto, urbanista, direttore di riviste come Domus prima e Abitare ora; Maria Grazia Guida, direttrice della Casa della Carità una delle più importanti esperienze della “comunità di cura” come piace definirsi oggi a chi fa lavoro volontario con soggetti svantaggiati; Marilisa D’Amico, docente di Diritto Costituzionale in Statale, conosciuta per il suo impegno, non solo accademico, nelle battaglie delle pari opportunità.

Ma quello che nei corridoi della campagna elettorale si mormora è: riusciranno i candidati “civili” a essere eletti? Il Pd, dopo aver chiesto loro di candidarsi, riuscirà a valorizzare il loro apporto? La loro presenza serve solo all’immagine di un partito o è una presenza che può contribuire a portare fuori il partito dalle secche dell’autoreferenzialità e delle lotte interne di basso profilo? La domanda è più che legittima perchè il PD in questi anni ci ha abituato alla proclamazione di “risorse”, “riserve del paese” (addirittura!) che tanto più sono evocate, come preziose, essenziali, indispensabili, in un vortice di aggettivi … tanto più sono destinate all’oblio.

Così, a tanti nel PD capita di essere trattati come i figli di Cronos, messi al mondo per esserne poi divorati, come ha rischiato anche il “faticatore” Fassino, segretario di una stagione delicatissima e declassato poi, a missione compiuta, a “risorsa in servizio permanente effettivo”, vagante senza meta negli organigrammi del partito da più di un lustro, fino a doversi conquistare coi denti (senza che il partito ufficialmente si schierasse con lui) una candidatura a sindaco della propria città.

La domanda nasce anche dal modo in cui (e sono due mesi) la “pancia” del partito fatica a digerire il nome di Boeri, che invece di essere speso come il nome che qualifica l’innovazione del PD, ne diviene piuttosto un ingombro. Un ingombro nei rapporti con il candidato Sindaco, che mal sopporta la presenza e la visibilità di un uomo che lo sopravanza nettamente come visione e capacità oratoria (vedi evento al Dal Verme dove non lo si voleva far parlare…). Un ingombro per molti candidati del PD, che, impegnati ventre a terra nella sorda lotta per le preferenze, non hanno né tempo né voglia di spendersi a favore di quello che ormai è divenuto il loro più pericoloso concorrente.

La domanda ricade al fine sul gruppo dirigente del partito (locale e nazionale) che l’ha voluto e la risposta nella pratica sarà la prova dell’esistenza di tale gruppo dirigente, del suo peso e della sua unità. Molti infatti si pongono da tempo la domanda: ma esiste il PD milanese? Esiste il PD nazionale? O ci sono sette leader e sette correnti ognuna che pensa per sé?

Io continuo a credere che Stefano Boeri (e con lui Maria Grazia Guida e Marilisa D’Amico) sia davvero una risorsa (ops!) straordinaria per una riforma politica del centrosinistra milanese. Stefano Boeri ci racconta una città da cambiare in sintonia con le migliori novità della sinistra riformatrice europea e mondiale. Stefano innova una tradizione riformista senza la quale è impossibile comprendere Milano e soprattutto governarla. Non dimentichiamo che questa tradizione, in momenti difficili per il paese, oggi è l’unica a mantenere un’autorevolezza in grado di essere riferimento: l’autorevolezza che ha il Presidente della Repubblica anche oltre il suo ruolo istituzionale.

Una sinistra che pensi di fare “la furbetta” utilizzando le divisioni del centro destra e il nascere di un esplicito dissenso politico a destra e al centro come il terzo polo solo in termini elettorali e senza una capacità di coinvolgimento non può vincere a Milano. Può forse arrivare al secondo turno, ma senza una capacità di parlare al popolo milanese fatto di imprenditorialità, di lavoro, di creatività, di sviluppo che sostiene la solidarietà, non c’è credibilità. Solo un profilo riformista e innovatore può trascinare il centrosinistra alla vittoria.

Se è vero che la figura di Boeri racchiude in sé la validità non rimandabile di una prospettiva nuova, allora ci si deve porre rapidamente alcune domande e, please, alcune risposte. In primo luogo, il PD si riconosce effettivamente nel suo capolista, per le ragioni appena descritte? Se sì, il candidato va difeso, nell’interesse di tutti, nella sua piena visibilità sugli organi di comunicazione e nelle iniziative pubbliche, senza se e senza ma, senza abbandonarsi a piccole gelosie nella difesa di orticelli, quando c’è invece da prendersi la prateria.

In secondo luogo, è tollerabile in questa prospettiva, un insuccesso elettorale del capolista? Se no, non servono a nulla roboanti, per quanto sincere, dichiarazioni di vicinanza e sostegno, e neppure le pur lodevoli iniziative pubbliche. Servono i voti, i voti e ancora i voti. Servono le preferenze espresse, raccolte sul territorio dai circoli del PD. Il partito, il suo gruppo dirigente, i coordinamenti di zona, i circoli, devono impegnarsi nella raccolta delle preferenze sul nome di Stefano Boeri, quantificandone l’obiettivo numerico, come si faceva nei cari vecchi partiti della prima repubblica, e assumendosene a tutti i livelli la piena responsabilità politica.

Certo, si dice nel PD, anche Stefano Boeri deve fare il suo, deve allargare il recinto dei voti del PD, altrimenti che l’abbiamo candidato a fare? Il ragionamento in sé non fa una grinza, ma per produrre positivi effetti operativi, la condizione essenziale è che il nome e la rilevanza della sua figura non vengano, lentamente e altrettanto inesorabilmente, ridimensionate, quale esito finale della concorrenza dei fattori che abbiamo sopra descritto. Per allargare il recinto, per dispiegare il suo potenziale extra moenia, Stefano Boeri ha fondato in tempo record la sua associazione “Cambiamo Città, Restiamo a Milano” e con questa promuove iniziative su tutto il territorio, spesso in collaborazione con il PD.

Forse “il vento ha fatto il suo giro” e l’adrenalina della campagna elettorale muoverà in una giusta direzione le forze. E’ importante fare chiarezza “prima del via” e ognuno deve assumersi le proprie responsabilità. Ne va della possibilità di aprire una nuova stagione di riforme e del ruolo che in esso il PD possa svolgere o meno.

Pier Vito Antoniazzi



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