23 novembre 2010

IL CANDIDATO “LAICISTA”


Caro Antoniazzi, non sono del tutto d’accordo sulla tua analisi (Arcipelago del 16 Novembre) e soprattutto mi dispiace che avendo tu partecipato, come mi pare di aver capito, alle votazioni primarie, cominci subito a mettere paletti e a insinuare sospetti su Pisapia. Pisapia è stato votato e da quel momento anche chi aveva votato altri candidati deve sostenerlo senza riserve mentali. La mela del centrosinistra si rompe solo se qualcuno la vuol rompere ed è avvelenata solo se qualcuno il veleno ce lo vuol mettere. Se siamo tutti d’accordo che lo scopo primario è ora di liquidare la banda Morattiana, a questo dobbiamo dedicarci, non a rifare il pelo ai nostri rappresentanti ed io penso che Pisapia vada sostenuto e non inquisito.

Avrei poi una preghiera, in senso proprio e se vuoi in ginocchio, da fare a voi amici cattolici. Basta con il termine spregiativo di laicista. Io ho diritto a non essere chiamato laicista esattamene come tu hai diritto a non essere chiamato clericale o baciapile. A suo tempo ti ho votato e sostenuto senza mai chiedere o chiedermi o chiederti, se tu fossi credente o meno, o che tipo di credente fossi. E poi, guarda, sul piano dei principi comuni (che l’ho detto e lo ripeto, non possono che essere principi cristiani perché siamo stati entrambi cresciuti da famiglie cristiane e almeno per me, perché sono stato cresciuto moralmente da un buon parroco cristiano) ti sfido a trovare una differenza tra me e te o qualsiasi altro del centrosinistra – che non sia espressamente appartenente a un’altra religione e quindi cresciuto con dettami diversi. E anche in questo caso bisognerebbe poi vedere principio per principio.

L’unica vera differenza è che io non riconosco su di me l’autorità morale del Pontefice della Chiesa cattolica e quindi del Capo dello Stato del Vaticano, con tutto ciò che ne deriva in termini di decisione delle questioni etiche di interesse comuni. Per me le questioni di etica che interessano tutti vanno decise sulla base dei principi della religione cristiana che entrambi conosciamo e rispettiamo e non sulla base dei dettami di una autorità che tu solo riconosci. Su questi temi dobbiamo trovare di volta in volta una intesa comune che non violi i principi comuni senza imporre all’altra parte principi non condivisi. Per essere più concreto, io seguo con molto interesse i discorsi del Cardinale Tettamanzi e sono certo che sarebbe un buon sindaco di Milano (è già avvenuto in passato) e se capitasse probabilmente lo voterei, come ho votato te, e come voterò Pisapia, però non mi ricordo di aver mai trovato nelle sue parole (ma certo posso sbagliarmi non faccio di mestiere il teologo e non pretendo di conoscere la produzione di questa santa persona) qualche affermazione che entrasse in contraddizione con i miei principi cristiani in nome di una autorità che non riconosco.

Ritornando a discorsi più terra a terra, se vogliamo fare una battaglia comune occorre che da tutte le parti vi sia rispetto per chi ritiene di dover obbedire ad autorità non riconosciute da tutti, e non mi pare di aver mai sentito Pisapia o alcuno dei suoi sostenitori, dire nulla di offensivo della religione cattolica. Gli amici cattolici però devono lo stesso rispetto a chi non crede nell’autorità del Vaticano e devono impegnarsi a discutere apertamente dei grandi problemi contemporanei della persona – lo stare bene materialmente e spiritualmente, le emozioni e gli affetti, l’amore, il sesso, la condivisione dei destini e del quotidiano, la paternità, la maternità, la filiazione, il nostro rapporto generale con la vita (che non è come sembrano credere molti integralisti qualcosa che comincia al momento del concepimento e finisce al momento della nascita) e che comprende anche indissolubilmente la morte.

