8 febbraio 2011

MILANO, ARROGANZA MUNICIPALE


Il governo di una città “capoluogo” – di Provincia e di Regione, nel caso di Milano – può esimersi dalla necessità e capacità di avere un rapporto strutturato, stabile e funzionale con i Comuni che a essa si riferiscono? È possibile che una parte dei problemi che Milano vive siano dipendenti da un certo deficit di relazionalità che da decenni sembra corrodere il prestigio e il ruolo stesso della città di Ambrogio? Queste due domande consentono di aprire una riflessione circa il fatto che da lungo tempo Milano non è più in grado di tessere rapporti, disegnare strategie e costruire alleanze né con i Comuni dell’hinterland né con gli altri capoluoghi lombardi.

“Vista da fuori” Milano appare incapace di saper gestire il proprio ruolo di capoluogo, la propria funzione di sede di funzioni amministrative che riguardano un territorio urbano più ampio di quello racchiuso nei suoi confini. Da troppo tempo mancano occasioni di confronto sui grandi problemi che attanagliano l’area metropolitana milanese (e spesso quella più ampia che si allarga sulle provincie circostanti): appare incredibile come negli ultimi 25 anni Milano non sia riuscita – o addirittura non abbia proprio voluto – mettere intorno allo stesso tavolo i Comuni della Provincia e le istituzioni superiori per discutere congiuntamente del più grave problema che le nostre comunità vivono, quello della mobilità, al quale sono ovviamente connessi quelli del traffico, dell’adeguatezza dei trasporti pubblici, dell’inquinamento. Ancora in questi giorni abbiamo assistito alla volontà di produrre provvedimenti autonomi – e per questo incomprensibili – come quello del blocco del traffico domenicale che hanno dimostrato tutta la loro inefficacia nel combattere il problema delle polveri sottili. Non un invito a prendere decisioni condivise, non un serio appello alla Regione perché coordinasse tutte le Amministrazioni comunali, non uno scatto d’orgoglio che lasciasse trasparire l’esigenza di dimostrarsi davvero capoluogo.

Le stesse politiche tariffarie applicate ai trasporti pubblici lasciano ben intendere che non solo a Milano non interessa quanto accade fuori dai propri confini daziari, ma addirittura che Milano non comprende affatto che il mancato coordinamento di tariffe per trasporti e gestione dei parcheggi di interscambio produce problemi aggiuntivi alla città; la mancanza di politiche di area vasta riguardanti il trasporto pubblico non può che generare su Milano un incremento della pressione prodotta dal traffico. Facciamo un esempio: negli anni ’60 il progetto della “Linee celeri dell’Adda” – l’attuale linea 2 della Metropolitana – fu proprio pensato per gestire i flussi di traffico già allora importanti che provenivano da est; le fermate di tale linea esterne a Milano sono tredici, raggiungendo sette Comuni diversi. Se ci soffermiamo a pensare quale altra importante opera pubblica abbia avuto uno sguardo così rivolto all’esterno, ci accorgiamo che Milano ha smesso da tempo di pensarsi in modo più ampio rispetto ai 182 km quadrati del proprio territorio.

Si potrebbero fare considerazioni simili circa le scelte relative agli aeroporti (un improbabile hub più difficile da raggiungere degli altri due scali minori), il governo del territorio e il relativo consumo di suolo, la densificazione abitativa, le regole per edificare e lo sviluppo sostenibile. Per tutte queste tematiche appare evidente la mancanza di un disegno strategico che nessuno è stato in grado di tessere. Qualcuno potrebbe obiettare che formalmente non spetta all’istituzione Comune di Milano farsi carico di tali coordinamenti; questo ruolo dovrebbe essere svolto dalla Provincia. Già, ma qui è ancora di maggiore evidenza l’incapacità di assumersi il compito di accompagnare tutti i Comuni verso obiettivi condivisi.

La complessità dei problemi che viviamo – e che sopra ho solo citato – rende necessaria la creazione vera e propria, come istituzione di nuova formazione, dell’Area Metropolitana milanese: questo nuovo soggetto dovrebbe sostituirsi alla Provincia di Milano – che come Ente dovrebbe scomparire – e contemporaneamente consentire di modificare ruolo, funzioni e poteri del Comune di Milano e dei Comuni dell’hinterland. Il prossimo Sindaco di Milano cosa pensa al riguardo? Saprà rilanciare la capacità che un capoluogo deve avere di accompagnare i “fratelli minori” fuori dalle secche che oltre venticinque anni di assenza di ruolo hanno prodotto?

Eugenio Comincini*

*Sindaco di Cernusco sul Naviglio



Condividi

Iscriviti alla newsletter!

Per ricevere in anteprima sulla tua e-mail gli articoli di ArcipelagoMilano





Confermo di aver letto la Privacy Policy e acconsento al trattamento dei miei dati personali




Ultimi commenti