25 gennaio 2011

MILANO CENTRALE. L’ORRIDO DEL DETTAGLIO


Dopo tutto ciò che è stato detto e pubblicato, volutamente non ho mai scritto nulla sulla ristrutturazione della Stazione Centrale. Perché sarebbe stato come “sparare a un uomo morto”. Che questo sia un progetto profondamente travisante una importante funzione lo hanno espresso tutti: critici di architettura e urbanistica, architetti, semplici pendolari e finanche cittadini affezionati alla rubrica delle lettere ai direttori dei quotidiani milanesi. Dopo il sistematico scempio della disciplina di Caratteri Distributivi degli Edifici, il progetto allunga e inopinatamente confonde i percorsi funzionali facendo perdere l’orientamento verso il treno (vi ricordate il gioco della mosca cieca?) cancella l’uso della Galleria coperta esterna, squarcia la Galleria interna, quella dove era in esposizione il modello di un grande transatlantico, non ha sale di aspetto confortevoli o almeno bar con tavolini, gli stessi negozi introdotti difficilmente visibili e incredibile carenza di visibilità per i tabelloni di arrivi-partenze.

Sembra quasi che l’edificio abbia perso la sua funzione di Stazione Ferroviaria, per adottare quella della “Torre di Babele”, che naturalmente non ha niente a che fare con arrivi e partenze, ma che ottiene il risultato di far girare a vuoto una utenza incomunicante, senza chiare indicazioni. E qui non stiamo parlando di un edificio qualsiasi ma, “nientepopodimeno” che di uno degli edifici pubblici più importanti per le grandi città: la Stazione Centrale.

Ma che a tutte questa nefandezze ci si potesse aggiungere l’ORRIDO, me ne sono accorto più tardi e a questo punto mi sono sentito autorizzato a “sparare all’uomo morto”. E’ successo che, per costruire le nuove scale mobili, è stato necessario demolire parte della bella Galleria Superiore manomettendo il pavimento originale, tagliandolo in modo irragionevole senza tener conto della decorazione in mosaico che, ripetuta, rappresentava un antico simbolo delle legioni Romane: un’aquila con le ali spiegate.

Ebbene, il diabolico squarcio dello sventramento ha tagliato un pezzo d’ala alla fila delle aquile (amputamento che non sarebbe stato necessario se lo sventramento fosse stato un metro in meno). Accortisi del danno, e forse spinti dal senso di colpa, hanno pensato di recuperare l’ala tagliata ricostruendola ad angolo retto, in verticale a filo del parapetto dello sventramento. Ma quale mente umana ha potuto pensare una tale soluzione, quale Direzione Lavori ha potuto eseguirla con tanto di scossalina inox e quale collaudatore finale l’ha ritenuta accettabile?

Meglio allora un’aquila mutilata, (e ripeto, con un po’ di attenzione si poteva evitare) che questi nobili volatili con un’ala ingessata in una posizione innaturale che ricorda un saluto Romano che sicuramente nessun volatile di questa specie avrà mai fatto in vita sua. Certo, a questo punto, alcuni potrebbero dirmi che esistono argomenti più interessanti di cui parlare; ma qui siamo di fronte a un problema che ritengo fondamentale per il riconoscimento dell’opera di Architettura, che si rivela tale soprattutto per la qualità del disegno dei “Particolari Costruttivi”. Ho rivisto recentemente la facciata della Raffaisen Bank di Adolf Loos a Vienna, dove la nobiltà dell’edificio, d’altronde molto semplice, si può attribuire quasi completamente al disegno di questi “Particolari”.

 Gianni Zenoni

    



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