Insomma, su questi temi non si può non trovare un terreno di intesa che deve essere sulla base di comuni principi di umanità senza che vi siano imposizioni assolute di Autorità: l’assolutismo e l’autoritarismo non sono buoni compagni di viaggio dell’autorità morale e civica, che si basa invece sul convincimento e l’adesione e sulla tolleranza delle diversità. Ma soprattutto si devono evitare le intolleranze dell’assolutismo: o meglio l’assolutismo va benissimo per chi crede in Dio e attribuisce a questo Dio norme inderogabili (salvo poi dopo qualche tempo dire contrordine, ci siamo sbagliati) ma non può essere imposto ad altri su questioni terrene sulle quali poi di volta in volta la Chiesa assume posizioni diverse.

Il matrimonio è indissolubile? Benissimo, chi crede in questo precetto lo osservi; ma non si procurino sofferenze a innocenti che la pensino diversamente. Il vescovo di Prato ha fatto molto male a una giovane coppia, passa qualche anno e si scopre che la giovane coppia aveva ragione, o quantomeno che è meglio lasciar correre. Chi paga i danni morali e materiali di queste inutili crudeltà che poi finiscono quasi sempre a essere perpetrate sulle donne, la parte più debole? La mancanza del divorzio non ha probabilmente salvato una che è una unione, ma ha causato incalcolabili sofferenze a donne, uomini, figlie e figli genitori, obbligati a “peccare” e comunque a soffrire assieme da una norma obsoleta ed effimera, palesemente in contrasto con i principi di umanità e misericordia, se queste parole hanno un senso. E così per il divorzio, l’aborto, il concepimento, le staminali, e altre norme convenzionali contrabbandate per dettami di un Dio pronto a cambiare opinione secondo convenienza.

Ricordate la questione, ai limiti del ridicolo e della modestia intellettuale, del profilattico? Come era possibile considerare contrario alla volontà divina o a un qualsivoglia valore assoluto l’uso di uno strumento di controllo del contagio di una grave epidemia in nome della possibilità che questo uso impedisse il concepimento, in una parte del mondo dove la vita più che un dono appare come una condanna atroce? Ora, con mossa felpata, ci si dice che forse “in alcuni casi si può”, che è esattamente quello che dicevamo noi poveri laici peccatori (e allora anche i missionari in trincea). Ma intanto i danni alla credibilità universale del Pontefice e le incalcolabili insofferenze dovute al contagio, ma anche alla nascita di esserini infettati in paesi dove la salute è un bene così prezioso, chi li paga? E non potevate pensarci prima?

E allora non sarebbe meglio discutere le diverse concezioni di umanità che si confrontano su questi temi accettandosi da parte dei credenti nella Chiesa romana e di altre chiese l’intento di trovare un terreno comune anche con gli illuministi relativisti invece di opporre assolutismi su temi che poi magari tra qualche anno verranno dalla Chiesa stessa recepiti? E andando più al concreto ancora io voglio sapere se il mio amico DD che vive felicemente da molti anni con una compagna, con cui ha figli giovani adulti, possa essere riconosciuto come cittadino con tutti i diritti senza essere obbligato a inginocchiarsi di fronte a un ministro di un culto che non riconosce. Pisapia si offre di trovare soluzione per le migliaia di casi simili, quale è il principio di umanità per cui tu Antoniazzi (o chiunque altro di voi amici cattolici) ti debba persino rifiutare di discutere questa possibilità, definendola “avvelenata”? Ed è credibile, in base a un comune senso dell’etica, che per evitare di discutere di questi problemi ci sia qualcuno di voi già disposto ad allearsi con il sindaco in mutande, che avrà forse i suoi meriti, ma che certo non è uomo preclaro per i suoi sani principi religiosi. Io non ci posso credere, e me lo dovresti spiegare, come si dice, papale papale.

Guido Martinotti

 



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