5 aprile 2011

RAPE METROPOLITANE E NON SOLO


Più della metà della popolazione umana vive ormai nelle città. Il sorpasso della metropoli sulla campagna pone una sfida molto interessante. La città non può più essere concepita come un cancro di cemento, isolato dal resto. Città, campagna, natura selvatica non possono più essere considerate come elementi separati. Hanno strette connessioni, scambiano tra di loro flussi di materia e informazione, e soprattutto dipendono le une dalle altre. In questa prospettiva, secondo le più recenti ricerche urbanistiche le città dovranno modificarsi, accogliendo al loro interno anche le funzioni che prima spostavano al di fuori dei loro confini.

Anche i cittadini stanno cambiando la loro richiesta di verde. Sempre più persone reclamano un verde non solo da ammirare, o del quale fruire passivamente, ma nel quale intervenire attivamente progettando, curando le piante e organizzando attività culturali. Negli ultimi anni, in tutte le città europee e americane si sono verificati due fenomeni interessanti e collegati tra loro: è drasticamente aumentato il numero di persone che si sono dedicate all’orticoltura cittadina, reclamando spazi o coltivando vasi sui balconi. Contemporaneamente sono nati i giardini comunitari. Sono spazi dove gruppi di persone condividono la gestione di un angolo di terra, si ritrovano insieme a lavorare e scambiare consigli, per migliorare un angolo del loro quartiere. A New York, San Francisco, Buenos Aires, Berlino, Londra, sono stati riabilitati in questo modo quartieri degradati. I giardini comunitari infatti non sono semplici giardini: una parte consistente è destinata all’orto, che impegna le persone a una cura continua. E sono spazi che tutti gli abitanti della zona possono frequentare liberamente, dove è ben accolta ogni nuova idea, dove c’è spazio per esprimere anche forme di arte e per organizzare iniziative di animazione.

Milano è una città in ritardo. Una città dove gli orti sono disordinati, da riservare agli anziani non benestanti e il verde pubblico non può essere toccato dai cittadini. Si possono sponsorizzare dei progetti, ma solo come attori economici. Il risultato è sotto agli occhi di tutti. Da qualche anno però qualcosa si è mosso: prima all’interno dell’ex ospedale Pini, poi al Parco Trotter, negli spazi sociali frequentati dai giovani, in angoli di quartiere, nelle scuole o nei giardini condominiali, gruppi di persone hanno dato vita a esempi molto simili a quelli nord europei. Giardino degli Aromi, Giardini del sole, Play ground, Torchiera e Villa vegan, Piano terra, sono alcune delle realtà che hanno creato giardini comunitari ed esempi di verde partecipato. Per aiutarsi, scambiare tecniche e informazioni, e soprattutto cercare di promuovere altri esempi simili a Milano, si sono messe in rete. E’ nata così la Rete delle Libere Rape metropolitane, presentata il 10 dicembre scorso, presso la facoltà di Agraria di Milano.

La rete ha delle proposte precise: fare in modo che i giardini comunitari possano crescere in ogni quartiere, ma anche fare in modo che il Comune di Milano, come hanno fatto New York, Parigi e altre città, ne riconosca l’altissimo valore ambientale e sociale. A New York nell’ottobre scorso è stato firmato un accordo, che oltre a riconoscere e ufficializzare un giardino comunitario, garantendone la continuità nello spazio scelto, impegna la municipalità a cercare un’altra comunità di persone disposte a continuare il lavoro, nel caso il primo gruppo non abbia più potuto mantenere l’impegno. Come mai? Perché ci si è accorti che la presenza di queste realtà ha cambiato la faccia dei quartieri, rendendoli migliori e, tra l’altro, spesso aumentandone anche il valore immobiliare. A Parigi l’accordo con la municipalità impegna il Comune a fornire una bonifica del terreno, acqua e luce. In cambio i cittadini mettono le piante, le coltivano, aprono lo spazio e organizzano attività pubbliche.

Non sono attività costose, anzi. Con poco sforzo anche Milano potrebbe cambiare la sua faccia. Per questo le Libere Rape metropolitane hanno preparato una bozza di accordo per la nostra città, da presentare non appena si sarà insediata la nuova giunta comunale. E nel frattempo è partito l’appello perché tutti segnalino le aree abbandonate, perse, mai utilizzate, comprese quelle che erano destinate a progetti avveniristici, che per mancanza di soldi non sono mai stati fatti. Lasciarle così è uno spreco. Potrebbero invece ospitare, anche temporaneamente se il progetto dovesse un giorno davvero partire, dei giardini comunitari.

Le segnalazioni (che vanno inviate a ortodiffuso@inventati.org) verranno pubblicate sulla mappa di Orto diffuso, la mappa (visibile qui http://ortodiffuso.noblogs.org), che mostra l’orto invisibile che si annida dentro a Milano (l’orto degli orti comunali, ma anche quello dei balconi, dei giardini, degli spazi privati), per dimostrare che la possibilità di coltivare fa parte dei bisogni più profondi anche di chi vive nella metropoli. I gruppi che vorranno poi procedere dal dire al fare, troveranno il supporto delle Libere rape metropolitane, che forniranno piantine, semi, consigli tecnici e aiuto. Libere rape metropolitane è raggiungibile su Facebook: ortocircuito Milano, oppure ortocircuito-milano@inventati.org.

Mariella Bussolati



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