16 novembre 2010

COME SFRATTARE L’INQUILINA DI PALAZZO MARINO


«Se ci sono due o più modi di fare una cosa,e uno di questi modi può condurre ad una catastrofe, allora qualcuno la farà in quel modo.» Continuerà ad essere la legge di Murphy la più rispettata dai gruppi dirigenti del Pd come nella preparazione e conduzione delle primarie milanesi o resterà l’austero Regolamento sul quale vigila inappuntabile l’ormai mitico Costanzo Ariazzi?

Di fronte alla secca sconfitta del candidato del Pd Stefano Boeri le primissime reazioni non sembrano far prevedere niente di buono: le dimissioni del gruppo dirigente, – per farsi riconfermare come malignano molti o per senso di responsabilità come credono in pochi – avviano uno psicodramma che rischia di rovinare la scena e la campagna elettorale del vincitore di giornata Giuliano Pisapia, da ora in poi si spera più occupato a duellare con la Moratti che non con le senatrici Baio e Garavaglia riemerse dal nulla per chiedere a gran voce la scelta di “un nuovo candidato” due ore dopo la fine dello scrutinio.

Ma cosa è successo con le Primarie, senza scomodare i numeri che qualcun altro vivisezionerà opportunamente? E’ successo che Stefano Boeri, cui certo non ha giovato il marcamento ad uomo del vertice del Pd, non è riuscito a “sfondare” in proprio e si è trovato coinvolto in uno scontro “militare” interno al Partito che lo ha messo in prima fila nel confronto con “nemici” che impugnavano la prima bandiera che gli passava sottomano (di solito quella di Onida) per scontrarsi con quelli che stavano alle sue spalle (i vertici del Pd locale) spingendolo avanti sperando che fosse lui lo scudo ed ha quindi dovuto far conto in definitiva solo sull’organizzazione di Partito. La divisione interna al quadro militante del Pd e, soprattutto, la scarsa capacità di mobilitazione della struttura verso il proprio stesso elettorato prossimo ha prodotto un crollo della partecipazione nelle zone periferiche, proprio dove ci si aspettava che Boeri prendesse un vantaggio decisivo, finendo invece battuto anche nelle ex roccaforti storiche come Muggiano o recenti come viale Padova.

Valerio Onida, il “rottamatore settantenne” come acidamente lo ha definito il segretario Cornelli, ha messo assieme una consistente quota di militanti Pd di area cattolica con un voto della società civile di zona 1 versione incorruttibile – sanzionatoria con venatura giustizialista e respingendo con imprevista tigna qualsiasi invito alla desistenza prima in supporto del “favorito” del Partito poi del “voto utile” pro Pisapia, ha raggiunto quota 14 % sufficiente a mantenere dignità alla corsa. Il forse verde Sacerdoti, già soddisfatto di essere riuscito a partecipare alla competizione, seppure a prezzo di qualche lite in famiglia, come egli stesso ha dichiarato, ha potuto presentare qualche interessante posizione nei dibattiti a quattro, agendo come battitore libero, anche se con qualche attenzione particolare a Boeri, cui ha rifilato qualche “pestone” non graditissimo.

Giuliano Pisapia è riuscito a mettere assieme un elettorato in partenza diffuso e disorganizzato, composto da una quota di quadri e militanti del Pd in dissenso motivato dalla “linea” della ditta, dall’area laico-socialista che gli ha riconosciuto soprattutto il valore della sua storia di garantista doc ed ha fatto il pieno dell’elettorato di sinistra “radicale” nel cui perimetro le segreterie Pd hanno invano cercato di confinarlo. Ma il vero “miracolo” da lui stesso evocato Pisapia l’ha compiuto riuscendo a mobilitare la borghesia illuminata non affetta da manie penitenziali (per gli altri) che ha visto in questa occasione la possibilità di tornare ad un impegno civile: l’esercito entusiasta delle “100 signore” che ha composto la squadra dei rappresentanti del candidato ai seggi, tutte o quasi al primo impegno politico, sono state la metafora delle migliaia di persone che hanno partecipato alle iniziative di questi quattro mesi. La grande manifestazione del Dal Verme con Nichi Vendola è stata un chiaro segnale in tal senso: al di là del carisma e del momento magico del Presidente della Puglia e dell’immagine della “sinistra gentile” che Pisapia è riuscito a far apprezzare, si percepiva chiaramente che qualcosa di diverso era nell’aria, perfino al di là ed al di sopra delle figure dei protagonisti di giornata.

Il risultato è stato un grande incremento dei votanti nelle zone centrali, nelle quali Pisapia ha stravinto lasciando il rivale ad oltre dieci punti di distacco. I votanti totali sono stati però “solo” 67 mila, a fronte dei 100 mila previsti e soprattutto degli 82 mila delle primarie del 2006, dando immediatamente la stura al tafazzismo di ritorno lanciato in frettolose analisi sul “crollo” per arrivare a sostenere la necessità della solita rifondazione totale ed azzeramento di qualsiasi cosa , rinviando di nuovo al prossimo giro il trionfo di una sinistra rifondata etc etc. A parte il fatto che quasi settantamila persone mobilitate per una parte politica a Milano non sembrano essere esattamente una catastrofe, qualche spiegazione al tutto esiste. Le stesse cifre non sono proprio indiscutibili: la stima di centomila era una previsione basata sul fatto che la competizione che nel 2006 non c’era avrebbe mobilitato più gente, come appariva dai dibattiti ed io sono convinto che ciò sia avvenuto. La famosa cifra di 82 mila non ha trovato un esatto riscontro, per esempio, negli indirizzi “contesi” dei votanti, che sono sempre stati al massimo 70 mila: il dubbio che l’assenza di competizione ed il clima di happening abbiano favorito a suo tempo la lievitazione delle cifre ad uso propagandistico potrebbe non essere infondata ed il raffronto più corretto forse andrebbe fatto con le più recenti “primarie” del Pd di Bersani-Marino dello scorso anno, nelle quali votarono in 65 mila.

Una primissima valutazione della Swg parla di un effetto di “sostituzione” fra il 2009 ed oggi di almeno 15-20 mila elettori. Si tratta in parte di elettorato “perso” dal centrosinistra in parte elettorato “non interessato” che è stato rimpiazzato da una quota di elettori “nuovi” per questo tipo di elezione, resi attivi soprattutto dalle candidature di Pisapia ed , in misura inferiore, di Onida. Riuscirà la sinistra a gestire una candidatura Pisapia che non porterà certo alla palingenesi della sinistra, ma nemmeno alla sua catastrofe come nel passato, candidatura che, essendo quella dello sfidante, non può che essere in seconda posizione? Dalla risposta a questa domanda dipende l’esecutività o meno dello sfratto all’attuale inquilina di Palazzo Marino

 

Franco D’Alfonso

 



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