SILVIO FOREVER

di Roberto Faenza e Filippo Macelloni
[Italia, 2011, 85′]

con il doppiaggio di Neri Marcoré

Questo progetto cinematografico realizzato da Roberto Faenza e Filippo Macelloni con i testi di Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo ripercorre interamente la vita dell’uomo più noto e più potente d’Italia, Silvio Berlusconi. Biagi ipotizzava un Berlusconi annunciatrice, Montanelli lo definiva il più grande piazzista in circolazione. I due registi del film gli hanno permesso un passo ulteriore: è finalmente attore protagonista e voce narrante delle proprie impareggiabili gesta.

Berlusconi, come più volte ci ricorda nel film, ha fatto dell’infallibilità, spesso presunta, una ragione di vita e di successo. Da giovane era il più abile conquistatore, il preferito dai professori come studente, un venditore modello, un imprenditore generoso e lungimirante, un politico fedele ai propri principi e alle promesse, un intrattenitore fenomenale. Gli italiani nel 1985 sono persino scesi in piazza per difendere le sue televisioni, per tutelare il loro diritto alle serie e ai programmi proposti dalle sue reti commerciali.

La programmazione e i contenuti del mezzo televisivo hanno fortemente influenzato le aspettative, i desideri, lo stile di vita del popolo italiano. Berlusconi, perciò, non ha avuto bisogno di scendere in politica e professare una verità inconfutabile, egli impersonava già la verità. Rappresentava il modello a cui la maggioranza degli italiani aspirava. È sempre riuscito abilmente a evadere dalla gabbia della coerenza. È sceso in piazza per difendere i diritti della famiglia con due matrimoni e relativi divorzi alle spalle, ha accusato più volte la sinistra di controllare l’informazione possedendo tre televisioni, un quotidiano e numerosi periodici, ha giurato che non si sarebbe mai più seduto a tavola con Umberto Bossi. Il popolo italiano, una metà abbondante, lo ama e lo segue da ormai diciassette anni.

Questo film ci mostra le sue abilità, le sfaccettature della personalità del personaggio senza sfociare nella faziosità. Le sue storie d’infanzia, le sue boutade, le barzellette in pubblico, le canzoni servono a mostrare il suo lato umano e, al tempo stesso, costituiscono quel vantaggio comunicativo inaspettato e sbalorditivo oltre che quella parte segreta e fantasiosa che la sinistra ha fatto sempre così fatica a comprendere e che da essa è stata quasi sempre sorpresa. Silvio Forever è un’ora e mezza di berlusconismo puro, originale, senza filtri. Silvio Berlusconi è il comico, il giullare in prestito ormai perenne alla politica.

Le parole che riporto qui di seguito sono di Arthur Koestler da Buio a mezzogiorno e hanno rappresentato il mio primo pensiero una volta uscito dalla sala cinematografica: “In periodi di maturità è dovere e funzione dell’opposizione ricorrere alle masse. In periodi di immaturità mentale, solo i demagoghi invocano il più alto giudizio del popolo. In tali circostanze l’opposizione ha due alternative conquistare il potere con un colpo di Stato, senza poter contare sull’appoggio delle masse; o in muta disperazione buttarsi già dall’ala… morire in silenzio

Marco Santarpia

In sala a Milano: Anteo, Eliseo, UCI Cinemas Bicocca

 

IL CONCERTO

di Radu Mihaileanu [Le Concert, Francia, Italia, Romania, Belgio, Russia, 2009, 119′]

con: Aleksey Guskov, Dmitri Nazarov, Mélanie Laurent, François Berléand

«L’orchestra è un mondo, suoniamo assieme nella speranza di arrivare a un suono magico: l’armonia. Questo è il vero comunismo», dice pressappoco Andrei Filipov (Aleksey Guskov), prima di dirigere i suoi musicisti al Theatre du Chatelet a Parigi. Filipov, trent’anni prima, era stato licenziato dal suo incarico di direttore dell’Orchestra del Teatro Bolshoi di Mosca per essersi rifiutato di espellere alcuni musicisti ebrei. Il concerto [Le Concert, Francia, Italia, Romania, Belgio, Russia, 2009, 119′] di Radu Mihaileanu racconta l’opportunità di rivalsa di questi vecchi musicisti: terminare il Concerto per violino e orchestra di Tchaikovsky, brutalmente interrotto trent’anni prima dal regime brezneviano.

L’occasione si presenta per caso. Filipov – degradato a uomo delle pulizie del Teatro Bolshoi – intercetta un fax nell’ufficio del direttore del Teatro: l’invito del Theatre du Chatelet di Parigi per l’Orchestra del Bolshoi. Con l’aiuto dell’amico Sacha (Dmitri Nazarov) progettano una “zingarata”, riuscendo a riformare la vecchia orchestra e volare a Parigi all’insaputa di tutti.

Mihaileanu gioca con ironia con gli stereotipi della Russia post-comunista, fatta di mafia, soldi e nostalgia dell’antico regime. Diverte la sconquassata “armata brancaleone”, con musicisti ebrei che in ogni modo cercano di fare affari e gitani danzanti che tutto sembrano, tranne che strumentisti di una prestigiosa orchestra. «Ridere è un altro modo di piangere», disse Mihaileanu a proposito di Train de vie [Francia, 1998]; anche con Il concerto il regista è bravo a far ridere commuovendo.

Splendida Anne-Marie Jacquet (Mélanie Laurent, bella) violinista solista scelta da Filipov per il concerto, inconsapevole di essere anch’essa coinvolta nelle memorie di trent’anni prima. «Non si può far rivivere il passato», confida a un rassegnato Filipov. Ma sarà la musica a smentirla. Saranno quei dodici minuti finali – sulle note di Tchaikovsky – durante i quali l’ “armonia suprema”, come la chiama Filipov, riesce a trasformare la speranza in magia. L’orchestra incanta; Anne-Marie scopre il suo passato; noi, in sala, ridiamo e piangiamo, proprio come avevamo fatto guardando Train de vie.

Paolo Schipani

In sala: Cinema Sant’Ambrogio – Arluno (MI) – Giovedì 31 marzo, ore 21, ingresso 3,50 euro

 

 questa rubrica è curata da Marco Santarpia e Paolo Schipani

rubriche@arcipelagomilano.org

 

 



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