29 marzo 2011

MAFIA IN LOMBARDIA: ASPETTANDO UNA NUOVA CAPACI


Per anni è stato detto e confermato da persone autorevoli che in Lombardia le mafie non ci sono: dal “Milano non è Palermo” di Pillitteri al “C’è qualche mafioso ma non le organizzazioni” del prefetto Lombardi al “non si devono diffamare gli onesti cittadini milanesi con insinuazioni simili!” del sindaco Moratti ad Annozero, più la bocciatura del varo di un Osservatorio antimafia del Comune di Milano. Con il brindisi al capo della ‘Ndrangheta della Lombardia nel circolo ARCI Falcone e Borsellino (!) di Paderno Dugnano la ‘Ndrangheta ha provveduto a rendere evidente la sua presenza, confermando ciò che gli storici, i giornalisti attenti, le associazioni antimafia sapevano e dicevano da un pezzo, ovvero che ‘loro‘ sono qui da molti anni, sono potenti e organizzati.

Dopo i 300 arresti seguiti alla operazione Infinito organizzata fra Milano (Ilda Boccassini) e Reggio Calabria (procuratore Pignatone) ci siamo scoperti indifesi. Ma per la popolazione non è cambiato nulla: non c’è il sentimento della paura, del doversi difendere, impegnare, prendere posizione. Tutto come prima. L’idea che le mafie sono un fenomeno delle regioni meridionali e che i pericoli da noi sono ben altri, perdura. C’è una sostanziale disponibilità a convivere con la mafia, come per altro sia pure inconsapevolmente, si è fatto per una cinquantina d’anni.

Le casalinghe, gli anziani sono molto più preoccupati dalla presenza dei Rom o degli extracomunitari, temono gli scippi e i furti dei tossicodipendenti citati nelle cronache dei mass media non le attività di mafia. Chi sa qualcosa di mafia ha in mente la mafia siciliana, coppola e lupara, i rituali di affiliazione o i delitti importanti. Non riguarda la popolazione una mafia che inquina l’economia, che agisce ai livelli alti della società, nella finanza, nell’economia, nella politica. E va tenuto conto che più si scopre che ci sono collusioni fra mafia e politica, ovvero che l’elezione di alcuni amministratori o parlamentari è avvenuta con voti di stampo mafioso, e più cresce la convenienza del mondo politico a mettere la sordina sull’argomento mafie.

D’altra parte, oltre alle notizie di cronaca, si è mai vista una campagna istituzionale contro il racket e l’usura? Una campagna che spieghi che se non facciamo qualcosa finiremo col lasciare alle organizzazioni mafiose il controllo del territorio e diventeremo come la Sicilia o la Calabria o la Campania del passato? In quelle regioni sono nate le mafie ma anche l’antimafia, c’è un risveglio delle coscienze, i cittadini si rendono conto che devono scegliere da che parte stare, sono nate associazioni di giovani come Addio Pizzo ma anche la Confindustria ha preso una posizione chiara e precisa, estromettendo gli imprenditori collusi. Da noi questa mentalità è tutta da costruire.

Ci sono associazioni come Libera, Saveria Antiochia Omicron, i Circoli Impastato e tanti altri piccoli gruppi, ma per cambiare la mentalità diffusa il lavoro da fare è enorme. Negli incontri sporadici con studenti che organizziamo nelle scuole misuriamo l’enorme ignoranza sul fenomeno, che non rientra nei programmi e non esiste quasi sui libri di testo. Per impegnarsi occorre invece una conoscenza seria e approfondita.

Loro intanto hanno mutato strategia, non organizzano stragi (per fortuna) per non creare allarme sociale. L’effetto boomerang di Capaci e via D’Amelio lo hanno metabolizzato con cura. Se chiedono il pizzo è una cifra sopportabile, che non strozza. Quindi gli imprenditori e i commercianti non denunciano, subiscono ma stanno zitti, come ha dichiarato il Procuratore antimafia Ilda Boccassini. Convivere con la mafia è diventato un’abitudine, considerata meno pericolosa che opporsi e chiedere l’aiuto della polizia.

Una nota positiva però c’è: il Consiglio Regionale della Lombardia nell’autunno 2010 ha deciso all’unanimità di prendere una netta posizione contro la criminalità organizzata, ha consultato esperti e associazioni antimafia e nel febbraio 2011 ha emanato una legge per l’Educazione alla Legalità che permetterà (speriamo) a molte scuole di realizzare progetti antimafia. Con trenta anni di ritardo rispetto alla Sicilia, dove una legge simile ha visto la luce nel 1980, ma è una svolta importante.

Jole Garuti*

*Direttrice Associazione Saveria Antiochia Omicron



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