5 aprile 2011

IL CAR SHARING PUÒ FARE DI PIÙ


La mobilità automobilistica urbana a Milano rappresenta senza dubbio una delle sfide più complesse che il sistema dei trasporti si trova e si troverà sempre più ad affrontare per migliorare in termini di sostenibilità sociale, ambientale ed economica: lo suggerisce il buon senso, e lo indicano i dati sul traffico. Il car sharing rappresentava una grande speranza come strumento potenzialmente in grado di migliorare la sostenibilità della mobilità urbana: tuttavia, nonostante a livello globale abbia avuto un trend crescente negli ultimi anni, continua a rimanere un piccolo mercato di nicchia e sembra mostrare numerosi limiti; in Europa si contano circa 385.000 membri in quattordici stati con la predominanza di Svizzera e Germania dove sono nate le prime esperienze. In Italia si registrano undici iniziative attive per un totale di circa 18.000 utenti con Milano e Venezia a rappresentare le realtà più consolidate.

A Milano oltre a Guidami di Atm è da poco attivo un nuovo servizio denominato E-Vai gestito da Trenitalia – LeNord, che prevede l’uso in car sharing di mezzi elettrici. Numerosi studi internazionali evidenziano l’esistenza, a oggi, di un mercato ben definito ma molto limitato per questo tipo di servizio (utente tra 25 e 45 anni con un reddito medio alto, ben istruito, single e senza figli, residente in area urbana densa, ben servita dal Trasporto Pubblico Locale). Benché potenzialmente il mercato per il car sharing sia più ampio, nella forma attuale sembra difficile che possa diventare ed essere percepito come uno strumento alternativo di mobilità. Le più importanti esperienze estere evidenziano come la capillarità, la flessibilità e l’integrazione del sistema con gli altri strumenti di mobilità urbana insieme con adeguate politiche di supporto siano elementi imprescindibili per una efficace implementazione di schemi di car sharing tradizionale, ma difficilissimi da realizzare.

Bisogna anche considerare la particolarità del contesto italiano dove prevale una scarsa propensione ad abbandonare il proprio veicolo per una duplice motivazione: psicologica (aspetto emotivo legato al “possesso”) e pratica (dovuta alla flessibilità spaziale e temporale garantita all’auto propria a motivo del basso rischio di essere sanzionati per divieto di sosta, rispetto ad altri paesi più rigorosi).

Una speranza per il car sharing sembra arrivare, anche questa volta, dalle nuove tecnologie e prende il nome di peer-to-peer car sharing: esso sviluppa una concezione completamente diversa, sicuramente più innovativa e promettente di mobilità che parte dall’esperienza quotidiana in cui un veicolo risulta parcheggiato per la maggior parte del tempo con un utilizzo decisamente inefficiente sia del mezzo che dello spazio urbano (una risorsa molto scarsa). Questo sistema prevede invece che l’auto propria venga resa disponibile ad altri nelle ore di mancato utilizzo, a fronte del pagamento di una tariffa (in alcuni casi decisa dal singolo proprietario).

Al momento vi sono alcune interessanti esperienze pilota nel mondo (Relayrides, Spride, Getaround in USA e Cityzencar in Francia). Il Politecnico di Milano con il progetto “Green Move” è impegnato da quest’anno nello studio di un servizio di car sharing innovativo per l’area urbana milanese, basato proprio su questo approccio innovativo al sistema. I benefici sembrano essere potenzialmente grandi, sintetizzabili in: meno auto per strada, e una minore propensione all’acquisto della (n-esima? seconda? forse addirittura prima?) auto.

Vale la pena infine considerare l’altro promettente aspetto del progetto, cioè il fatto che si basa, anche se non in modo totalmente esclusivo, su veicoli elettrici. E le principali case automobilistiche mondiali sembrano stiano dedicando grande attenzione (e risorse) al settore per creare in tempi brevi modelli competitivi con i veicoli tradizionali, soprattutto per le aree urbane. Sembra dunque che si possa essere moderatamente ottimisti: secondo i risultati di una recente indagine di mercato svolta da Deloitte la propensione verso questo tipo di veicoli sta aumentando, purché l’autonomia aumenti e i costi d’acquisto diminuiscano (i costi operativi sono già più bassi del 20% circa). Sul versante dell’autonomia una soluzione possibile sembra essere l’adozione di batterie modulari standard da sostituire una volta scariche (di fatto sono quindi noleggiate), mentre alcune ricerche sembrano suggerire ancora grandi margini possibili nel miglioramento dei tempi di ricarica.

Raffaele Grimaldi e Antonio Laurino



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